
La linguistica testuale è una disciplina relativamente giovane, che nel corso dei decenni ha mutato sensibilmente il suo approccio, inizialmente di carattere sintattico-lessicale, orientato all’analisi transfrastica, poi più spiccatamente semantico e volto a elaborare ‘grammatiche del testo’, individuandone caratteristiche costitutive e significato complessivo. È in questo contesto che un linguista come Teun A. van Dijk distingue la componente locale delle microstrutture e quella globale delle macrostrutture, presupponendo un nucleo semantico astratto, profondo e non necessariamente esplicito, che si dispiega in una serie di proposizioni collegate da relazioni di vario tipo; si tratta di un quadro teorico di grande utilità per il testo letterario, come mostrano molti lavori dello studioso olandese.
La molteplicità e la complessità di contenuti, organizzazione e funzioni dell’oggetto di studio della linguistica testuale hanno progressivamente condotto verso analisi modulari più duttili e diversificate, con costruzione di teorie del testo che includono sia concezioni estese, come quella di Robert-Alain de Beaugrande e Wolfgang U. Dressler, che attribuiscono grande rilievo alla dimensione pragmatica, sia prospettive più specificamente orientate sulla dimensione propriamente testuale. All’interno di questo scenario complesso e diversificato si può proporre una distinzione di massima fra la conversational analysis di tradizione angloamericana (che considera la manifestazione linguistica entro un insieme di comportamenti non solo linguistici, privilegiando le interazioni orali) e la Textlinguistik tedesca (che offre invece una posizione predominante alla lingua, privilegiando i testi scritti). La seconda corrente è quella più diffusa nel panorama italiano, che deve l’introduzione della linguistica del testo agli studi di Maria-Elisabeth Conte. In area francofona prevale l’analyse du discours, che tende a privilegiare interazioni orali istituzionalizzate e si lega a una pragmatica interpretata alla luce degli studi sull’enunciazione di Émile Benveniste e di quelli sulla polifonia e l’argomentazione di Oswald Ducrot, ma risulta comunque spesso orientata a modelli validi anche per il testo letterario, in virtù della forte tradizione francese di narratologia e stilistica con cui interagisce; tale interesse emerge anche nella Textlinguistik, dove a incoraggiare il dialogo con la letteratura contribuiscono solide tradizioni di studi retorici e filologici, oltre che stilistici, che intrattengono con la linguistica legami importanti, anche se non sistematici; sono rappresentativi in ambito tedesco i lavori di Harald Weinrich sulla temporalità e di Egon Werlich sulle tipologie testuali.
Parlando di analisi linguistica dei testi letterari, si fa riferimento del resto a un insieme di pratiche molto ampio e diversificato, volto allo studio dell’impiego delle risorse espressive in uno specifico contesto, con differenti presupposti e tecniche d’indagine, fortemente legati alle impostazioni e alle inclinazioni di singoli studiosi. La convinzione condivisa da coloro che operano in questo ambito è che da un lato, con le sue particolari caratteristiche linguistiche, il testo letterario consenta di ampliare e affinare i modelli e gli strumenti di riferimento della linguistica testuale; dall’altro, che questi strumenti favoriscano una comprensione profonda del funzionamento dei testi letterari, con aperture critiche ulteriori.
In che modo gli strumenti della linguistica testuale favoriscono una comprensione profonda del funzionamento dei testi letterari?
Integrando a una disciplina relativamente nuova la tradizione degli studi di retorica, di narratologia, e più in generale di stilistica, si produce un insieme di dispositivi di analisi in parte già noti e collaudati, in parte estremamente innovativi.
I contributi che compongono il volume mostrano la varietà degli approcci possibili, che dipendono dall’ambito disciplinare dominante, dai testi considerati, ma anche dal percorso di studi e letture di ciascuno studioso e dalla sensibilità individuale. Si situano quindi in punti diversi – e più o meno vicini l’uno all’altro – di una mappa disciplinare molto articolata, il cui comun denominatore risiede nell’interesse per l’unità-testo, per la sua architettura e per le relazioni che si sviluppano al suo interno.
Allo scopo di precisare meglio le modalità con cui operano le diramazioni francese e italiana della Textlinguistik in relazione allo specifico letterario, il volume è aperto da due contributi teorici di respiro generale relativi all’uno e all’altro ambito, che propongono un quadro storico-teorico dei rapporti tra linguistica testuale e analyse du discours da un lato, e analisi linguistiche e stilistiche dei testi letterari dall’altro, illustrando rapporti già consolidati e delineando possibili sviluppi.
