
Come si è articolato l’impegno politico e sociale di Lina Merlin?
Ricordo che la “Senatrice” aveva una profonda esperienza politica, maturata fin dal primo dopoguerra, quando si era iscritta al Partito socialista e si era impegnata alacremente nel Padovano e nel Polesine per la diffusione delle idee socialiste, nell’organizzazione di attività rivolte alle donne e ai bambini, dai patronati al doposcuola. Senza dimenticare che, pur non avendo diritto in quanto donna né all’elettorato passivo né all’elettorato attivo, nel 1924 aveva condotto la campagna elettorale del Psi nella provincia di Rovigo, in quanto nel clima acceso e violento del periodo a Giacomo Matteotti era impossibile tenere comizi. Fu quindi grazie a Lina Merlin che il deputato poté raccogliere i dati sui brogli elettorali, sulla base dei tenne il famoso discorso di denuncia in Parlamento, che purtroppo gli costò la vita.
Successivamente, nel 1926, Lina Merlin – maestra elementare, nubile e che viveva del proprio lavoro – si rifiutò di giurare fedeltà al regime, preferendo coraggiosamente non abdicare alle proprie convinzioni, se pure consapevole delle conseguenze della sua scelta, ovvero l’immediato licenziamento dalla scuola pubblica. Fu quindi condannata al confino e il suo impegno politico durante la dittatura fascista prese forma nella sua ferma determinazione a non chiedere la grazia, a non cedere a compromessi: una caratteristica che avrebbe contrassegnato il suo agire politico anche nel secondo dopoguerra.
Dopo essere stata membro del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia e dopo aver collaborato alla fondazione a Milano dei Gruppi di difesa della donna durante la Resistenza, alla ripresa della vita politica democratica Lina Merlin entrò nella Direzione del Partito socialista e fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane (Udi). Operò quindi come socialista sia in Parlamento e sul piano nazionale, sia a livello locale. Eletta per due legislature al Senato nel collegio di Adria nel 1948 e nel collegio di Rovigo nel 1953, e nella terza eletta invece alla Camera nella circoscrizione di Verona Padova, Rovigo e Vicenza, fu consigliera comunale a Chioggia dal 1951 al 1956, ed entrò nel consiglio comunale di Badia Polesine alle elezioni amministrative del 26 maggio 1957. Lina Merlin coltivò sempre un profondo senso di responsabilità verso coloro che l’avevano scelta e votata e che ella rappresentava a Roma, così che fra le molte battaglie che condusse in Parlamento, tutte di largo respiro, quella a favore del Polesine fu senza dubbio una delle principali. E nel Polesine ella fu una presenza continua, concreta e attiva, talmente vicina e familiare da essere ribattezzata in loco la “Madonna pellegrina”, presente nei momenti della necessità e del bisogno, e non soltanto nel periodo preelettorale come nel caso di molti parlamentari. Bastino pochi accenni: in occasione della prima alluvione nel 1951 fu lei, donna di oltre sessant’anni, ad arrivare a Rovigo insieme a De Gasperi e a rimanere dodici giorni ad Adria per fornire ed organizzare i soccorsi; rientrata a Loreo, dopo una sosta a Roma, rischiò di annegare, quando l’imbarcazione su cui trasportava gli aiuti si capovolse. Tornò quindi per tutte le successive, diciassette alluvioni, ma già prima della tragedia della cosiddetta “grande alluvione”, aveva accompagnato le giornaliste di alcune fra le maggiori testate nazionali a visitare i casoni di Contarina, di Polesinin e di Scardovari, in occasione della promulgazione della legge sulla esecuzione di opere straordinarie per l’Italia centro settentrionale del 1950. Voleva che potessero rendersi conto delle reali condizioni di vita della popolazione locale, di famiglie di dieci, dodici, persino quattordici persone abituate a vivere, senza acqua, in pochi metri quadrati. Sul piano più strettamente politico, Lina Merlin aderì al Psiup (poi Psi) al momento della sua ricostituzione nel 1944, fu membro della Direzione, per poi restare nel Partito socialista fino al 1961, quando appunto se ne allontanò per gravi dissensi con la Direzione nazionale e con la segreteria provinciale del Psi di Rovigo. Fu in questa vicenda, approfonditamente trattata nel libro attraverso l’esame di una fitta corrispondenza fra la Senatrice ed autorevoli esponenti del Partito socialista, che si coglie il nesso inscindibile che nel pensiero di Lina Merlin sussisteva fra “fede socialista” e tutela della libertà e della giustizia, anche individuali e non soltanto sociali.
