
I celebri processi de maiestate che in quegli anni si svolgevano contro i senatori che si opponevano a Tiberio – tra i quali quello al famoso Cremuzio Cordo, autore di un’opera storica non allineata al regime che rivalutava la figura dei Cesaricidi e venne bruciata pubblicamente – lo hanno visto indiscusso protagonista, seppure in ombra. Spesso, infatti, Seiano si serviva di agenti provocatori, tra i quali aristocratici che avevano bisogno di fare carriera. Ricordo qui il caso di Tizio Sabino, spinto da un senatore fintosi suo amico a sfogare il suo disprezzo contro Tiberio mentre dei testimoni stavano nascosti in casa. Se in questo caso Seiano usò metodi che sembrerebbero quasi ricordare quelli usati nella Ddr dalla Stasi raccontatici dal celebre film del 2006 Das Leben der Anderen (“La vita degli altri”), il prefetto deve però essere ricordato anche per altre cose.
Sotto il suo comando, ad esempio, vennero concentrate in un unico accampamento tutte le truppe pretoriane di Roma, fatto che avrà conseguenze importanti per il periodo successivo. E come accade sovente nella storia, Seiano ha di fatto contribuito a fare ascendere al trono Caligola pur tentando di ottenere un risultato del tutto opposto. Lucio Elio, del resto, è divenuto quasi subito dopo la sua morte il simbolo della fragilità del potere che, seppure enorme, può cadere in modo drammatico ed improvviso. Non a caso il drammaturgo amico e rivale di Shakespeare, Ben Jonson, ha dedicato al nostro controverso personaggio la tragedia, Sejanus. His fall. Nel celebre romanzo I, Claudius di Robert Graves – divenuto poi una famosa serie della BBC negli anni ’70 – Seiano ha del resto – e giustamente – un ruolo molto importante.
Come prese avvio la sua scalata al potere?
Seiano era quello che oggi si direbbe un figlio d’arte. Da parte di entrambi i padri. Lucio Elio aveva infatti sia un padre ‘biologico’ sia uno adottivo. Come avveniva spesso nel modo delle élites romane, l’adozione serviva come uno strumento politico, per cementare alleanze e connettere famiglie. Tutti e due appartenevano all’ordine equestre, che insieme a quello senatorio costituiva la classe dirigente romana. Il padre adottivo era stato prefetto d’Egitto, una delle massime cariche cui un cavaliere poteva aspirare. Ma estremamente potente era anche il padre naturale, originario della etrusca Volsini, e considerato il ‘principe’ dell’ordine equestre: grazie ad un accorta politica matrimoniale era riuscito a costruire un’importante rete di alleanze familiari con membri dell’aristocrazia senatoria e ad ottenere la fiducia di Augusto che lo aveva nominato prefetto al pretorio, a capo cioè delle sole unità militari legittimamente stanziate in Italia. La carriera di Lucio Elio, da quello che si può ricostruire da indizi e analogie, lo portò rapidamente alla carica più alta accessibile per un equestre. Alla morte di Augusto, infatti, il nuovo imperatore Tiberio nominò Seiano prefetto del pretorio a fianco del padre. E gli affidò subito l’incarico di fare da tutor del figlio Druso II nella missione che doveva frenare la sedizione di alcune legioni stanziate in Illiria. Un segno indubbio di grande fiducia. Dopo la morte – in circostanze mai chiarite – del nipote e figlio adottivo di Tiberio, Germanico, la scalata al potere di Seiano – frattanto divenuto unico prefetto del pretorio – si rivelò quasi inarrestabile. Lucio Elio divenne in pratica il braccio destro di Tiberio: le fonti lo chiamano “consigliere e ministro in tutti gli affari”, “straordinario assistente per le principali responsabilità” e adiutor imperii, “assistente al comando”. Una fiducia che gli alienò molte simpatie, soprattutto quella del figlio dell’imperatore, Druso II, che pur in un sistema di successione non ancora propriamente formalizzato, era il successore designato di Tiberio. Furioso per la posizione raggiunta da questi, durante un alterco e in pubblico, Druso II diede al prefetto persino un pugno.
Quali controverse vicende ne segnarono la carriera?
Anzitutto, quella della morte dello stesso Druso II. Il rampollo di Tiberio conduceva una vita piena di eccessi e nessuno – nemmeno il padre – si stupì quando morì d’improvviso. Il punto è che Tacito ci racconta che il prefetto, divenuto frattanto amante della moglie di Druso II, Livilla, lo avrebbe avvelenato. L’interpretazione della vicenda – come pure la sua autenticità – è controversa e intrecciata con la fine improvvisa del prefetto. E si connette alla fonte da cui il celebre storico di età traianea attinge per rivelare la liaison e l’omicidio. Al di là di ciò, la morte del successore de facto di Tiberio spianò la strada alla carriera di Seiano. Che divenne ancora più vicino al princeps. L’imperatore, forse stanco della vita nell’Urbe o convinto di potere agire più liberamente, si ritirò a Capri, lasciando di fatto a Seiano il controllo di Roma. Cominciò da allora lo smantellamento sistematico di quello che alcuni considerano una sorta di partito di opposizione all’imperatore, che aveva il suo punto di riferimento nella moglie del defunto Germanico, Agrippina. Le cose erano in realtà più complesse, ma personaggi vicini alla donna e gli stessi figli di Germanico furono eliminati, prima politicamente, poi fisicamente. La stessa Agrippina venne esiliata. L’unico superstite era il giovane Gaio, soprannominato Caligola. Seiano fu alla fine nominato console, collega dello stesso imperatore, un onore che Tiberio aveva riservato solo ai propri figli, quello adottivo, Germanico, e quello “biologico”, Druso II.
