
Ora vi è qualche somiglianza fra i social network e certe strutture logiche. Quasi tutti oggi conoscono e, spesso, utilizzano i social network. Così, ciò che è più familiare può essere usato per illustrare ciò che lo è di meno. Anche qui, non bisogna lasciarsi fuorviare – in particolare, abbiam chiarito fin dall’inizio del nostro libro che questo non sostituisce un’autentica introduzione alla logica. È, piuttosto, un’introduzione all’introduzione: un invito scherzoso che speriamo invogli qualcuno ad accostarsi alla logica. Non è neppure un libro sulla logica dei social network (yes, i social network han le loro logiche, e sono anche piuttosto complesse – si può vedere, ad esempio, “Facebook and the Epistemic Logic of Friendship” di Seligman, Liu e Girard, in TARK 2013, pp. 229-38 – scaricabile qui: https://arxiv.org/pdf/1310.6440.pdf). Il nostro è un libro che invita alla logica coi social network.
Quale esperimento propone il libro per avvicinarci alla logica?
Il libro racconta una storia di fantasia: le lettrici e i lettori sono invitati a immaginare di trovarsi in una rete sociale e a provare a capirne il funzionamento. Risolvendo una serie di rompicapi di difficoltà crescente, si acquisisce familiarità con alcuni concetti di base della logica contemporanea.
Un aspetto della logica che inquieta i poco portati, è che si serve di modelli matematici – ad esempio, insiemi di oggetti fra cui possono sussistere relazioni dette “di accessibilità”, che hanno proprietà algebriche. Può essere rassicurante venir introdotti a modelli del genere attraverso social network che hanno strutture analoghe: agli oggetti corrispondono gli utenti che hanno un profilo nel social network, e alle relazioni fra oggetti corrispondono le relazioni di amicizia, o accessibilità alle rispettive bacheche, che sussistono fra gli utenti.
Un altro aspetto della logica che la rende ostile a molti è l’uso di strani simboli, come “→”, “∨” e “∧”, che la fanno apparire una materia tecnica e inaccessibile. Nulla vieta però di usare emoticon buffe al posto dei simboli logici canonici, facendole funzionare in modo analogo – e questo ci rassicura: tutti condiamo qualche sms o post su Facebook con qualche emoticon.
Nel nostro libro si racconta la storia di una rete sociale immaginaria, RS, dove i post sono composti a partire da emoticon familiari come le faccine 😊, 😏, 😑. Ci sono due emoticon che giocano un ruolo chiave: la cacchina 💩 e il simbolo di mani giunte 🙏. Concatenando le faccine con queste emoticon secondo certe regole “grammaticali”, e usando le parentesi come simboli ausiliari, si possono formare post più lunghi, ad esempio “💩 (😊 🙏 💩 😊)”. Cosa vogliono dire post che sono sequenze di emoticon del genere? Questo viene svelato un po’ alla volta, e fa parte del gioco che non lo si capisca subito. Un motivo per cui la logica contemporanea porta a volte l’aggettivo “formale”, è che una delle varie cose che fanno i logici è studiare la forma o struttura dei loro linguaggi, prescindendo da ciò che le espressioni linguistiche significano.
Come è possibile far sì che i post diventino virali?
Questo è un po’ come domandare all’autore di un libro giallo chi è l’assassino. Non lo possiamo svelare! Però possiamo darvi qualche indizio. Un post virale in RS è un post che piace a tutti. Ora alcuni post sono composti da un solo simbolo, ad esempio, una singola emoticon come 😊. Questi post mono-simbolo, detti anche “post di base”, non sono post virali, ossia in RS c’è sempre almeno un utente a cui non piacciono. Per capire come generare un post che piace a tutti bisogna capire come si comportano le due emoticon che servono a formare post più lunghi a partire dai post di base: la cacchina e le mani giunte. Queste due sono chiamate “emoticon logiche”, perché funzionano in modo simile a simboli logici come “∧” e “∨”. Questi simboli sono detti “connettivi logici” e vengono spesso usati per esprimere i cosiddetti “operatori Booleani”, che dovrebbero essere un po’ familiari a chiunque faccia ricerche su Google usando AND e OR. Per darvi un po’ di retroscena in più: c’è una somiglianza fra valutare i post assegnando loro un “mi piace!”, o un “non mi piace!”, e giudicare vero o, rispettivamente, falso un enunciato in un linguaggio logico formalizzato, o anche in linguaggio ordinario. La caccia ai post virali corrisponde così alla caccia agli enunciati che non possono che essere veri, per via della loro struttura logica: la caccia alle leggi logiche. Ne parliamo nel primo capitolo del nostro libro.