Il primo contributo, di Dominique Maingueneau, offre un quadro relativo ai rapporti fra stilistica e analyse du discours, anche in prospettiva storica, incentrato sulla realtà francese ma in larga parte di valore più generale. In relazione allo studio del testo letterario è sottolineato il potere euristico dell’analisi linguistica, forte degli sviluppi della linguistica negli ultimi decenni, che alla terna tradizionale sintassi-lessico-figure retoriche hanno consentito di aggiungere gli apporti delle teorie dell’enunciazione, della pragmatica, degli studi sulla testualità in quanto tale. In questo confronto fra stilistica e analyse du discours, che implica anche un ripensamento interno delle discipline e dei loro confini, viene posto in rilievo il concetto di ‘paratopia’ (da intendersi in termini di condizione di appartenenza a un determinato ambito e di conseguente scarto linguistico, sociale, spaziale, temporale, che contribuisce alla costruzione di un’identità enunciativa e letteraria), cui nel corso degli anni Maingueneau ha dedicato particolare attenzione.
Il secondo contributo di respiro generale propone nella prima parte, elaborata da Angela Ferrari, un’integrazione del versante teorico fondata su uno specifico modello della testualità sviluppato a Basilea, incentrato sullo scritto e su caratteristiche di tipo strutturale. Basato sui testi d’uso, questo modello si è tuttavia dimostrato particolarmente adatto anche a dialogare con l’analisi del discorso letterario, rispetto alla quale ha mostrato con chiarezza l’utilità di integrare una componente propriamente testuale, relativa all’architettura semantico-pragmatica sottesa al testo letterario e alla sua restituzione linguistica, lessicale, morfologica, sintattica e interpuntiva. Alla presentazione del modello, il cui impiego emerge in modi più o meno espliciti anche in altri contributi accolti nel volume, si affianca l’esposizione di alcune specificità pragmatiche e semiotiche del testo letterario rispetto al testo d’uso. La seconda parte del contributo, redatta da Chiara De Caprio, propone un paradigma di analisi letterarie puntuali che si iscrivono nel contesto delle precedenti considerazioni generali, rivolgendo particolare attenzione ad aspetti quali la coerenza, l’anafora testuale, la deissi, e la costruzione di architetture (logico-argomentativa, tematico-referenziale ed enunciativa) caratterizzate da fenomeni che rafforzano la coesione o che viceversa possono metterla in discussione.
Quali applicazioni trovano i dispositivi della linguistica testuale nell’analisi del testo letterario?
Le applicazioni sono innumerevoli, e possono confermare risultati raggiunti attraverso altri percorsi critici, ma anche aprire strade del tutto nuove. I contributi proposti nel volume ci aiutano a cogliere la straordinaria varietà e versatilità dei dispositivi della linguistica testuale nell’analisi del testo letterario, mostrando al contempo quanto terreno vi sia ancora da esplorare; in funzione di determinati testi e obbiettivi, è possibile selezionare uno o più aspetti linguistici, facendo riferimento o meno a uno specifico modello della testualità.
Ad esempio, il saggio elaborato da Emilio Manzotti offre al lettore una selezione di approfondite ‘microanalisi’ di brevi frammenti di autori molto diversi fra loro (Powys, Pirandello, Gadda), ricche al contempo di importanti indicazioni teoriche e metodologiche. Al confine tra linguistica e stilistica, le analisi si focalizzano sul livello testuale logico-relazionale dei legami tra successive proposizioni, e più precisamente su generalizzazione, simultaneità in accezione testuale, e riformulazione variata, o commoratio, “indugio” sopra un tema testuale.
Gli altri contributi sono legati ciascuno a un singolo aspetto della testualità, e offrono una sorta di rassegna di punti diversi a partire dai quali può essere affrontata l’analisi di un testo letterario con gli strumenti della linguistica testuale, sempre associando riflessione teorica ed esemplificazioni (condotte prevalentemente su testi moderni e contemporanei). All’interno di questo percorso sono considerati rispettivamente le gerarchie testuali, l’aspetto verbale, la polifonia, la figuralità, l’uso dei pronomi e la punteggiatura.
Il mio contributo, che ha per oggetto la poesia di Giovanni Pascoli, è dedicato alle gerarchie testuali: esamina gli innesti parentetici presenti nella raccolta Myricae, mostrando come siano spesso condotti ben oltre le loro realizzazioni tipiche, fino a mettere in discussione la gerarchia tradizionale che colloca la parentesi su un livello secondario attribuendole un carattere accessorio. Nelle sfumature di questo rapporto si situano effetti peculiari, con inserti parentetici che possono porre in dubbio l’univocità della lettura del mondo data dal piano principale, integrando una prospettiva diversa, un livello ulteriore, del testo e della realtà.
L’aspetto verbale è esaminato da Luciano Zampese all’interno dei Sillabari di Goffredo Parise, la cui trama narrativa è teatro di una dinamica sottile fra perfetto e imperfetto; un imperfetto «rapido, triste e fuggevole», come lo definì Natalia Ginzburg, all’origine di raffinati effetti di senso prodotti dall’interazione di più componenti, fra cui rivestono un ruolo importante i disegni aspettuali che offrono le alternanze e gli intrecci con i tempi perfettivi, insieme alla semantica delle predicazioni.
