
Il romanzo inizia con la descrizione della vita di Samantha Andretti, la cui esistenza è quella tipica di una ragazzina di 13 anni, divisa tra la scuola, gli amici e il primo amore che si concretizza in uno dei ragazzi più ambiti della scuola. Ma quella che è la vita ordinaria di una tredicenne che si affaccia alla vita all’improvviso subisce una brusca frenata: Samantha un giorno scompare letteralmente nel nulla.
A questo punto l’autore fa compiere al lettore ed alla protagonista del romanzo un salto temporale di 15 anni. Ritroviamo Samantha, ormai ventottenne, in un letto di ospedale. Quella che poche pagine prima era una ragazzina di 13 anni oggi è una donna che non sa spiegare come è riuscita a fuggire dallo psicopatico che per 15 anni l’ha tenuta imprigionata in una specie di labirinto nel sottosuolo e come mai sia stata ritrovata in un bosco in chiaro stato di shock e con una gamba rotta.
Giornali e televisioni dedicano grande spazio alla notizia del ritrovamento di Samantha e sono tante le domande che affiorano: come ha vissuto la ragazza in tutti questi anni? Cosa ha dovuto passare? Perchè chi l’ha sequestrata non l’ha uccisa? Come è riuscita a fuggire? Può aiutare chi indaga sul suo caso a scovare e far arrestare chi l’ha rapita, già battezzato dai media come “l’uomo del labirinto”?.
A questo punto entra in scena Bruno Genko, investigatore privato che decide di occuparsi del caso in parallelo con le forze dell’ordine. Bruno è una persona schiva, riservata, che non ha legami umani con nessuno per una precisa scelta, ovvero quella di dedicarsi anima e corpo al proprio lavoro. La sua decisione di dedicarsi alla caccia de “l’uomo del labirinto” ha diverse ragioni: la prima sta nel fatto che questo sarà sicuramente il suo ultimo caso, visto che gli è stato diagnosticato un male incurabile che lo porterà alla morte nel giro di pochi mesi. Il secondo è la sua volontà di riparare ad un errore commesso 15 anni prima, quando i genitori della ragazza lo avevano contattato per chiedere il suo aiuto: in quell’occasione Bruno Genko, convinto che Samantha fosse morta, non si era dato troppo da fare.
Le indagini di Bruno partono dal tentativo di risalire all’identità di chi ha fatto la telefonata anonima con cui la polizia è stata avvertita della presenza di una ragazza, poi rivelatasi essere Samantha, nel bosco. L’ispettore nel corso della propria indagine è coadiuvato dal dottor Green, il medico chiamato a cercare di indagare nella traumatizzata mente di Samantha, che non ricorda nulla del giorno del rapimento, se non il fatto di essere stata presa da un coniglio gigante. Veniamo così a sapere che la ragazza è stata per anni prigioniera di “Bunny”, un uomo che non si è mai tolto la maschera da coniglio che indossava il giorno in cui l’ha rapita e che l’ha sottoposta a giochi sadici e ad un regime fatto di privazioni e violenze.
La natura umana era capace di genio e bellezza, ma anche di generare abissi oscuri e nauseabondi. Basta già solo questa citazione per cogliere il senso dell’ultimo romanzo di Donato Carrisi, che con L’uomo del labirinto si conferma un maestro assoluto del thriller. Tuttavia questo libro mostra come lo scrittore abbia fatto un salto di qualità ulteriore rispetto ai suoi lavori precedenti. Il romanzo parte infatti quasi in sordina, per acquistare adrenalina pagina dopo pagina e arrivare ad un finale che è sì spiazzante come ci si aspetta da un suo libro, ma lo è in un modo completamente diverso rispetto a quello a cui i suoi estimatori sono abituati. Questo significa che Carrisi con questo libro riuscirà a non scontentare i fan della prima ora e a conquistarne sicuramente di nuovi, a conferma del suo grandissimo talento.
Da un punto di vista narrativo e strutturale il libro si presenta abbastanza simile ai precedenti, visto che anche ne L’uomo del labirinto Donato Carrisi ha deciso di ambientare la storia in una città ed un tempo indefinito. Vi è il richiamo a diversi elementi tipici della letteratura thriller ed anche horror, come ad esempio la presenza di oggetti simbolici come pupazzi o specchi: questi ultimi ad esempio vengono utilizzati spesso in sequenze nelle quali si scopre come quella che sembrava ormai una realtà acclarata ed oggettiva, sia invece del tutto diversa.
In conclusione al di là del finale, che risulta spiazzante e che potrebbe dividere critica e pubblico, questo libro conferma Donato Carrisi come il miglior giallista italiano contemporaneo.