Cosa succede quando le reazioni consentite agli utenti vanno oltre il classico mi piace/non mi piace?
Parliamo di questo nel secondo capitolo, dove la situazione si complica. Nel primo capitolo ciascun utente di RS deve reagire con un “mi piace!” o un “non mi piace!” ai post di base. Una volta che un utente ha reagito ad un post di base, un software dal funzionamento abbastanza intuitivo assegna un “mi piace!” o un “non mi piace!” da parte dell’utente anche ai post più lunghi. Quando agli utenti viene permesso di non assegnare alcuna reazione ai post di base, bisogna modificare le regole di funzionamento del software per tenere conto della possibilità che un utente rimanga indifferente a uno o più post di base. Ciò corrisponde all’idea che verità e falsità potrebbero non essere le sole due opzioni degne di esser considerate quando si valuta un enunciato.
Che ruolo hanno le relazioni di amicizia e le “bolle” autoreferenziali?
Ne parliamo nel terzo capitolo. Le relazioni di amicizia permettono di distinguere i gusti di due utenti che sono dello stesso tipo umano. Due utenti sono dello stesso tipo umano quando reagiscono nello stesso modo ai post di base. Nei primi due capitoli vale la regola: se due utenti sono dello stesso tipo umano, a quei due utenti piacciono esattamente gli stessi post. Questa regola non vale più nel terzo capitolo, perché a due utenti dello stesso tipo umano possono piacere post diversi, a patto che i due utenti abbiano amici diversi. Le bolle autoreferenziali sono interessanti perché mostrano che, a certe condizioni, può essere difficile per un utente distinguere queste due situazioni: (1) quella in cui l’utente in questione è amico di tutti; (2) quella in cui l’utente in questione fa parte di un gruppo ristretto di persone che però sono amiche tra di loro. Può accadere che un post sia molto amato all’interno di un gruppo di amici – e ciò potrebbe indurre gli amici a credere che sia amato universalmente. In realtà, gli amici sono chiusi in una bolla, e danno un po’ per scontato che ciò che piace a loro debba piacere a tutti.
Ora, come accennavamo sopra, c’è una somiglianza fra la struttura di un social network in cui gli utenti possono essere connessi da relazioni di amicizia (o non esserlo), e vedere (o non vedere) le bacheche altrui, e certi modelli logici in cui insiemi di oggetti possono essere connessi da relazioni di accessibilità (o anche, non esserlo). Gli oggetti rappresentati dai modelli in questione sono chiamati “mondi possibili” nella c.d. logica modale, che ha avuto numerose applicazioni, dalla linguistica all’economia, all’intelligenza artificiale e alla filosofia. Per capire che entità esotica sia un mondo possibile, naturalmente, dovrete arrivare alla fine del libro!
Matteo Plebani insegna filosofia del linguaggio all’Università di Torino. Si occupa di filosofia del linguaggio, filosofia della matematica e ontologia. È autore di Introduzione alla filosofia della matematica (Carocci, 2011). Con Francesco Berto ha scritto Ontology and Metaontology. A Contemporary Guide (Bloomsbury, 2015).
Francesco Berto insegna logica e ontologia alla University of St Andrews in Gran Bretagna, e alla University of Amsterdam in Olanda. Ha pubblicato numerosi articoli in inglese e italiano, e monografie per Oxford University Press, Blackwell, Bloomsbury, Springer, Laterza e Carocci.