“Martha Nussbaum: la fioritura delle capacità” di Mattia Baglieri

Mattia Baglieri, Lei è autore del libro Martha Nussbaum: la fioritura delle capacità, edito da FrancoAngeli: quale rilevanza assume, nel panorama del pensiero filosofico contemporaneo, la studiosa statunitense?
Martha Nussbaum: la fioritura delle capacità, Mattia BaglieriMartha Nussbaum è oggi una delle filosofe maggiormente apprezzate al mondo, per la sua attitudine a confrontarsi con il pensiero diverso dal proprio e a tradurre nella pratica idee fondate sul dialogo e l’empatia. Nussbaum è oggi Professoressa di etica e diritto all’Università di Chicago ed è stata a più riprese consulente delle istituzioni di ricerca nell’ambito di progetti finalizzati a studiare come rimuovere gli ostacoli all’educazione inclusiva degli studenti con disabilità. Allo stesso modo la ricercatrice ha anche lavorato per le Nazioni Unite per raffinare l’Indice dello Sviluppo Umano (ISU), contribuendo all’introduzione delle misure di studio della parità di genere, come la Gender Empowerment Measure (GEM), che misura il numero di donne che in tutto il mondo partecipano alla vita economica e politica. Ma soprattutto Nussbaum è quell’interprete che si confronta con le maggiori domande del mondo di oggi: dalla vita durante la situazione sociosanitaria legata al Covid, al diritto delle donne musulmane di portare il velo, alla natura delle emozioni politiche come la ‘paura del diverso’, che ormai sembrerebbe a prima vista dominare le nostre vite. Da studiosa americana è interessata a contemplare l’intero orizzonte della vita umana come un ‘tutto unitario’, ma allo stesso tempo studia analiticamente ogni differenza negli stili di vita delle persone cui si pone di fronte, all’insegna di un interesse per la sistematizzazione delle conoscenze che non tralasci però anche le sfumature particolari, consentendo non soltanto a ognuno dei suoi libri, ma anche a ciascun capitolo e paragrafo del mio volume, di essere dedicato ad un tema particolare (ad esempio il rapporto con la comunità LGBTQ, la ‘politica della paura’ e gli interventi pubblici durante il periodo-Covid). Questo modo intellettuale di procedere – che gli studiosi hanno chiamato un ‘moderato essenzialismo’ – è molto caro alla tradizione accademica americana che ha indirizzato le scienze politiche all’indagine sull’uomo, a partire dalle proprie caratteristiche di ‘socievole insocievolezza’ sottolineate da Kant. Tra gli studiosi che hanno proceduto in questo modo, elaborando teorie che via via contemperavano la ‘parte’ così come il ‘tutto’, possiamo richiamare alcuni esempi di grandi studiosi della democrazia, come David Easton, Kenneth Waltz e Robert Dahl. La dottrina italiana di studio dello Stato sembra sempre ondeggiare tra l’indagine di ‘criteri universali’ di descrizione ripetitiva della vita pubblica – come nella visione di Machiavelli – e l’interesse per il ‘particulare’ inteso come entusiasmo nato dal cogliere, invece, quegli snodi-chiave che appaiano capaci di movimentare il cambiamento della vita individuale e civile, com’è nella lezione di Guicciardini. Invece, gli autori americani del Novecento sembrano, per la prima volta, cominciare a contemperare tutte e due insieme queste tendenze principali della ricerca sociale e politica. In Nussbaum, lo abbiamo ricordato, questa modalità assume la forma di un ‘moderato essenzialismo’: il termine ‘essenzialismo’ significa ricercare l’essenza della vita umana che come le note musicali mostra un certo carattere di ripetitività, laddove l’aggettivo ‘moderato’ significa tuttavia rimanere costantemente aperti all’influenza dell’inaspettato, alle occasioni nuove, a quella piccola porta stretta che le democrazie devono continuare ad aprire se vogliono, in qualche modo sopravvivere.

