
di Edoardo Novelli
Le Monnier Università
«Per la politica moderna ed i suoi leader la comunicazione è diventata un’ossessione e il grado di popolarità e di consenso presso l’opinione pubblica un requisito indispensabile da verificare e mantenere tramite continui interventi e sondaggi. All’interno di quella che è stata definita la nuova «scena pubblica mediatizzata», la gran parte, se non la totalità, dello scambio comunicativo fra rappresentanti e rappresentati si svolge tramite i mass media che, da semplice strumento, sono diventati protagonisti attivi, in grado di imporre anche alla politica i loro linguaggi e la loro logica. Molte le conseguenze di un tale cambiamento.
La trasformazione degli stessi attori politici, con l’evoluzione dei partiti di massa di tradizione novecentesca verso forme diverse e più sintoniche al nuovo ambiente, quali il partito leggero o il partito personale, e l’emergere della componente individuale e privata rispetto a quella politica e ideologica, tipica delle moderne leadership personalizzate.
Lo stabilirsi di una condizione di campagna elettorale permanente, caratterizzata dal sovradimensionamento della sfera comunicativa e propagandistica rispetto a qualsiasi altra, e dall’estendersi dell’atteggiamento di scontro e contrapposizione, una volta limitato al solo momento della campagna elettorale, a condizione stabile del confronto politico.
L’apertura a professionalità e competenze provenienti dall’esterno, in particolare dal mondo della comunicazione, della pubblicità, del marketing, portatrici di culture e valori differenti da quelli tradizionali della politica.
L’assurgere della logica dell’intrattenimento e del modello della competizione, propri del sistema televisivo e dell’informazione moderni, a linee guida dell’azione politica.
A questi fenomeni si aggiungono cambiamenti solo in parte indotti dalla comunicazione, ma da essa accentuati, quali il tramonto dei grandi paradigmi ideologici che ispiravano la politica ed i partiti nel motivare e promuovere la propria azione e il venir meno della partecipazione diretta e della militanza, almeno nelle forme tradizionali.
Se oggi la comunicazione ha dunque raggiunto per la politica una valenza strategica come mai in precedenza, è da sempre che i protagonisti della scena pubblica hanno prestato attenzione ai modi di apparire e di presentarsi, alle regole da seguire per risultare più efficaci, agli effetti suscitati sugli uditori dalle loro parole e dalle loro azioni. Da sempre l’attenzione alle forme e alle tecniche del consenso ha rappresentato una componente essenziale del potere, uno strumento imprescindibile nel bagaglio di ogni leader. Di allora come di oggi.
In fase introduttiva sono opportune alcune precisazione sulla natura e sugli obiettivi di questa antologia. La prima è che sotto il titolo Lezioni di propaganda non sono stati raccolti i grandi persuasori della storia e neppure casi esemplari di oratoria e capacità persuasiva, quali potrebbero essere alcuni famosi discorsi politici. Il volume si propone invece come una raccolta di testi sulla e intorno alla propaganda e cioè sulle sue regole e sui suoi meccanismi, sia teorici, sia pratici. La seconda è che, volutamente, la scelta è stata circoscritta a grandi protagonisti della scena pubblica delle varie epoche, in particolare leader politici, ma non solo. Consapevoli che gli studi e gli approfondimenti intorno al tema del consenso e della persuasione sono stati spesso elaborati da studiosi, teorici, consiglieri, non coinvolti in prima persona nella gestione diretta del potere, ciò che interessava era invece la consapevolezza e la conoscenza delle regole e dei meccanismi da parte di coloro che, per il loro ruolo, avevano la possibilità di metterle in pratica. Per alcuni dei casi proposti questi tre requisiti vengono a coincidere: si tratta infatti di testi intorno alla persuasione, scritti da protagonisti della scena pubblica e, al contempo, grandi propagandisti. È una conseguenza non voluta, che non fa che accentuare l’interesse intorno alle loro figure e ai loro scritti, ma che, come detto, non rappresenta il punto di partenza del lavoro.
L’antologia propone pertanto testi di diciannove autori lontani e differenti fra loro non solo per l’epoca storica nella quale hanno vissuto, ma anche per il ruolo pubblico ricoperto e la natura degli scritti selezionati.
Tra gli autori scelti per il livello del loro contributo critico e teorico, cioè la capacità di fissare le basi e definire i confini del tema della persuasione e della propaganda nelle diverse epoche storiche, primeggia sicuramente Aristotele, che nel IV secolo a.C. sistematizza il campo della retorica, stabilendo alcuni punti tutt’ora attuali e facendo compiere un enorme passo in avanti alla riflessione sul tema. Così come Tocqueville, il quale anche su temi quali la propaganda, l’opinione pubblica, l’azione delle masse, coglie negli Stati Uniti dell’Ottocento l’azione di meccanismi e regole differenti rispetto a quelle operanti nella vecchia Europa. O, ancora, Treves che nel 1900 chiede un netto cambio di passo, anzitutto teorico, nei criteri e nei fini della propaganda propri di un partito socialista e di massa.
