
La traduzione dei capolavori della letteratura, così come la traduzione di ogni testo in un’altra lingua, va incontro a innumerevoli difficoltà nel trasferimento di concetti e immagini.
È infatti impossibile rendere una forma idiomatica, un proverbio, una figura retorica, fenomeni tipici di un ambiente geografico, della cultura di una nazione, di un paese, con una traduzione parola per parola, anche la più fedele possibile, in modo da riuscire comprensibile al lettore della cultura ricevente.
Per non parlare delle quasi impossibilità traduttive, i cosiddetti intraducibili, o culturali o più spesso dovuti a problemi di variatio morfologica. Mi riferisco a traduzioni poetiche, un esempio per tutti, la traduzione in un’altra lingua della Divina Commedia che rivela una complessità a vari livelli, testuale, linguistico ed extratestuale dove anche una resa chiarificatrice non riesce però a rendere la bellezza fonica e ritmica.
Se andiamo indietro nel tempo, già Cicerone, tra i primi ad occuparsi di traduzione, si era soffermato sulle problematiche traduttive e, a proposito della traduzione dei discorsi di Demostene e di Eschine, sosteneva che per tradurre in un’altra lingua il traduttore doveva mettersi in concorrenza con l’autore, anzi cercare di emularlo.
San Gerolamo, a proposito della traduzione del Libro Sacro dal greco e dall’ebraico in latino, sosteneva che si dovesse guardare al significato. Boccaccio, teorizzerà la traduzione libera e attribuirà maggiore importanza alla comprensione che alla letteralità.
Personalmente concordo con la definizione letterale proposta da Antoine Berman: <rendere, nel modo più prossimo consentito dalle capacità associative e sintattiche di un’altra lingua, l’esatto significato contestuale dell’originale. Solo questa è vera traduzione.>
È apprezzabile la traduzione parafrastica che attraverso una resa esplicativa di un luogo difficile del testo di partenza sia utile alla comprensione del testo originale. Ne è un esempio, nel libro in oggetto, la scelta di Eleanor Marx di rendere in inglese l’espressione idiomatica francese bourgeonné comme un printemps, (prima parte, capitolo 1) con una parafrasi esplicativa (her face with as many pimples as the spring has buds). Infatti, all’aggettivo francese bourgeonné non corrisponde un aggettivo inglese altrettanto equivalente.
È opportuno rimarcare però che anche una traduzione esplicativa talvolta non riesce a rendere espressioni quali il sarcasmo o l’ironia.
Nel caso dei <realia>, ossia le parole che denotano cose materiali culturospecifiche, che non hanno corrispondenze precise in altre lingue, parole che denotano elementi della geografia fisica (pampa), della meteorologia (tornado), dell’arte (murales) della vita quotidiana (spaghetti) per fare degli esempi, vi sono varie rese possibili, diverse caso per caso e a volte si rende necessario corredare la traduzione parola per parola con spiegazioni in nota o comunque nell’apparato metatestuale.
Per concludere vorrei citare un caso incontrato nella lettura di Madame Bovary. Si tratta della frase:<Madame Bovary remarqua que plusieurs dames n’avaient pas mis leurs gants dans leur verre> (prima parte, capitolo 8). (La signora Bovary notò che parecchie signore non avevano deposto i guanti nel loro bicchiere). Il significato della frase, seppur in presenza di una traduzione fedele del testo, appare oscuro ad un lettore contemporaneo a causa della distanza diacronica. Un uso comportamentale dei tempi passati una volta tradotto letteralmente non viene capito perché quella situazione è passata in disuso e il lettore contemporaneo non capisce il riferimento.
L’operazione traduttiva è un’operazione molto complessa. Molto spesso è impossibile l’aderenza letterale al testo di partenza. Talvolta, in presenza di lettura complicata e incerta, è richiesto quel compromesso di cui parla Berman, ovvero essere in grado di compiere <un’operazione insieme di obbedienza pieghevole e di rigoroso imperio, in qualche modo simile – solo mutati i mezzi – alla metamorfosi di un attore nell’eroe che è chiamato a impersonare>.
Quali versioni sono state tratte dei romanzi Madame Bovary di Gustave Flaubert e Buddenbrooks di Thomas Mann nelle principali lingue europee?
I romanzi Madame Bovary di Gustave Flaubert e Buddenbrooks di Thomas Mann sono stati oggetto di numerose versioni nelle principali lingue europee sin dalla loro pubblicazione.
Il capolavoro di Gustave Flaubert in particolare, alla sua pubblicazione nel 1856, aveva registrato un clamoroso successo in seguito all’imputazione di offesa alla morale da parte del Tribunale di Parigi ma era stato subito assolto dall’insostenibile accusa.
Questo fatto aveva prodotto grande interesse e favorito traduzioni in altre lingue.
La prima traduzione viene eseguita in lingua tedesca nel 1858 ad opera del Dr. Legné (anagramma di Engel) che ha dovuto agire sotto pseudonimo per una forma di autocensura.