Quali vicende hanno segnato la biografia intellettuale di Martha Nussbaum?
Martha Craven Nussbaum nasce nel 1947 a New York e cresce in un ambiente democratico ma tradizionalista. Ci sono alcune esperienze che segnano i tratti principali della propria vicenda biografica, ed altre esperienze che caratterizzano soprattutto il suo percorso di ricerca. Da giovane che cresce negli anni Sessanta, la sua vicenda biografica è segnata dal background democratico della Costa Est degli Stati Uniti: sono le città di prima colonizzazione occidentale, come New York, Philadelphia, Boston e Chicago. Ricordiamoci che lo stesso Presidente Kennedy era originario di Boston. Qui vivono personalità politiche democratiche ma anche molto tradizionaliste, che negli anni Sessanta qualche volta da questo tradizionalismo rischiano di essere addirittura travolte: ricordiamo ad esempio le scappatelle di Kennedy con Marylin, in anni in cui l’opinione pubblica era interessata a dipingere come un sogno romantico la ‘relazione perfetta’ che Kennedy avrebbe avuto con la moglie Jacqueline. Nussbaum, che pure attraversa vicende diverse, dimostra tuttavia a più riprese di essere insofferente verso il perbenismo che caratterizzava questo tipo di società, spesso dipinta dai media come ‘società rampante e perfetta’, ma che in realtà era una società che tendeva solo a nascondere come sotto il tappeto la ‘vita umana vulnerabile’: i problemi di alcolismo di molte donne e molti uomini di quella generazione, la disabilità, l’omosessualità. È qui che nasce e si sviluppa l’interesse di Nussbaum verso le vite delle ‘persone meno avvantaggiate’. Un tema, poi, che lega in maniera esemplificativa la propria vicenda biografica al suo rigore di studiosa è la testimonianza che Nussbaum ha prestato in tribunale nel famoso caso Romer contro Evans, che è un caso che ha fatto storia per la promozione dei diritti delle minoranze dell’orientamento sessuale. Nussbaum si è impegnata dall’aula del Tribunale del Colorado per dimostrare la naturalità dell’orientamento fondato sull’attrazione verso lo stesso sesso lungo tutto il corso della storia umana e nelle diverse culture, arrivando, primissima, a difendere il matrimonio egualitario. Ecco l’importanza di declinare nella pratica gli assunti teorici, esortando a un inedito passaggio dalla ricerca all’azione, al ‘diventare attivisti’: un elemento, quest’ultimo, che la lega ad altre influenti figure del nostro tempo, come Jane Goodall nell’etologia. Rispetto al suo impegno come studiosa vorrei ricordare la pubblicazione del volume Le nuove frontiere della giustizia (Il Mulino, Bologna 2007), un libro che, fra l’altro, viene accompagnato in maniera significativa da un dialogo con una studiosa italiana, Carla Faralli, sul numero 20 dello stesso 2007 della rivista internazionale Ratio Juris, a significare il legame che Nussbaum ha stretto con la ricerca del nostro Paese. Si tratta di un libro in cui l’educazione inclusiva riceve un’attenzione senza pari, con la proposta del superamento delle ‘scuole differenziate’ per i bambini disabili, all’insegna di un modello formativo in cui tutte le bimbe e i bimbi imparino insieme, con l’opportunità di venire tutti a contatto sin dalla più tenera età con le più diverse condizioni di vita. Quello che a volte è solo un modo di far sentire protette le fasce più giovani – come la proposta di scuole diverse a seconda delle diverse presunte ‘abilità’ – spesso non è altro che un modo per creare segregazione oppure per perpetuare l’ignoranza sui modi in cui vivono le altre persone, siano esse diverse per condizione personale, provenienza etnica o sociale. Un modello senz’altro non corrispondente alla possibilità di far fronte ai problemi della contemporaneità, e che, infatti, Nussbaum propone di superare.