Il nome di Lina Merlin è tuttora accostato alla legge del ’58 per l’abolizione delle “case chiuse”, nota appunto come “legge Merlin”: perché tale fama non rende ragione della dimensione culturale, umana e civile della parlamentare socialista?
Sebbene le precedenti riflessioni dovrebbero aver già dato sia pure sommariamente la misura del personaggio, e di come il suo profilo politico e umano travalichi una dimensione e una memoria soltanto schiacciate sulla famosa legge, tuttavia vorrei ricordare altriaspetti che contribuiscono a comporre un profilo più adeguato e fedele di Lina Merlin.
Su trentatré parlamentari socialisti e socialdemocratici eletti nel Veneto dal 1946 al 1958, Lina Merlin fu l’unica donna, sempre eletta dalla Costituente alla terza legislatura, prima al Senato e quindi alla Camera. All’Assemblea costituente, composta di cinquecento settantatré deputati, le donne erano ventuno. Lina Merlin non solo fu l’unica donna socialista eletta nel Veneto, ma dei quattordici deputati che il Psiup ottenne nella regione, fu la sola a svolgere un ruolo di rilievo, non soltanto sul piano formale, come unica esponente socialista veneta nella Commissione dei 75, ma ancor prima su quello sostanziale, per il peso effettivo che ella seppe esercitare nella redazione di alcune norme del testo costituzionale, in commissione e in Assemblea plenaria. Accanto a lei, nella Commissione dei 75, vi erano solo quattro donne: le democristiane Maria Federici e Angela Gotelli, e Nilde lotti e Teresa Noce, elette nelle liste del Pci. Assegnata insieme a Federici e Noce alla terza sottocommissione, deputata a redigere gli articoli sui Diritti e doveri economico-sociali, Merlin ebbe l’incarico di preparare la relazione sulle Garanzie economico-sociali per l’assistenza della famiglia, che presentò il 13 settembre 1946 insieme a un testo composto di tre articoli:
Art…: «Lo Stato ha il compito di assicurare a tutti i cittadini il minimo necessario all’esistenza per ciò che concerne gli alimenti, gli indumenti, l’abitazione, l’assistenza sanitaria; in particolare dovrà provvedere alla esistenza di chi sia disoccupato senza sua colpa, o incapace al lavoro per età e invalidità». Art…: «Alla donna sono riconosciuti, nei rapporti di lavoro, gli stessi diritti che spettano ai lavoratori. La remunerazione del lavoro di ogni cittadino, sia uomo o donna, deve assicurargli un’esistenza dignitosa, tenuto conto del carico familiare». Art…: «Le condizioni di lavoro devono consentire il completo adempimento della funzione sociale della maternità. Istituzioni assistenziali e previdenziali integrate, ove occorra, dallo Stato, tuteleranno la vita di ogni bambino».
Conclusasi la fase costituente, la sua personalità s’impose ancora in ruoli di spicco nel partito e in Parlamento. Più volte componente della Direzione, e nominata una prima volta nel Consiglio nazionale del 29 luglio 1945 a Roma e quindi confermata al Congresso nazionale del gennaio 1947, la Merlin fu responsabile del movimento femminile del Psi e componente dell’esecutivo della Lega nazionale delle cooperative.
In Parlamento, fece parte della Commissione speciale per le provvidenze a favore delle zone alluvionate della Calabria dal 1953 al 1958, e al Senato fu nella Commissione lavoro, emigrazione e previdenza sociale e nella Commissione istruzione pubblica e belle arti, della quale fu anche presidente. Alla Camera entrò nella Commissione igiene e sanità pubblica e nel febbraio del 1963 fu chiamata a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia.
