
Come scrive nella Sua Premessa al volume, il cristianesimo sembra a molti «una limitazione della nostra libertà e perciò un ostacolo da superare»: che ruolo e che funzione può avere la fede in un mondo secolarizzato?
Può fare una cosa importante. Può mostrare che i fondamenti del secolarismo non sono secolari, e cioè che il secolarismo, non fondando se stesso, presenta una lacuna. I principali valori in cui noi crediamo e che consideriamo l’orgoglio della nostra civiltà – la dignità della persona, l’uguaglianza fra gli uomini, la parità, il rispetto reciproco, il valore dell’uomo in quanto uomo, eccetera – sono verità che richiedono un atto di fede, una opzione religiosa. Non si possono dimostrare, si possono solo credere. E in particolare la fede cristiana esprime questo credo. Considerare il cristianesimo un ostacolo o una limitazione, bandirlo dalla sfera pubblica, relegarlo fra le sole credenze private, costituisce una mutilazione di noi stessi. Sembra che così diventiamo più liberi, più moderni, più inclusivi, in realtà la emarginazione del cristianesimo in corso oggi in Occidente ci impoverisce tutti, credenti e non.
Le soluzioni di Agostino sono ancora utili per noi?
Come ho già detto, lo sono. Anche per altre ragioni. Agostino insegna che la politica, con le sue procedure e istituzioni, non ha funzione salvifica, che le istituzioni, quale che sia il loro assetto, non offrono mai la felicità, che lo Stato ha natura repressiva, per tenere a freno la bramosia di potere degli uomini dopo la Caduta, che i valori veri sono quelli ultimi che si godono solo nella Città di Dio, non quelli secolari che perseguiamo nella città terrena. Da ciò il suo richiamo, che oggi siamo ancora in grado di apprezzare: “vae qui habent spem in saeculo!”. In questo secolo noi siamo come viaggiatori su una carrozza: possiamo ammirare il paesaggio che attraversiamo, ma non dobbiamo farcene distogliere. Per usare ancora le sue parole, i beni del secolo, le nostre conquiste in ogni settore, possiamo solo usarli ma non goderli. Chi li godesse, e così credesse di poter realizzare o anche solo approssimare il Paradiso in terra, scambierebbe l’amore di Dio con l’amore di sé. E sarebbe perduto, perché non otterrebbe il risultato voluto, e perché il risultato ottenuto infine si ritorcerebbe contro se stesso. Esattamente, ciò che accade oggi.
Marcello Pera, accademico e filosofo, già Presidente del Senato, ha pubblicato negli ultimi tempi Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam (con J. Ratzinger-Benedetto XVI, Mondadori 2005); Perché dobbiamo dirci cristiani (Con Prefazione di Benedetto XVI, Mondadori 2008); Diritti umani e cristianesimo (Marsilio 2015); Critica della ragion secolare. La modernità e il cristianesimo di Kant (Le Lettere 2019).