
Quali sono caratteristiche del linguaggio di Mussolini?
Almeno tre. La prima è l’irriverenza verso l’avversario politico; la seconda è la creatività di parole, spesso senza un costrutto culturale; la terza è la funzione evocativa, ma non di contenuto delle parole che utilizziamo.
Il dibattito sul fascismo strisciante è di enorme attualità: quale definizione diede del fascismo lo stesso Mussolini?
Quella di rappresentare o di candidarsi a rappresentare e a dare voce al “vero italiano!”, il che voleva dire che chi non si riconosceva in quel linguaggio “non era italiano”.
Si può affermare che fu Mussolini l’inventore dell’antipolitica, della critica sprezzante dello Stato, dello sberleffo delle istituzioni.
Mussolini è l’inventore di questa idea di antipolitica, ma anche di una idea di politica dove le masse devono affidarsi fideisticamente a un capo.
Vede il rischio che anche oggi, come negli anni Venti, l’opinione pubblica si assuefi ad una comunicazione politica sempre più gridata?
È possibile, ma più che al grido, quello che oggi mi sembra un pericolo è la credibilità data alle notizie che si rivelano essere delle fake news, e la costruzione di macchine della menzogna che influenzano e determinano i comportamenti individuali e dei gruppi di opinione.
Come è possibile estirpare il germe del fascismo che si ritrova nel linguaggio politico attuale?
Per estirparlo occorre una disposizione alla critica e all’autocritica. È una dimensione che mi sembra molto al disotto della soglia minima.