
La visione alternativa, che è anche quella presente nel Manuale di teologia islamica, vede invece la teologia islamica come frutto del pensiero islamico che trae le sue origini già dallo stesso Corano.
Anche per chi accetta la teologia islamica come parte costituente del pensiero islamico, però, si pone il problema di quale teologia considerare; esistono correnti puramente dogmatiche, altre speculative, altre ancora più mistiche. Questo è il motivo per cui il primo capitolo del Manuale si occupa di dare una risposta alla domanda: “esiste una teologia islamica?”
Che rapporto intercorre tra la teologia e le altre discipline teoriche dell’Islam?
Nella tradizione islamica classica, la comprensione diffusa era quella di una settorialità tra le diverse discipline del pensiero. Ovviamente la grande distinzione è tra le discipline giuridiche e quelle teologiche; ognuna delle due dotate di propri princìpi – uṣūl – e di propri metodi.
Il terreno di scontro più rilevante per il pensiero teologico è stato però certamente nei confronti della filosofia araba. Nata dall’incontro della tradizione greca con i pensatori arabi e persiani e fiorita nel periodo abbaside, la filosofia araba ha spesso affrontato temi propri della teologia – l’esistenza di Dio, la Sua natura, il problema del male – mettendo al primo posto la ragione umana anziché le Scritture. In questo caso, ovviamente, lo scontro con la teologia è stato forte e diretto. Nel Manuale parliamo di alcuni autori che si sono occupati di questo problema e delle diverse conclusioni a cui sono giunti; dalla totale negazione di una teologia speculativa come metodo – avanzata da Ibn Taymiyya – fino all’accettazione della teologia dialettica seppur limitata a specifici settori del sapere e soprattutto a specifici individui – come invece avanzato da al-Ghazali.
Quali sono le fonti testuali della disciplina?
Tutta la teologia considerata ortodossa è unanime nell’individuare il Corano e la sunna – che per semplificare potremmo caratterizzare come gli insegnamenti di Muḥammad – come fonti primarie di ogni speculazione teologica. Vi è poi, a sostegno di queste, una serie di strumenti logico-razionali che ogni scuola teologica ha elaborato diversamente.
Ora, il concetto di ortodossia nell’Islam merita una precisazione; mancando un’autorità assimilabile a quella presente, ad esempio nella Chiesa Cattolica con la figura del Papa, l’ortodossia islamica si definisce in riferimento al concetto di ahl ul-sunna wa’l-jamāʿa, ovvero di coloro che si rifanno alla sunna di Muḥammad e alla sua comunità originaria.
Quali vicende hanno segnato il divenire della teologia islamica nelle sue correnti principali?
Oltre alle vicende più note, come ad esempio il sacco di Baghdad del 1258 d.C. oppure le Crociate, che hanno avuto un impatto sull’autopercezione anche teologica dell’Islam, direi che una vicenda fondamentale è stata la conversione all’Islam dei popoli non arabi. I persiani, ad esempio, hanno portato uno spirito talvolta più esoterico, altre più sistematico, ma comunque in grado di creare un pensiero molto originale e riconoscibile nel solco della tradizione islamica.
Ogni dinastia – dell’impero arabo prima, e dei vari popoli che hanno poi controllato le terre a maggioranza musulmana del Medio Oriente del Nord Africa – ha dato anche una sua specifica impronta alla teologia, favorendo alcune scuole teologiche su altre.
Pensando invece ai tempi più vicini a noi, sicuramente la rivoluzione industriale europea e la successiva modernizzazione hanno avuto un impatto forte sulla teologia islamica moderna. Un vero e proprio punto di non ritorno è rappresentato invece dal colonialismo, nelle sue varie forme. Nel Manuale abbiamo cercato di introdurre il tema del riformismo islamico partendo proprio dalla modernità occidentale come punto scaturente.
Quale rilevanza assume il pensiero di Abū Ḥāmid al-Ghazālī e Ibn Taymiyya?
Sono autori che hanno segnato due strade molto diverse, probabilmente inconciliabili, che arrivano fino alle diverse correnti del pensiero islamico contemporaneo. Assieme al prof. Campanini ho cercato di presentare una visione quanto più possibile multisfaccettata del loro pensiero e del loro percorso, che non si limitasse a individuare Ibn Taymiyya come semplice salafita ante litteram e al-Ghazali come colui che ha sdoganato il sufismo tra i sunniti più ortodossi. Questo è il motivo per cui a ciascun autore è dedicato un capitolo del libro.
Emergono due ritratti di percorsi di vita che, anche se totalmente divergenti, sono pur abbeverati alla stessa fonte. Un’osservazione e una riflessione che vorrei porre all’attenzione di chi, nell’Islam contemporaneo, si considera loro erede.
Quali movimenti hanno sostenuto la riforma dell’Islam all’alba della modernità?
Riforma, nell’Islam, è un termine sfortunatamente molto più ambiguo che nel Cristianesimo, nel quale abbiamo addirittura una Riforma con la erre maiuscola, quella protestante, che dona al termine una precisa posizione nel tempo e una denotazione teologica chiara.
Nell’Islam ci sono stati tanti riformismi, di idee fondanti del tutto incompatibili. Abbiamo una riforma più puritana, incarnata nel pensiero di Muḥammad ibn ʿabd al-Waḥḥāb e oggi diventata il salafismo di matrice saudita diffuso globalmente, esiste poi una riforma totalmente secolarista. Nel Manuale di teologia islamica abbiamo scelto di dedicare l’attenzione più ampia al riformismo islamista, cioè a quel gruppo eterogeneo di musulmani che, di fronte alla modernità, non si è né accontentato di un ritorno al passato – è la soluzione salafita – né di abbracciare la modernità a tutto tondo – che è stato invece il cammino del riformismo secolarista.
L’aspetto rilevante è che, sebbene alcuni di questi movimenti siano nati perfino nel diciottesimo secolo, sono tutti e tre profondamente vitali nella contemporaneità. Comprenderli, quindi, non è solo importante per chi si occupa di storia dell’Islam, ma per chiunque voglia comprendere le ragioni della diversità teologica nel variegato Islam contemporaneo.
In che modo sciismo e sufismo hanno contribuito allo sviluppo del pensiero teologico Islamico?
A sciismo e sufismo abbiamo dedicato due capitoli nel Manuale, a conclusione del volume. Per quanto riguarda lo sciismo, la risposta è forse più semplice; si tratta di una distinzione nata come divisione politica, agli albori della storia islamica, e diventata sempre più teologica con il passare del tempo. Teologia sunnita e teologia sciita possono quindi essere immaginate come linee divergenti a partire da un punto comune.
La questione del sufismo è invece molto più complessa e controversa, si all’interno della comunità musulmana che in quella accademica. Da una parte, c’è chi sostiene che il sufismo sia il frutto sincretico di influenze esterne; una volta che la nascente comunità musulmana è entrata in contatto con comunità di asceti, monaci cristiani, e con le tradizioni spirituali esoteriche delle altre religioni, si sarebbe sviluppato il sufismo. La tesi sostenuta da me e dal prof. Campanini nel Manuale invece è opposta; esiste una natura profondamente coranica che pervade il sufismo, e gli scambi tra pensiero sufi e pensiero teologico, soprattutto nel periodo classico dell’Islam, sono stati molteplici e fruttuosi, fino ad arrivare, come apice, alla sintesi teologica operata da al-Ghazali. Un punto, questo, su cui i pensatori musulmani viventi dovranno esprimersi per determinare la via della teologia islamica della contemporaneità e del futuro.
Francesca Bocca-Aldaqre insegna Cultura araba alla Società Umanitaria e Civiltà islamica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dopo il dottorato in neuroscienze sistemiche alla Ludwig-Maximilians Universität di Monaco di Baviera, si è occupata della relazione tra Islam e pensiero occidentale. Tra le sue pubblicazioni: Sotto il suo passo nascono i fiori (2019), Non amo chi tramonta (2020) e Nietzsche in paradiso. Vite parallele tra Islam e Occidente (2020)