“Liti in tribunale. Aspetti giuridici e dinamiche” di Tiziana Ficarelli

Avv. Tiziana Ficarelli, Lei è autrice del libro Liti in tribunale. Aspetti giuridici e dinamiche edito da Carocci: quali cause determinano un non accorto ricorso all’azione giudiziale?
Liti in tribunale. Aspetti giuridici e dinamiche, Tiziana FicarelliIl fenomeno si manifesta soprattutto nelle cause che hanno avuto ad oggetto la materia contrattuale: i soggetti economici (imprenditori o privati cittadini) sono soliti stipulare contratti – anche di rilevante valore – senza l’aiuto di professionisti in grado di fornire loro un valido supporto legale. Ciò crea incertezza in merito al contenuto dei contratti stessi, spesso conclusi in forma verbale, che deve essere dimostrato nell’ambito del giudizio. La volontà contrattuale delle parti viene sovente ricostruita attraverso l’interpretazione di qualche stringato e confuso documento contrattuale, l’assemblaggio di messaggi Whatsapp e posta elettronica, le informazioni che la memoria e la chiarezza espositiva dei testimoni (e la loro credibilità) riversano nelle carte del processo: tutti elementi che vengono presentati al giudice come fossero una manciata di tessere utili a comporre un mosaico. Il disegno finale è opera del giudice e, per le parti, nonostante le ricostruzioni fornite dai loro difensori, non è mai pienamente prevedibile; del resto, l’esser costretti a dimostrare il contenuto di un contratto attraverso testimoni significa l’aver affidato il proprio pensiero a parole altrui e all’altrui comprensione dell’accaduto.

Perché alcune categorie socioeconomiche litigano più di altre?
I soggetti coinvolti nelle liti esaminate sono proprietari immobiliari, artigiani, professionisti e piccoli imprenditori, privati cittadini: in pratica, una rappresentazione del variegato “ceto medio” italiano.

I risultati della ricerca permettono di descrivere in modo abbastanza preciso la collocazione “sociale” dei litiganti reggiani: essi hanno redditi più che sufficienti al sostentamento loro e delle proprie famiglie, sono proprietari delle case che abitano, molti di loro hanno ulteriori immobili che mettono a reddito locandoli a terzi, hanno accesso al credito bancario, sono lavoratori dipendenti, imprenditori, soci o titolari di imprese piccole e piccolissime.

Mancano, dal contenzioso esaminato, le persone indigenti e coloro che hanno guadagni bassissimi e non possiedono beni o interessi di valore tale da superare la soglia di competenza del tribunale; mancano anche le grandi realtà industriali (che sono, peraltro, soltanto lo 0,1% del imprese italiane) e le imprese di dimensioni medio-grandi, che “fanno capolino” nel contenzioso esaminato in modo sporadico ed ottengono quasi sempre il completo riconoscimento delle proprie ragioni poiché sono attrezzate per gestire i propri rapporti giuridici con efficienza.

Le categorie sociali maggiormente coinvolte nel contenzioso esaminato sono quelle che, pur avendo un reddito tale da consentire loro di acquisire, costantemente, beni e servizi attraverso la stipulazione di contratti regolati dal diritto privato, non si servono in modo stabile di consulenza giuridica. Ed è questa la ragione per la quale costoro si trovano a litigare più di altri.

Purtroppo, i principi di diritto restano prerogative degli operatori del diritto e non diventano patrimonio dei cittadini, imprenditori, artigiani, e tutti coloro che si trovano a concludere contatti, quotidianamente, per le ragioni più svariate.

Costoro potrebbero sostenere il costo di un supporto professionale nella fase della redazione e gestione dei propri contratti, almeno in relazione ai più importanti, tuttavia, per consuetudine, ragioni culturali e, probabilmente, inconsapevolezza, si avvalgono di consulenza legale soltanto quando sono costretti ad affrontare un contenzioso, sia esso una causa, una mediazione od un arbitrato.

Per quale motivo le misure deflattive non riescono a far diminuire, in alcune fasce della popolazione, la propensione a diventare dei litiganti?
Perché il contenzioso riguarda diritti inerenti beni e diritti che, seppur talvolta di modesto valore, per i litiganti vengono percepiti come importanti e, talvolta, essenziali ed irrinunciabili.