Altri autori e testi sono stati inseriti per la conoscenza della pratica della propaganda, ossia la capacità di coglierne le tecniche, padroneggiarne i meccanismi, anticiparne gli effetti. È il caso della lettera inviata a Cicerone nel 64 a.C. dal fratello Quinto, nella quale illustra con grande consapevolezza i meccanismi, gli usi e anche le bassezze connessi ad una campagna elettorale, in cui le normali regole etiche e i legami di amicizia vengono sovvertiti. È il caso del brano tratto dal diario elettorale di Francesco de Sanctis, nel quale il critico letterario che non disdegnava il coinvolgimento diretto in politica, tramite l’artifizio retorico del contraddittorio con una figura immaginaria, illustra le debolezze degli elettori e i metodi per conquistarne la simpatia e il voto. È, ancora, il caso di Adolf Hitler che spiega sia le accortezze utilizzate e gli esperimenti fatti per suscitare maggiore impressione sull’animo e sulla coscienza delle sue platee, sia le regole e i sentimenti che le governano e le animano. O, infine, è il caso della lezione fuori programma tenuta da Malcom X sugli effetti e i condizionamenti della stampa.
Altri autori, infine, sono stati scelti in quanto con i loro testi documentano la diretta applicazione sul campo di alcuni principi e una prassi fortemente condizionata dall’anelito persuasivo. È il caso sia delle lettere inviate nel VI secolo d.C. dal papa Gregorio Magno, sia di alcune delle note contenute nella biografia di Napoleone Bonaparte.
Come già accennato, i testi sono differenti fra loro per natura, finalità e destinatari. È sufficiente dire che apre la rassegna un’opera teorica per eccellenza quale La Retorica di Aristotele, il grande precettore di Alessandro Magno, e la chiude il testo di una conferenza pubblica del predicatore nero Malcom X. Nel mezzo vi sono scritti politici: Toqueville, Mazzini, Lenin; testi religiosi: Lutero; lettere: Cicerone, Gregorio Magno, Lojola; diari: Napoleone, De Sanctis; articoli di giornale: Turati, Treves, Gramsci, Mussolini; manuali: XVI Corpo d’armata, Guevara; interventi pubblici: Mussolini, Mao, Majakovskij.
Molto differenti non sono solo i prodotti, ma anche le figure degli autori: rivoluzionari, dittatori, uomini di chiesa, filosofi, politici, artisti, militari. Tutti accomunati dall’essere protagonisti diretti della scena pubblica e dall’avere, a diverso titolo, ragionato intorno alle forme del consenso e della persuasione. Unico testo non appartenente ad una singola persona è il Manuale di Propaganda redatto nel 1918 dall’Ufficio propaganda del XVI Corpo d’armata dell’Esercito italiano, inserito per lo stretto rapporto fra guerra, consenso e propaganda che la Grande Guerra instaura e che potrebbe essere attribuito a un qualsiasi membro dello Stato maggiore dell’Esercito italiano.
Obiettivo di questa antologia è pertanto documentare come, nel corso dei secoli, il concetto e le pratiche della propaganda si siano evolute, parallelamente all’evolversi della scena pubblica e dei suoi protagonisti, delle forme di governo e di rappresentanza, e come, ad ogni epoca, abbia corrisposto una diversa idea della persuasione, ma anche come i principali protagonisti siano sempre stati consapevoli delle possibilità di influire sui comportamenti dei loro destinatari e della necessità di organizzare la loro comunicazione secondo determinate regole.
L’impiego nel titolo del termine propaganda, non intende disconoscere l’evoluzione, anche linguistica, subita dall’oggetto in questione, che nel tempo è andato infatti definendosi e cambiando nome. Se nell’antichità si parla di tecnica sofistica o di arte retorica per intendere il ragionare intorno ai meccanismi e alle regole del consenso e della persuasione, a partire dal Medioevo, in relazione all’azione promossa dalla Chiesa e dagli Ordini religiosi per la propagazione della fede e il contrasto dell’eresia, dal termine latino propagandare, cioè diffondere, si afferma il sostantivo propaganda, per intendere un’attività comunicativa, codificata e pianificata, volta ad influire sulle idee e sui comportamenti dei destinatari. Un percorso ufficializzato nel corso del XVII secolo dalla nascita del Pontificio Collegio Urbano de Propaganda Fide.
Alcuni secoli dopo, in conseguenza dell’uso di questi strumenti fatto, da una lato, dagli Stati coinvolti nella prima guerra mondiale e, soprattutto, dai totalitarismi del Novecento e, dall’altro, dal diffondersi di tecniche pubblicitarie e commerciali sempre più aggressive, nel corso del secolo propaganda diventa sinonimo di manipolazione della volontà, dei desideri, dei comportamenti dei destinatari, spesso operante al di sotto della loro soglia di coscienza. La parola acquista così una valenza negativa, tende a cadere in disuso e, sul finire del secolo, si inizia a preferirgli una definizione più neutra e fredda di comunicazione politica.
Fatte salve le rispettive differenze, retorica, propaganda e comunicazione politica si pongono lungo un unico asse evolutivo che conduce dall’antica Grecia ai giorni nostri. […]
Molti autori dell’età contemporanea, presenti nell’antologia, rivelano di aver colto l’importanza della nuova dimensione comunicativa e alcune delle principali teorie riguardo ad essa. Le loro lezioni si soffermano su aspetti centrali, quali la forza e il potere della stampa, il comportamento della folla, l’importanza della dimensione simbolica e psicologica, la potenza della parola, il connubio fra pubblicità e propaganda politica, sottolineando i mezzi per accentuarli o contrastarli. Altrettanto chiara è in loro la coscienza dell’importanza assunta, nel secolo delle masse, dalla dimensione organizzativa e quantitativa della politica. Linguaggi e numeri sembra infatti la formula perfetta per la propaganda del XX secolo.»