Nel 1875 Amancio Peratoner, pseudonimo di Gerardo Blanco rende, molto liberamente, il capolavoro di Flaubert in lingua spagnola. Nel 1881 si realizzano due versioni: una in lingua italiana a cura di Oreste Cenacchi e una in lingua portoghese a cura di Francisco Ferreira da Silva Vieira. Infine nel 1886 Eleanor Marx, la figlia di Karl Marx, realizza la prima versione del romanzo in lingua inglese e intreccia paradossalmente la sua vita a quella di Emma Bovary nel senso che Eleanor si procura una morte similissima a quella di Emma salvo che in luogo dell’arsenico lascia agire il cloroformio.
Negli anni successivi, di Madame Bovary sono state eseguite molte versioni in tutte le lingue sia a cura di traduttori che possiamo definire d’arte che da parte di traduttori più o meno professionali.
Tra le traduzioni d’autore in italiano sono comprese quelle di Diego Valeri nel 1936, di Oreste Del Buono nel 1965, di Natalia Ginzburg nel 1983, e di Maria Luisa Spaziani nel 1997.
Tra i traduttori più o meno professionali, sempre in lingua italiana, si annoverano Ferdinando Bideri nel 1903, Salvatore Romano nel 1904, la Società Editoriale Italiana nel 1923, Gerolamo Lazzeri nel 1934, Giuseppe Achilli nel 1949 e Bruno Oddera nel 1968.
Successivamente sono seguite altre versioni tra le quali quella di Arthur Schurig del 1911 in lingua tedesca, di Carmen Martín Gaite del 1993 e del 2012 in lingua spagnola, di Gerard Hopkins del 1999 in lingua inglese e di Fernanda Ferreira Graça del 2000 in lingua portoghese.
Riguardo ai Buddenbrook, il romanzo di Thomas Mann pubblicato nel 1901, la prima versione è stata realizzata in lingua inglese nel 1924 da H.T. Lowe Porter seguita dalla versione in lingua italiana del 1930 di Annie Lami, da quella in lingua francese del 1932 di Geneviève Bianquìs, e infine dalla traduzione in lingua spagnola del 1936 a cura di Francisco Payarols e da quella in lingua portoghese del 1942 a cura di Herbert de Caro.
In lingua italiana si ricordano le versioni di Ervino Pocar del 1945 e del 1980, di Anita Rho del 1952 e di Furio Jesi e Silvana Speciale Scalia del 1983.
Versioni successive sono state quelle di Maria Cristina Minicelli del 1992 in lingua italiana, di John E. Woods del 1994 in lingua inglese, di Isabel García Adánez del 2008 in lingua spagnola e di Gilda Lopes Encarnação in lingua portoghese.
Quali errori compaiono in tali traduzioni?
Nel libro Madame Bovary e i Buddenbrook l’indagine, attraverso la pluralità delle soluzioni traduttive, ha dimostrato che non poche traduzioni si possono considerare, se non sbagliate, quantomeno poco appropriate. Tuttavia, almeno in Italia, grande diffusione ha avuto una traduzione contenente un errore.
Nella prima parte del romanzo, Flaubert descrive il viso della prima moglie di Charles come Bourgeonnée comme un printemps.
La versione di Bruno Oddera che traduce <fiorita come una primavera> genera molta perplessità. L’espressione originale infatti ha un senso derisorio, sarcastico, è quasi il contrario di quello suggerito dal traduttore. Il volto della signora Dubuc è pieno di foruncoli, dunque dalla pelle orrenda. Bourgeonné è participio passato di bourgeonner che in francese significa germogliare, gemmare e in senso figurato significa coprirsi di foruncoli, di fignoli.
La ricerca attraverso le prime versioni nelle varie lingue ha messo in luce che il primo traduttore ad aver commesso l’errore è stato Oreste Cenacchi che ha tradotto per primo Madame Bovary in italiano nel 1881. Se si esclude Amancio Peratoner, che ha tradotto liberamente omettendo la traduzione dell’espressione francese, è stato Il Dr. Legné, primo traduttore del capolavoro di Flaubert in lingua tedesca nel 1858 a dare una resa simile alla sua, ma non è chiaro se Cenacchi conoscesse il tedesco e avesse avuto modo di consultarne la traduzione.
Riguardo ai Buddenbrook è stata presa in esame una porzione di testo (parte settima, capitolo 1) che ha destato perplessità. Ci troviamo nella sala da pranzo per la cerimonia del battesimo del tanto atteso nipote Hanno e Thomas Mann descrive la scena come segue :<Alles is vorhanden…..füllt das Folgmädchen Schlagsahne in viele Tassen mit kochend heißer Schokolade>..
La traduzione di Furio Jesi e di Silvana Speciale Scalia recita: <la ragazza colma di panna montata molte tazze di cioccolata>. Questa soluzione traduttiva ha generato perplessità in quanto, ad una prima lettura, sembra che <colma> sia un aggettivo da attribuire a ragazza, e di conseguenza alimenta una alterazione del significato.
Il verbo füllen in tedesco si traduce con <riempire>.
Tutte le altre traduzioni prese in esame, seppur con varianti riferite al tempo verbale, sono risultate corrette.
Liliana Dal Gobbo (Milano, 1947), laureatasi in Scienze politiche nel 1979, svolge la propria attività professionale in ambito bancario nel settore Cambi e tesoreria. Nel 2016 consegue la laurea triennale in Lettere moderne. Nel maggio 2019 è stata segretaria del Convegno dantesco La Commedia: filologia e interpretazione che si è svolto presso l’Università degli Studi di Milano