Nel corso della sua incisiva e feconda attività parlamentare, Lina Merlin mostrò di saper cogliere tempestivamente alcuni nodi critici dei primi decenni del secondo dopoguerra, rivolgendo la sua attenzione soprattutto alla sfera sociale e del lavoro: fulcro dei suoi interventi in Aula furono la donna, nella società e nella famiglia, la scuola, l’insegnamento, la condizione operaia e bracciantile, il mondo del lavoro.
Per l’ampiezza quindi dei suoi interventi e delle sue battaglie in Parlamento e nel Paese, ricordare Lina Merlin unicamente per la Legge sull’Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui risulta senz’altro riduttivo, sebbene essa abbia senza dubbio costituito un passaggio cruciale del suo impegno politico: da lei presentata nel 1948, la legge entrò in vigore dieci anni dopo, nel ’58 dopo un iter complesso al Senato e alla Camera e grazie al costante impegno della Senatrice perché la proposta non fosse accantonata. Ma si trattò in realtà di un cambiamento cruciale per la società italiana stessa. Come Lina Merlin avrebbe ricordato con legittimo orgoglio, fu quella «la prima legge sociale della Repubblica». Abolendo la regolamentazione statale della prostituzione, l’Italia adeguava finalmente – quasi ultima fra i paesi europei – la propria legislazione alle direttive imposte dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, cui il paese aveva aderito dal 1955, ma senza rispettarne tempestivamente tutte le clausole, almeno in questa materia.
Monica Fioravanzo è professoressa associata di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali dell’Università degli Studi di Padova, dove insegna Storia contemporanea, Storia del giornalismo e Storia dell’Europa contemporanea; è membro del Consiglio Scientifico della Fondazione Filippo Turati di Firenze e del Direttivo del Centro d’ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Casrec) della Siscalt, del Comitato Scientifico dell’Istituto per la Storia della Resistenza di Vicenza, e membro del Comitato Didattico del Dottorato in Scienze Archeologiche, Storiche e Artistiche dell’Università di Verona. È membro del Comitato scientifico della rivista: “Storia e problemi contemporanei” e della rivista “Storia contemporanea in Friuli”. Più volte Visiting scholar all’Institut für Zeitgeschichte di Monaco, alla Freie Universität di Berlino e all’European Institute della Columbia University di NY, dal 2020 è ambasciatrice per l’Italia del progetto di ricerca internazionale “Ideologies in National Socialism”, promosso dall’Università di Düsseldorf e ha coordinato il progetto BIRD 2020 dell’Università di Padova su Rappresentazione e rappresentanza: la costruzione dei generi fra realtà e rappresentazione (1950-1975). I suoi temi di ricerca riguardano le relazioni fra Italia fascista e Germania nazista, la storia delle élites politiche in Italia nel 900 e inoltre la storia delle donne, con particolare attenzione alle relazioni transnazionali fra Italia, Francia e Repubblica democratica tedesca dagli anni ’60 in poi. Fra le sue pubblicazioni, Élites e generazioni politiche Democristiani socialisti e comunisti veneti (1945-62), Franco Angeli, Milano 2003; Mussolini e Hitler: la Repubblica sociale sotto il Terzo Reich, Donzelli, Roma 2009; Faschismus als „Exportartikel”: italienische Pläne für ein neues Europa (1932-1943), in Europa. Visionen und Praxis im 20. Und 21. Jahrhundert, a cura di Arnd Bauerkämper e Hartmut Kaelble, Metropol, Berlin 2021, e L’Europa fascista. Dal «primato» italiano all’asservimento al Reich (1932-1943), Franco Angeli, Milano 2022, di cui è in corso la pubblicazione in lingua inglese presso Berghahn di NY. Su Lina Merlin, ha pubblicato già parecchi saggi e organizzato nel 2018 un convegno internazionale presso l’Università di Padova.