La percentuale relativamente ridotta di pronunce che ha coinvolto istituti di credito e compagnie d’assicurazione attesta che i soggetti economicamente più forti – che in genere si avvalgono in modo “strutturale” di consulenza legale – sanno fare tesoro degli strumenti deflattivi offerti dalle banche dati, dalle tabelle di liquidazione del danno ecc. anche se la loro diffusione, a causa della tecnicità dei contenuti, è limitata, in genere, agli “addetti ai lavori” e ciò consente loro di tutelare maggiormente i propri diritti anche al di fuori del processo. La funzione deflattiva del contenzioso garantita dall’uniformità della giurisprudenza viene minata dall’incapacità del sistema di far filtrare i principi cristallizzati dalle Corti a tutti i cittadini prima dell’insorgere di un contrasto, quando molto si può fare per evitarlo. La maggior parte del contenzioso coinvolge privati o piccole imprese e ciò induce a ritenere che per costoro i costi di una consulenza legale adeguata rappresentino un ostacolo considerevole anche in relazione alla contrattazione di diritti inerenti beni più rilevanti dal punto di vista economico.

Quali sono le principali ragioni del mancato accoglimento della domanda evidenziate dalla Sua ricerca)
La ricerca illustrata nel libro ha permesso di evidenziare che il maggior parte delle domande rigettate dal Tribunale reggiano ha avuto ad oggetto la materia contrattuale: la superficialità con la quale le parti hanno documentato i contratti che hanno stipulato ha reso il supporto probatorio degli accordi contrattuali inadeguato a sostenere le posizioni dei litiganti nell’ambito di un giudizio civile.

La diffusa inadeguatezza, anche formale, dei contratti stipulati dai privati alle loro reali esigenze, causa ad essi una perdita economica: il processo, qualunque ne sia l’esito, non potrà certo eliminarla ma potrà soltanto addossarla all’una o all’altra parte, al pari di ogni procedura alternativa di definizione delle dispute (mediazioni, arbitrati, negoziazioni assistite).

Del resto, è stato stimato che circa il 70% della popolazione italiana sia composta da analfabeti funzionali, ossia, soggetti incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato o letto; si tratta di persone che, ancorché sappiano leggere e scrivere, hanno comunque difficoltà a cogliere parole e significati in un contesto di organizzazione logica, razionale e riflessiva.

Ciò, non può non influire sulla capacità delle persone di contrattare efficacemente, soprattutto in un contesto economico sempre più articolato, complesso ed in perenne cambiamento, in cui la costante mutevolezza le ostacola nell’acquisizione di esperienza adeguata ad orientarne i comportamenti.

I vasti spazi di libertà economica hanno garantito a tutti l’accesso al mercato e ai contratti su un piano di astratta uguaglianza formale, ma non hanno risolto le distorsioni create dalle disparità esistenti.

Quali rimedi è possibile adottare per ridurre la proliferazione del contenzioso?
È necessario promuovere un cambio di mentalità nell’approccio alla contrattazione, incentivando le consulenze stragiudiziali, creando “benessere economico” collettivo attraverso la riduzione dell’inevitabile impoverimento che deriva da un negoziato andato male. Una politica di affiancamento dei cittadini attraverso una attività di “prevenzione” finalizzata a ridurre i dissidi contrattuali porterebbe ad un miglioramento dei rapporti fra soggetti economici e, nell’incrementare la reciproca fiducia, ridurrebbe il contenzioso.

Occorre, quindi, immaginare un differente modello di analisi della sostenibilità finanziaria del servizio giustizia civile in un’ottica globale che tenga conto della crescente fruizione da parte di ogni fascia sociale di beni e servizi che implica la frequente gestione di rapporti negoziali, all’apparenza banali ma spesso assai complessi.

Per consentire a questi soggetti di acquisire consulenza in modo stabile, è necessario che la spesa che essi dovranno sopportare possa essere sostenuta con il carattere della periodicità, diversamente da quanto accade per le liti giudiziali alle quali si attribuisce il carattere dell’eccezionalità al pari dei conseguenti costi.

Tiziana Ficarelli è avvocato del foro di Reggio Emilia; è stata professore a contratto all’Università degli Studi di Parma svolgendo attività integrativa nel corso di Analisi economica del diritto e consigliere dell’Ordine degli avvocati di Reggio Emilia, anche con l’incarico di consigliere segretario. Inoltre, è stata presidente della Camera civile di Reggio Emilia. È autrice di articoli di diritto processuale tributario.

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