Quali sono i capisaldi del suo pensiero?
Il contributo più importante di Martha Nussbaum è rappresentato senza dubbio dall’introduzione della teoria etica e politica dell’approccio delle capacità. Alla fine degli anni Ottanta, le Nazioni Unite avevano favorito un sodalizio intellettuale tra l’economista indiano Amartya Sen e la stessa Nussbaum, commissionando loro uno studio sulla riflessività nella democrazia indiana e sulle sue radici nell’età ellenistica. Nel 1993 Sen e Nussbaum comprenderanno che le proprie teorie etiche ed economiche possono essere impiegate trascendendo dallo studio della politica degli Stati-nazione, per essere applicate a spiegare il contesto dell’età globale, alla fine dell’età delle ideologie, dopo la caduta del Muro di Berlino. Proprio in quell’anno, infatti, viene pubblicato il volume The Quality of Life, che sancisce l’autorevolezza di Sen e Nussbaum nel panorama filosofico-politico: allo studio a più mani di Sen e Nussbaum sul concetto di ‘capacità’, parteciperanno economisti come Robert Erickson, scienziati politici come Hilary Putnam e filosofi come Charles Taylor e Michael Walzer. È significativo ricordare come in occasione del recente Settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, che si è celebrato a Roma nel dicembre 2018, proprio l’approccio delle capacità sia stato richiamato in diverse occasioni quale efficace strumento di promozione del lessico dei diritti umani. Infatti, l’elaborazione di una proposta atta a sedimentare per tutte le donne e gli uomini del pianeta capacità imprescindibili come quella di vivere, di pensare, di provare emozioni, consente una rivendicazione di diritti che non sia soltanto una pretesa teorica, ma che sappia farsi attenzione pratica ai processi di conversione delle risorse iniziali in opportunità reali, assegnate agli individui al fine di condurre una vita da ciascuno ritenuta di valore. Questa visione supera, insomma, la corrente utilitarista del liberalismo politico, in quanto se Jeremy Bentham, ai primi dell’Ottocento, aveva lamentato lo scarso portato pratico delle dichiarazioni dei diritti nate dopo le Rivoluzioni moderne, Nussbaum e Sen mettono in luce come i diritti umani rappresentino invece valori fondanti anche in assenza di giurisdizione, in quanto essi si situano alla base della struttura costitutiva dell’individualità umana e animale. Se Bentham – che pure è stato uno dei più grandi filosofi riformisti – aveva sostenuto senza mezzi termini che “i diritti dell’uomo altro non sono che sciocchezze sui trampoli”, Nussbaum metterà invece in luce la rilevanza assoluta dei diritti etici di base di ciascun essere vivente della terra.

Come si articola la rilettura del pensiero politico occidentale operata dalla Nussbaum?
La riflessione di Nussbaum sul pensiero politico occidentale parte dalla constatazione di fondo circa l’importanza di mantenere viva la nostra democrazia, riscoprendone i valori costitutivi. Nella sua concezione, le dottrine politiche sono considerate come “all’opera” ancora nella più stretta contemporaneità, nonostante le origini degli studi classici della pensatrice siano da situarsi nella tragicità greca. L’interesse per una declinazione contemporanea dei problemi dell’umanità, ha destato i malumori dei ‘linguisti puristi’ – come Giovanni Giorgini, storico del pensiero politico dell’Università di Bologna e della Columbia di New York, ha messo in luce nella sua Presentazione del volume –, nondimeno Nussbaum ha confermato negli anni l’importanza di un insieme di ‘radici filosofiche’ a ispirazione delle teorie filosofiche contemporanee. Tra i pensatori politici che maggiormente catturano l’interesse nussbaumiano figura la concezione aristotelica dell’Eudaimonia intesa come ‘fioritura’ della vita individuale, all’insegna di una ricca pluralità di attività che alimenta la possibilità data alle persone di ambire alla felicità: da questo punto di vista possiamo argomentare che se mancano una o più delle ‘funzioni’ della vita umana, tutto il complesso costitutivo della vita individuale e di quella relazionale si impoverisce, anche se sarà sempre possibile potenziare maggiormente le capacità rimanenti. Mi viene in mente l’esempio delle persone non vedenti – un esempio che uso con gli studenti in università: una persona non vedente, infatti, sviluppa e raffina in una maniera incredibilmente armonica tutti gli altri sensi come l’udito, l’olfatto, il tatto, in una maniera sorprendente. Con lo studio di John Stuart Mill prende poi origine l’attenzione di Nussbaum al regime politico liberale, un regime che contempla le differenze dei diversi individui come elemento portatore di ricchezza. Un regime liberale ben conformato, nell’ottica di quest’autrice, è quello che non impone a nessuno visioni particolari di ‘bene’, ma che invece accoglie valori e desideri di tutti i consociati. Il concetto che, a parere di Nussbaum, esprime al meglio questa visione, è quello di ‘consenso per intersezione’ elaborato a partire dagli anni Settanta da uno dei padri della democrazia contemporanea, il filosofo di Harvard John Rawls, che fra l’altro è stato proprio uno dei maestri di Nussbaum e Sen. Secondo la nozione di ‘consenso per intersezione’, infatti, il concetto di ‘giusto’ è l’unico che possa ispirare la vita delle nostre società, consentendo alla politica di risolvere i problemi comuni facendo appello al ragionamento sulla ‘giustizia’ e lasciando da parte i convincimenti etici di fondo dei diversi individui, convinzioni valoriali che dovrebbero semplicemente essere contemplate in quanto tali, ovviamente qualora non lesive dell’altrui dignità o, peggio, ispirate a comportamenti disumani o degradanti (si pensi alla critica senza appello che Nussbaum rivolge alle mutilazioni genitali femminili che colpiscono la vita e la salute delle donne in diverse parti del mondo). Tra l’altro, un campo che lo stesso Rawls aveva lasciato scoperto rispetto all’interesse delle istituzioni statuali era quello della famiglia, dove invece secondo Nussbaum talvolta si consumano soprusi prolungati della peggior specie, soprattutto nei confronti dei componenti più vulnerabili: motivo per cui secondo la nostra autrice i costumi sociali devono promuovere un sempre più progressivo radicamento del lessico della giustizia anche all’interno della cerchia familiare.

