
Quali vicende segnarono la sopravvivenza del patrimonio culturale greco e il suo passaggio da Bisanzio all’Italia?
Il fenomeno, cui qualche anno fa Nigel G. Wilson dedicò un volume intitolato proprio From Byzantium to Italy, è estremamente complesso e necessita ancora di indagini approfondite, come mostrano i diversi contributi raccolti nel nostro volume, frutto del lavoro di studiosi italiani e stranieri che interrogano le pagine dei manoscritti conservati nelle grandi Biblioteche d’Europa. Volendo individuare tre date fondamentali, si possono tuttavia riconoscere nel 1397, nel 1453 e nel 1494. Nel febbraio del 1397 il nobile Manuele Crisolora giungeva a Firenze ad occupare la cattedra di greco per lui appositamente istituita su impulso del cancelliere della Repubblica Coluccio Salutati: allora un’intera generazione di giovani umanisti si dedicò allo studio dei testi greci, per cominciare a tradurli e a rimetterli in circolazione. La caduta di Costantinopoli, poi, nel maggio 1453 ebbe profondissimo impatto su tutto il mondo dell’epoca: fu in quel momento che il cardinale Bessarione decise di raccogliere sistematicamente tutti i testi greci sopravvissuti, per riunirli in una grande biblioteca manoscritta che conservasse intatta la memoria di Bisanzio, fino al giungere di tempi migliori. Nel 1494, infine, Aldo Manuzio inaugurava a Venezia la serie delle sue stampe in greco. Fino alla morte, passò sotto il torchio una gran quantità di autori antichi: i libri da lui prodotti si sarebbero diffusi in tutto il mondo allora conosciuto e perfino nella terra di Utopia vagheggiata da Thomas Moore. L’approdo alle stampe segna in qualche modo la fine di una storia e l’inizio di un’altra.
Chi furono i principali artefici della trasmissione dei classici nell’Umanesimo?
Accanto ai nomi di Crisolora, Bessarione e Manuzio appena ricordati si potrebbero fare quelli di molti importanti umanisti quali Guarino da Verona, Francesco Filelfo, Leonardo Bruni, Lauro Quirini, Angelo Poliziano, cui sono dedicati importanti contributi raccolti nel nostro volume. Ma certo il passaggio di conoscenze avvenne anche per il tramite di figure indubbiamente minori, ma non meno importanti, quali quelle degli amanuensi che, spesso su committenza occidentale, trascrissero codici. Si tratta di personaggi di cui frequentemente non si è conservato il nome: soltanto ricerche puntuali e approfondite, condotte di solito sul doppio fronte della biblioteca e dell’archivio, condite da un po’ di fortuna, permettono di restituire loro un’identità e di ricostruire la loro biografia.
Quale centralità ebbe Firenze affinché il nascente Umanesimo potesse incamminarsi definitivamente sulla via del greco?
A Firenze, si diceva, insegnò per tre anni Manuele Crisolora. Fu allora che appresero il greco, tra gli altri, personaggi della levatura di Leonardo Bruni e Iacopo Angeli da Scarperia, che furono tra i primi a tradurre in latino testi classici e patristici fondamentali per il sistema culturale che stava costruendo l’Umanesimo. Insieme a loro studiava il ricchissimo e influentissimo Palla Strozzi, che mise insieme una delle prime e più splendide biblioteche greche dell’epoca (nel nostro volume si dà notizia del suo codice di Platone, riscoperto di recente a Tubinga). Più tardi, sempre a Firenze, Cosimo il Vecchio affidò a Marsilio Ficino il compito di tradurre tutto Platone, dando il via a un’operazione che avrebbe influenzato tutta la cultura occidentale. Alla fine del Quattrocento, poi, Lorenzo il Magnifico dette al bizantino Giano Lascari l’incarico di compiere due viaggi in Oriente per raccogliere, tra l’altro, manoscritti greci da destinare alla biblioteca di famiglia, quella che qualche decennio dopo sarebbe diventata la Biblioteca Medicea Laurenziana. Certo, non tutta la storia del passaggio di uomini e libri da Bisanzio all’Italia si è scritta a Firenze – Venezia, Roma, Milano, altri centri minori ebbero un ruolo importante –, ma molte cose sono indubbiamente successe in questa città.
David Speranzi è dottore di ricerca in Scienze del testo e del libro manoscritto. Attualmente è responsabile del Settore Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Allo studio dei copisti greci attivi nell’Italia del Quattrocento e alle biblioteche umanistiche ha dedicato due monografie (Marco Musuro. Libri e scrittura, Roma 2013, e Omero, i cardinali e gli esuli. Copisti greci di un manoscritto di Stoccarda, Madrid 2016) e numerosissimi articoli.
Stefano Martinelli Tempesta è professore associato di Lingua e letteratura greca presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna, tra l’altro, Storia e trasmissione dei testi letterari greci. Alla tradizione testuale di autori greci, con particolare attenzione all’attività dei copisti greci e alla storia delle biblioteche umanistiche, ha dedicato due monografie (La tradizione testuale del Liside di Platone, Firenze 1997 e Studi sulla tradizione testuale del De tranquillitate animi di Plutarco, Firenze 2006) e numerosi articoli.