“Ma Dio interviene nella storia?” di Santi Grasso

Prof. don Santi Grasso, Lei è autore del libro Ma Dio interviene nella storia?, edito da Città Nuova: cosa si pensava sul rapporto tra Dio e l’umanità o la storia prima di Auschwitz?
Ma Dio interviene nella storia?, Santi GrassoLa cultura antica e anche quella pre-moderna hanno elaborato nel corso della storia diversi modelli interpretativi sul rapporto tra Dio e la storia. Il primo è quello del fato, illustrato molto bene nella tragedia di Edipo, il cui destino condiziona tutta la sua vita, segnandolo fin dalla nascita: uccide il padre e sposa la madre. Nella mitologia greca il fato superava il potere degli stessi dei. Nell’antichità l’esistenza degli uomini era drammatica, anche perché molto insicura. Di solito si moriva giovani e per dare giustificazione a questa vita grama, si ricorreva all’idea del destino. Tale visione ancestrale è ancora presente nella mentalità odierna. Quando accade qualcosa, soprattutto di male, si dice che è il destino, con la convinzione che si tratti di un avvenimento che sarebbe stato impossibile mutare.

Una seconda idea, che nel mondo antico conviveva con la prima, era suscitata dalla concezione antagonistica e conflittuale delle divinità. La religione greca, ma non solo, le rappresentava capricciose e vendicative e perciò i grandi mali erano considerati il risultato della vendetta, dell’ira, della perfidia, dell’arroganza, della violenza degli dei nei confronti del genere umano. La famosa guerra contro Troia raccontata da Omero si immagina sia causata proprio da divinità arrabbiate che si vendicavano degli uomini.

Questo secondo modello, seppur rivisitato, è attestato anche nella tradizione biblica e più precisamente nella teologia deuteronomistica che propone una lettura meccanica di causa-effetto, cioè di peccato-punizione delle vicende storiche. All’interno dell’Antico Testamento è servito a comprendere i grandi scacchi che Israele ha subito nel corso della sua storia.

Tale schema è messo in crisi dalla vicenda di Gesù, in particolar modo con la croce che è il segno di contestazione della visione per cui gli avvenimenti storici sono il risultato dell’azione di Dio. La croce che nell’antichità era interpretata come una maledizione divina, è stata trasformata dal messia in strumento per il raggiungimento della salvezza. Il cristianesimo che originariamente si era opposto allo schema di lettura anticotestamentaria di peccato-punizione, tuttavia lo riprende in forma ancestrale nel corso del suo sviluppo storico. Poiché non si è saputa giustificare la croce, essendo questa in contraddizione con l’immagine tradizionale di un Dio che agisce direttamente nella storia, si è arrivati a dire che la morte di Gesù corrisponde alla volontà divina. Invece di vedere Dio come portatore di vita e di amore, lo si è visto come latore di dolore e di morte.

Un altro modello dell’intervento di Dio nella storia è quello della Provvidenza. Questa concezione che non si trova nella Bibbia, perché non vi ricorre un termine che possa essere tradotto in questo modo, deriva dal latino e nella fattispecie dal verbo provideo. Ancora oggi non sono pochi a credere che all’origine di tutte le situazioni umane non ci sia che la Provvidenza. Questa visione ha contribuito senza dubbio alla diffusione dell’ateismo di chi non può credere che Dio possa mandare dei mali che non colpiscono solo i malvagi, ma anche gli innocenti.

In che modo la Bibbia delinea il quadro del rapporto tra Dio e il cosmo, tra Dio e la storia?
Se nell’AT si individuano alcuni testi che potrebbero dare adito ad interpretazioni miracolistiche per cui Dio interviene direttamente nella storia, come ad esempio il racconto esodale delle dieci piaghe nei confronti dell’Egitto a favore d’Israele, una lettura attenta mette in rilievo come questi avvenimenti siano in realtà fenomeni che accadevano abbastanza frequentemente nella climatologia dell’Egitto antico e che sono stati interpretati dal popolo ebraico che vive la sua fede in Dio, come segni della volontà divina di liberare il popolo dalla schiavitù egiziana. Questi segni palesano la lotta tra il Dio unico YHWH e le divinità egiziane come il Dio Nilo e il Dio faraone. Accanto a testi come questi, ci sono poi dei passi che mettono in evidenza una sano rapporto tra Dio e la storia, quali il primo racconto della creazione (Gen 1,1-2,4a) secondo cui nel settimo giorno Dio fa shabbat. Questo termine nell’interpretazione volgare viene compreso come il riposo di Dio dopo la fatica dell’azione creativa, in realtà la parola ebraica descrive il cessare di Dio dall’agire direttamente sul cosmo a seguito della creazione dell’uomo e della donna che diventano i due veri protagonisti della storia. In altre parole Dio si astiene dal compiere un’azione diretta sulla storia, la quale diventa invece l’ambito della responsabilità umana. Pertanto ci troviamo per un verso davanti a testi che se interpretati in modo popolare e senza metodologie ermeneutiche danno l’impressione che la Bibbia propugni la visione di un Dio interventista e per l’altro testi che invece delineano una sospensione dell’azione di Dio che però interviene grazie alla Parola che egli invia mediante i suoi profeti per far cambiare il cuore dell’uomo, capace di costruire una storia di giustizia e di libertà.