Quale colpo di scena sancì la fine del suo potere?
Le fonti antiche – tra le quali non possiamo contare molto su Tacito, le cui pagine su queste ultime vicende di Seiano sono perdute – ci raccontano versioni differenti sulle motivazioni della sua caduta. Nell’ultimo capitolo del libro, tento di fornire un quadro coerente della vicenda, tenendo conto di tutti gli indizi ricavabili dalle fonti antiche, letterarie ed epigrafiche. Fu lo stesso imperatore ad organizzare nel dettaglio la sua caduta perché convinto che il prefetto stesse organizzando un complotto contro di lui. Il 18 ottobre del 31 d.C. arrivò una lettera da Capri, recata dal prefetto del corpo dei vigili, Macrone. A Seiano fu fatto credere che la missiva, che sarebbe stata letta in senato lo stesso giorno, avrebbe annunciato il conferimento della tribunicia potestas, un pilastro fondamentale del potere imperiale. Recava invece l’ordine di imprigionarlo. Come un novello Catilina, mentre la lettera veniva proclamata lì dove il Senato si era adunato, il prefetto si ritrovò isolato, e tutti i suoi ‘amici’ ed alleati si allontanarono. Senza un processo, senza le opposizioni e i disordini che probabilmente Tiberio si aspettava, Lucio Elio venne condotto in carcere. E strangolato lo stesso giorno. I suoi figli, tra cui una giovinetta appena adolescente che non si rendeva neppure conto della gravità di ciò che stava accadendo, fecero la stessa fine. Il corpo di Seiano venne gettato nelle scale Gemonie e oltraggiato dalla plebe, come ci racconta, in modo drammatico e magistrale, il poeta Giovenale. E il suo cadavere scomparve tra le acque del Tevere.
Chi è stato davvero questo controverso personaggio?
Difficile credere che sia stato il cattivo perfetto che le fonti ci dipingono. Seiano, a mio parere, fu soprattutto un abilissimo politico. Conquistata la fiducia di Tiberio, Lucio Elio avrebbe potuto con facilità transitare nell’ordine senatorio, come del resto avrebbe contribuito a fare per altri meno potenti di lui. E grazie alle sue indubbie capacità e alle sue parentele, avrebbe potuto raggiungere la carica di console ben prima del 31. Scelse una strada diversa. Mentre molti dei suoi amici e parenti di rango senatorio cercavano a ogni costo di ottenere sacerdozi, di essere eletti alla pretura, di diventare consoli, di governare una provincia, il prefetto decise di rimanere un «semplice cavaliere», come avrebbe scritto a Tiberio. Non certo per mancanza di ambizione. Seiano si era reso conto più di altri che le leve del potere raramente sono quelle dorate che spiccano lucide nelle cabine ufficiali di comando. E capì che nei complessi meccanismi della res publica venuta fuori dalle guerre civili e risistemata da Augusto, il potere dell’imperatore, sia pure non l’unico e non autosufficiente, aveva il vantaggio di avere un vertice cui si sarebbe potuto avvicinare come nessun altro. Così, divenne qualcuno di molto di più di un semplice esecutore. Del potere imperiale Lucio Elio fu infatti un adiutor capace. Alla sua ombra, imparò come sopravvivere nel micidiale mare dell’aristocrazia senatoria, popolato da squali che non avrebbero esitato a nutrirsi di lui, del princeps, degli altri colleghi, se ne avessero solo avuto l’opportunità. Tessendo abili trame a protezione del suo imperator, Seiano divenne lo strumento spietato di questo inesorabile potere. E da esso alla fine rimase schiacciato. Quale sia stata la ragione, cerco di illustrarlo analiticamente nel libro.
Claudio Vacanti (Palermo, 1979) è ricercatore presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, dove insegna Storia romana. I suoi temi di ricerca includono la storia militare e la geopolitica nel mondo antico, le relazioni tra Roma e Cartagine e la storia degli studi sul mondo classico. È autore di vari articoli e dei volumi Guerra per la Sicilia e guerra della Sicilia. Il ruolo delle città siciliane nel primo conflitto tra Roma e Cartagine (Napoli 2012) e I Catilinari. Progetto di una congiura (Napoli 2018).