
Stiamo assistendo a un cambiamento epocale, simile a quello che caratterizzò il passaggio dalla cultura greca orale a quella scritta. Rivolgendosi in prima persona al lettore in una sorta di dialogo epistolare, l’Autrice gli ricorda – come avrà probabilmente già osservato egli stesso – come «la qualità della tua attenzione sia cambiata con l’aumentare della lettura su schermi e apparecchi digitali. Forse hai provato rimpianto per la mancanza di un certo qualcosa quando hai cercato di immergerti in un libro che prima amavi molto. Come nel caso di un arto fantasma, ti ricordi chi eri da lettore, ma non riesci a evocare quel «fantasma attento» con la stessa gioia provata in passato, quando ti sentivi trasportato in quello spazio interiore che si trova da qualche parte al di fuori del sé.»
Il rischio è di perdere la capacità di «lettura profonda» e di cadere nella trappola del «TLTR» (troppo lungo da leggere).
Si interroga allora la neuroscienziata sui giovani lettori e il loro futuro: «la combinazione della lettura su mezzi digitali e l’immersione quotidiana in una varietà di altre esperienze digitali – dai social media ai giochi virtuali – impedirà la formazione di processi cognitivi più lenti, quali il pensiero critico, la riflessione personale, l’immaginazione e l’empatia, che fanno tutti parte della lettura profonda? E la mescolanza di distrazioni ininterrottamente stimolanti per i bambini con l’accesso immediato a molteplici fonti d’informazione darà forse ai giovani lettori un minore incentivo sia a costruire le loro riserve di conoscenza sia a pensare in modo critico e autonomo?»
«In un ambiente che ci propone continuamente un eccesso di informazioni, molti sono fortemente tentati di ripiegare su contenitori familiari di informazioni facilmente digeribili, meno dense, che richiedano un minore impegno intellettuale. L’illusione di essere informati da un diluvio quotidiano di informazioni a misura di colpo d’occhio può far venire meno l’analisi critica delle realtà complesse.» La consapevolezza di quanto «una società democratica dipenda da un uso integro di questa capacità critica e di quanto essa possa atrofizzarsi rapidamente senza che ce ne rendiamo conto» dovrebbe allertarci e preoccuparci.
Da qui la necessità di «esaminare sistematicamente – dal punto di vista cognitivo, linguistico, fisiologico ed emotivo – l’impatto dei vari media sull’acquisizione e il mantenimento del cervello che legge».
E tuttavia non deve pensare il lettore che la Wolf sia contro la rivoluzione digitale, «anzi, è della massima importanza avere accesso alla crescente quantità di informazioni sull’impatto dei diversi media, se dobbiamo preparare i nostri figli […] a leggere bene e in profondità, con qualsiasi strumento.»
Perché «essere un buon lettore ha poco a che fare con la capacità di decodificare bene le parole; ha invece molto a che fare con la fedeltà a ciò che Proust una volta descrisse come il «cuore» della lettura: andare oltre la saggezza dell’autore per scoprire la propria.»