Perché il tema della guerra di YHWH ci consente di comprendere la relazione tra Dio e la storia?
Uno dei temi biblici che mettono in rilievo l’intervento forte di Dio nella storia, è quello delle cosiddette guerre di YHWH, espressione usata nel testo sacro che invece non conosce la dicitura “guerra santa”. La redazione biblica riporta due tipi di testi, quelli in cui Dio interviene direttamente e quelli in cui Dio promette di essere al fianco dell’esercito combattente. Sicuramente molto conosciuto e il racconto della battaglia di Gerico che viene narrata con tratti gloriosi. Questa dovrebbe essere avvenuta verso il XIII secolo cioè quando Israele, uscito dall’Egitto, dopo il cammino nel deserto entra in Palestina. Tuttavia la storiografia sulla base di prove scientifiche è sicura che in questo periodo la città non esisteva quasi più, ma che era semplicemente un ammasso di rovine. Il contrasto tra il racconto rivelato e le scoperte storiche sembrerebbero mandare in crisi la cosiddetta “verità” della Bibbia. In realtà, molto probabilmente Israele affrontando l’ingresso nella terra era a conoscenza della grande città di Gerico, fondata forse già nell’VIII sec., la più antica del mondo e temeva di dover affrontarne la conquista. Quando il popolo arriva nei pressi della città, la trova distrutta e pensa che sia Dio ad averlo fatto. Celebra la vittoria di Dio mediante i sacerdoti che organizzano una grande liturgia. Non solo questo testo mostra come Dio non abbia ingaggiato una vera e propria guerra santa parteggiando per Israele, ma tutti gli altri testi che riguardano questo tema sono tardivi e nascono come delle fictions allo scopo di mettere in guardia Israele dall’infedeltà a Dio che avrebbe come conseguenza la perdita della terra che poi purtroppo si verificherà lo stesso. In questo tentativo teologico di ricordare al popolo come Dio, trasformandosi in un guerriero, aveva donato la terra che non poteva essere persa a motivo dell’infedeltà, si menzionano anche testi di guerre che Dio avrebbe vinto combattendo al posto d’Israele o stando al suo fianco. Testi biblici più verosimilmente storici infatti descrivono l’ingresso nella terra da parte d’Israele non attraverso una serie di conquiste belliche, ma semplicemente per infiltrazione del popolo che va a risiedere in zone non occupate da altre etnie. Pertanto questi testi di guerra che sembrerebbero descrivere un intervento diretto di Dio sulla storia invece sono storie religiose che disincentivano il popolo all’infedeltà all’alleanza.

Quale stacco mostra, il Nuovo Testamento, in relazione al rapporto tra Dio e la storia?
Il Nuovo Testamento evidenzia sicuramente un cambio di passo in rapporto alle rappresentazioni precedenti dell’intervento di Dio sulla storia. La vicenda di Gesù di Nazaret soprattutto nella sua origine come nella sua conclusione diventa paradigmatica per comprendere l’azione divina. L’incarnazione e la risurrezione sono i due punti fermi dell’azione divina. Quando un essere umano accoglie lo Spirito, come avviene con Maria, allora si genera una storia messianica, in quanto il messianismo non è un evento che è accaduto una tantum nella storia, ma è la nuova logica dell’azione continuativa ed incessante di Dio nel corso della storia. Tutti possono partecipare a questo intervento messianico di Dio, quando si mettono in sintonia con l’azione dello Spirito. Così la risurrezione, intesa spesso con un’interpretazione popolare come un evento che riguarderà l’essere umano soltanto nel tempo escatologico, in realtà è una forza storica che emerge ogni volta che l’essere umano accogliere per fede nella propria esistenza la forza della vita divina. A causa di ingiustizie, di perdite, di sconfitte siamo costretti nel corso della nostra esistenza a morire tante volte, ma queste morti non sono mai definitive perché siamo chiamati sempre a risorgere per la forza della vita che Dio sempre ci dona.

Come ci spinge a ripensare l’intervento di Dio nella storia la missione di Gesù?
Con l’avvento della modernità e della post-modernità per l’uomo è difficile pensare a un intervento divino diretto nell’ambito della storia. Soprattutto la scienza ha demitizzato la nostra visione del mondo che non presta più spazio ad interventi miracolistici e provvidenziali di Dio. Allora si potrebbe concludere che, se Dio non interviene in maniera fattuale, la conclusione più logica è quella di affermare il Dio dimentico dell’uomo o addirittura di scadere nell’ateismo. Il percorso biblico ci mostra invece un’altra alternativa: Dio dono lo Spirito e la sua vita, gli avvenimenti accadono sulla base delle scelte degli uomini, anche quelli che sembrano prescindere da essi, in quanto un creato fragile presuppone sempre un aspetto caduco e limitato dell’esistenza. In ogni frangente della vita, di marca sia positiva che negativa, abbiamo la possibilità di accogliere la forza dello Spirito e quella della vita che ci fanno superare tutti gli ostacoli. In questo modo Dio accompagna ciascuno di noi nella vicenda avventurosa della propria esistenza.

Santi Grasso è docente di Esegesi del Nuovo Testamento nell’Istituto Superiore di Scienze religiose di Gorizia e Udine e nella Pontificia Università della Santa Croce di Roma. È autore di vari articoli e contributi su riviste scientifiche e di numerosi studi. Tra le sue pubblicazioni, il commento alla Prima lettera ai Corinzi (2002), all’Apocalisse (2011) e Il Vangelo di Giovanni. Commento esegetico e teologico (2008).

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