Quali interrogativi sollevano le riflessioni di Nussbaum sull’allarme suscitato dal Covid-19?
In questo triennio caratterizzato dalla situazione sociosanitaria legata al Covid, Nussbaum è intervenuta in diverse occasioni per interrogarsi con grande onestà intellettuale, su alcuni tra i più spinosi problemi che affliggono le nostre società. In primo luogo, questo periodo si rivela come ‘amplificazione’ del fenomeno della ‘politica della paura’, che a suo dire caratterizzerebbe la contemporaneità, così come sottolineato anche da altre autrici, penso per esempio a Judith Shklar che ha lavorato molto sul concetto di ‘paura della paura’. La ‘paura’ secondo Nussbaum e Sen è una emozione individuale che si fa emozione collettiva e che trova un suo immediato precipitato nella ‘rabbia’ che attanaglia la descrizione che spesso i media e la politica rendono delle nostre vite, dipingendoci come individui costantemente inferociti con gli altri, anziché come persone che cercano di arrabattarsi al meglio delle proprie possibilità per rendere via via più dignitosa la propria vita. Ecco allora che proprio il Covid ha visto un proliferare di identificazioni riduzionistiche del ‘diverso da sé’, che i media hanno a più riprese rappresentato quasi come bersaglio, e su cui poi i diversi schieramenti politici, in tutto il mondo, hanno tentato di alimentare i propri bacini elettorali. Tra le altre degenerazioni di questo momento, denunciate con pacatezza ma altrettanto rigore da Martha Nussbaum, figurano anche il tema dell’eccesso di potere pubblico e quello della privacy. Dal punto di vista del controllo del potere politico, in particolare, Nussbaum richiede uno scrutinio attento dei limiti del potere assegnato alle autorità pubbliche, non escludendo anche commissioni di inchiesta che prendano in esame tutti i diversi eventi legati al Covid sia dal punto di vista cronologico sia in relazione alle risposte via via adottate per far fronte alla situazione nuova venutasi a creare. Dal punto di vista della privacy, poi, Nussbaum non è convinta delle misure restrittive della libertà individuale rispetto alle informazioni della sfera della salute, che rischiano di essere sottratte al singolo soggetto portatore di diritti inalienabili per diventare in maniera inedita di dominio pubblico. Infine nel libro viene affrontato anche il dibattito relativo al modello ‘flessibile’ adottato dalla Svezia per far fronte alla situazione epidemiologica: ho, infatti, preso le mosse da alcune riflessioni di Nussbaum sulla Svezia di oggi, registrate da un’intervista da lei rilasciata per l’inserto 7 del Corriere della Sera, per ampliare il discorso fino a considerare le reazioni internazionali all’articolo di Nele Brusselaers per il Gruppo di Nature, uno studio che ha stigmatizzato il comportamento delle autorità svedesi in relazione alla prosecuzione delle attività economiche e sociali nel periodo di massima diffusività del virus, e ho poi anche presentato i primi risultati della Commissione d’inchiesta indipendente che lo Stato svedese ha incardinato istituzionalmente, con otto componenti indipendenti tra cui magistrati, epidemiologi e scienziati politici. Queste analisi sembrano confermare la validità delle scelte operate in materia di prosecuzione delle attività scolastiche. Il tema, di ampio respiro, si presta in merito ad ampie letture ed è ben lungi da raggiungere qualsiasi forma di conclusione, ma sicuramente come per ogni forma di ragionamento pubblico tra posizioni diverse potrà contribuire – anche in un’ottica nussbaumiana – a rafforzare le nostre democrazie, rese così fragili in questo frangente.

Mattia Baglieri (Bologna, 1985) è Dottore di ricerca al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna. Adjunct Professor di Filosofia politica e Filosofia dell’ambiente all’università dell’Alabama «Spring Hill College Italy Center» di Bologna, è anche consulente alla divulgazione scientifica. Coordinatore Editoriale della rivista di valutazione pubblica «Valu.Enews», nel 2022 è stato nominato in ambito UNESCO revisore dell’«International Review of Education», una delle due riviste scientifiche dell’UNESCO.

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