Alla luce degli strumenti linguistici, Massimo Palermo analizza in una nuova prospettiva i dialoghi e la polifonia nei Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, mostrando come la monotonia dei dialoghi rilevata dalla critica possa essere letta come un intenzionale rumore di fondo, atto a far risaltare le note dominanti. Diversamente, nelle didascalie, nella zona di confine tra le voci dei personaggi e quella del narratore, quest’ultimo interviene per indirizzare il lettore nell’interpretazione, per tentare una sintesi col suo mondo e per riempire con la propria voce gli spazi di senso lasciati aperti dalle parole dei personaggi.
Michele Prandi propone un contributo dedicato alla deformazione astrattiva come forma di straniamento, effetto che include tra i suoi strumenti le principali figure del piano del contenuto – in particolare la sineddoche, la metonimia e la metafora – per sfidare l’identità concettuale degli oggetti o la prospettiva nella quale sono normalmente percepiti. Il contributo mostra come la descrizione delle strategie che portano alla deformazione astrattiva sia in grado di gettare luce non solo sulla struttura interna delle figure coinvolte e sul loro potenziale generale, ma anche sul loro valore specifico all’interno di un testo e di un progetto stilistico d’autore.
Elisa De Roberto esamina l’indefinitezza entro una specifica categoria grammaticale, i pronomi indefiniti ‘di scelta libera’ (qualunque/chiunque/chicchessia/qualsiasi), in un corpus di testi letterari novecenteschi, rilevando come le diverse configurazioni d’uso di tali elementi possano essere determinate in maniera significativa da fattori di ordine testuale e pragmatico. Negli usi più canonici i pronomi di scelta libera sono funzionali all’espressione di una quantificazione universale o a una referenziazione casuale e indifferenziata, ma talvolta, entro determinate configurazioni sintattico-testuali, realizzano specifici effetti discorsivi.
Chiara De Paoli propone un’analisi dell’interpunzione nella narrativa contemporanea in relazione alla presenza della virgola a confine di enunciato in luogo del punto e dell’interpunzione intermedia. Si tratta di impieghi testuali ed enunciativi che se in alcuni casi sono percepiti come normali, in altri risultano molto innovativi e producono effetti stilistici particolari e diversificati, dei quali la prosa contemporanea conosce un largo uso.
Il percorso attraverso specifici aspetti della testualità si estende nella parte conclusiva del volume a due contributi che ampliano ulteriormente lo scenario, offrendo prospettive diverse.
Il primo, di Jan Gaggetta, riflette sulle architetture delle canzoni distinguendo modelli strutturali diversi, in una prospettiva testuale che riesamina le precedenti proposte di catalogazione. La casistica è applicata al repertorio di Fabrizio De André in funzione di una ricognizione dei modelli formali rintracciabili nella sua opera, e si concretizza con l’analisi della canzone Prinçesa, contenuta nell’album Anime salve. L’impiego di una concezione estesa della testualità, che si apre anche alla dimensione musicale, offre una prospettiva che combinando ambito linguistico ed extralinguistico evidenzia la duttilità e la versatilità del concetto di architettura, strumento dal quale possono originarsi costruttivi paralleli interdisciplinari.
Il contributo di Malinka Velinova esamina invece secondo una prospettiva diacronica e più rigorosamente linguistica le diverse forme di subordinata relativa in rapporto con la struttura informativa dell’enunciato in francese medievale, utilizzando un corpus di testi letterari del XII e XIII secolo in versi e in prosa. L’esame dell’ordine delle parole nella relativa, in particolare nella formula epica, e in seguito l’organizzazione dei diversi costituenti nella frase complessa relativa, è condotto secondo un approccio sintattico-semantico e discorsivo che consente di fare luce sulla struttura informativa della frase in francese medievale, mostrandosi di grande interesse anche per l’ambito letterario.
Nell’insieme, i contributi proposti confermano, se ce ne fosse bisogno, la convinzione che per l’analisi del testo letterario la linguistica non è affatto una disciplina ausiliaria e votata alla pura comprensione: costituisce invece un dispositivo versatile, capace di offrire in vari ambiti strumenti concreti di analisi utili non solo a rafforzare intuizioni critiche preesistenti, ma a riorientarle, e anche ad aprire nuove piste di indagine, non battute dagli studi. Si tratta dunque di un prezioso strumento di conoscenza e di approfondimento, che pone il testo letterario, in quanto manifestazione del linguaggio nella sua multiformità e ricchezza, come un punto di incontro fra studi letterari e linguistici, invitando a oltrepassare ogni dualismo oppositivo in nome di un reciproco arricchimento teorico e pratico.
Sveva Frigerio si è formata all’Università di Ginevra, dove insegna da dieci anni (linguistica testuale, teoria e tecniche di redazione, metrica, retorica, narratologia, analisi linguistico-stilistica di testi letterari e non letterari, storia della lingua). È autrice delle monografie Linguistica della nota. Strategie metatestuali autoriali (Slatkine, 2015) e Commentare un testo poetico. Strumenti, metodi, forme (Edizioni dell’Orso, 2018), e di numerosi articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali.