“Manuale di linguistica sarda” a cura di Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch e Daniela Marzo

Manuale di linguistica sarda, Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch, Daniela MarzoManuale di linguistica sarda
a cura di Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch e Daniela Marzo
De Gruyter

La questione «de sa limba/lìngua sarda»: storia e attualità

«Per questione della lingua si intende, nella tradizione italiana e dell’italianistica, «l’insieme dei contributi e delle discussioni, da Dante in poi, sulla definizione della lingua italiana, sulla sua stabilizzazione normativa, sul suo assetto grammaticale, sulla selezione del suo patrimonio lessicale» (Marazzini 1993, 231). A questa discussione sulla normazione della lingua si aggiunge il problema della sua normalizzazione – sia a livello del numero degli utenti che a livello degli ambiti funzionali e discorsivi. La situazione del sardo non è diversa: da un lato, la sua normazione, cioè il processo di fissazione normativa di una o più varietà standard è ancora in pieno corso. Dall’altro, la sua normalizzazione, ossia il suo uso in tutti gli ambiti funzionali e discorsivi lascia molto a desiderare. […]

Non solo per legge (cf. LR 26/97), ma anche e soprattutto per la sua struttura interna che lo differenzia da altre lingue, il sardo è una lingua romanza a sé stante, ossia, per dirla con i termini di Kloss, una Abstandsprache, cioè una lingua per distanziazione (oggi anche distanziamento). In quanto tale è, come tutte le altre lingue per distanziazione, anche un diasistema, cioè un insieme di sottosistemi linguistici strutturalmente più o meno simili che si differenziano nel loro insieme da altri gruppi di sottosistemi linguistici. I singoli sottosistemi sono, in genere, considerati varietà della lingua che costituiscono. Si distinguono tradizionalmente varietà diatopiche (p.e. dialetti), da varietà diastratiche (p.e. socioletti) e varietà diafasiche ovvero funzionali (p.e. stili, o registri, tra cui p.e. le varietà standard prescrittive). Queste dimensioni della variazione linguistica si configurano, secondo il modello proposto da Koch/Oesterreicher, lungo l’asse di una quarta dimensione, la cosiddetta dimensione diamesico-concezionale che distingue tra i linguaggi dell’immediatezza e della distanza comunicativa, determinati a loro volta sostanzialmente dalle condizioni comunicative. I madrelingua di una lingua si adattano, più o meno (in)consciamente, alle condizioni comunicative scegliendo le varietà – e le forme linguistiche loro corrispondenti – convenzionalmente più adatte a una determinata situazione.

È da sottolineare che un parlante madrelingua di una qualsivoglia lingua dispone generalmente di più (ma non necessariamente di tutti i) sottosistemi linguistici del diasistema, cioè di un repertorio linguistico che comprende un numero variabile di varietà. Va da sé che, a seconda del suo background etnico-culturale, un parlante può disporre di un repertorio linguistico che contenga varietà provenienti da due o più lingue per distanziazione, come p.e. il sardo e l’italiano.»

Cenni di storia linguistica esterna dal Medioevo all’Ottocento

«Tralasciando un riassunto della storia esterna del sardo, ci limiteremo in questa sede a ricordarne brevemente alcune tendenze che lasciano presagire le principali problematiche della questione «de sa limba/lìngua» moderna, cioè sia la normazione controversa del sardo che la sua normalizzazione incompiuta.

Prima di tutto è da notare che sin dagli esordi dell’elaborazione del sardo, cioè nella scripta sarda medioevale di carattere essenzialmente giuridico, legislativo e amministrativo, si distinguono – grosso modo e malgrado la relativa uniformità linguistica del sardo di quell’epoca – tre tradizioni scritturali diverse, cioè: una campidanese, una logudorese e una arborense ovvero mediana. Date queste tradizioni scritturali (ovvero norme d’uso) che sono, secondo alcuni studiosi, il risultato di una romanizzazione bipolare dell’isola, non sarebbe azzardato affermare che l’elaborazione del sardo muove i primi passi in una situazione linguistica pluricentrica. Inoltre, una certa tendenza all’elaborazione pluricentrica si afferma anche nell’ambito letterario: Anche se l’elaborazione parallela di più modelli linguistici sembra pendere a favore del logudorese quando, nel corso del Quattrocento, i primi testi letterari sardi (poesie con argomento religioso) vengono redatti in logudorese, seguono ben presto anche testi in campidanese. Va rilevato infine che questa tendenza si consolida più tardi nelle grandi opere grammaticografiche e lessicografiche del Sette e dell’Ottocento che determinano, a loro volta, in una certa misura – sia dal punto di vista descrittivo che da quello prescrittivo – le discussioni normative odierne.»

Attività di normazione e di normalizzazione nel secondo Novecento e dopo il Duemila

«Anche se Bossong constata una presenza ancora massiva di varietà orali, si delinea, sin dagli anni Settanta, un cambio generazionale che potrebbe condurre alla scomparsa del sardo: secondo un’indagine di Mercurio Gregorini, compiuta in due scuole elementari di Cagliari, il 97,9% dei 262 bambini interrogati «parla solo l’italiano» (Mercurio Gregorini 1979, 545). Alla luce di questi fatti – confermati, negli anni Ottanta, anche per altre zone dell’isola – e della presenza massiva dell’italiano sia come lingua dei mass media che come lingua dell’insegnamento, «les efforts plus ou moins intensifs d’élaborer des variétés littéraires» e gli impulsi dati all’elaborazione anche di «variétés non littéraires élaborées» sembrano di particolare rilievo. […]

Dato il disaccordo sia sull’esistenza di una koinè naturale che sulla necessità di una koinè creata a tavolino e visto il dissenso circa la praticabilità pedagogica di qualsiasi tipo di lingua standard unica – dovuto, quest’ultimo, all’intercomprensione controversa e solo relativa tra i dialetti campidanese e quelli logudorese – si rivelò di particolare importanza anche la questione dei settori linguistici da codificare.»

La Limba sarda unificada (2001)

«Alla fine degli anni Novanta la questione «de sa limba/lìngua sarda» prende una nuova veste: Non solo il sardo viene ufficialmente dichiarato lingua minoritaria da tutelare dallo Stato italiano (cf. LN 482/99), ma nel nuovo quadro giuridico regionale che prevede tra l’altro la promozione e la valorizzazione della lingua sarda anche in ambito pubblico (cf. LR 26/97), nasce la necessità (più che altro pratica) di stabilire quali norme ortografiche l’Assessorato della Pubblica Istruzione debba utilizzare p.e. nei propri atti (LSU, 3, n.1). Nel 2001 la Regione Autonoma della Sardegna (RAS) propone, in via sperimentale e essenzialmente per l’uso in ambito pubblico, un libretto di norme redatto in italiano con il titolo di Limba Sarda Unificada (LSU). […] Pur costituendo – a prima vista – una soluzione «democratica» e linguisticamente equilibrata, la LSU non raggiunse mai lo statuto di una lingua standard normalizzata.»

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