
Quali romanzi hanno al centro la donna, la maternità̀ e l’avere figli?
Interno familiare, novella di Anna Maria Ortese pubblicata nel 1953, è centrata sulla vocazione al matrimonio e alla maternità, sentimenti che affondano profondamente le loro radici nella società dell’epoca. Molti degli aspetti inerenti a questa visione del ruolo della donna sono presenti nel racconto Interno familiare, dove la protagonista, Anastasia, quarantenne non sposata che vive con madre e fratelli e sostiene economicamente la famiglia, incontra notevoli difficoltà a confrontarsi con la società retriva e a trovare il suo posto all’interno del nucleo familiare. Ortese affronta l’importanza della maternità con ironia introducendo alcuni personaggi femminili, sia sposati che nubili, donne sposate e presto madri, per i quali la vocazione materna è un fallimento. Nel vuoto dell’azione e dell’autorealizzazione, attraverso la protagonista Anastasia, Ortese trova il modo di affermare che la maternità viene definita come forma di creazione. Interno Familiare è quindi molto più di una trappola senza speranza per le donne, è un potente attacco all’idea portante del loro ruolo.
La figura femminile nel particolare mondo rurale della Sardegna è celebrata da Grazia Deledda. La narrativa della Deledda racconta di forti vicende d’amore, di dolore e di morte, nelle quali è immanente un inesorabile destino e cui fa da sfondo la terra di Sardegna che per lunghi anni, al tempo della Deledda, era caratterizzata da una certa cupezza d’ambiente. Nella sua prosa i luoghi e le figure si compenetravano, dando luogo a quadri d’autore di un mondo ancestrale e primitivo. Nel romanzo La madre, scritto nel 1920 e pubblicato nello stesso anno, la protagonista è una povera serva, che dopo anni di lavoro umiliante vede il proprio riscatto sociale nel figlio, simbolo della mobilità sociale ascendente: infatti diventa parroco, una figura importante del paese, dando lustro finalmente alla madre che tanti sacrifici ha fatto per lui. Improvvisamente si scatena l’impensabile. Il figlio prete sembra voler gettare la tonaca per una donna, e la madre vede i suoi sogni sfumare. Ma non sarà così; sarà lei a fare l’ennesimo sacrificio, lavando l’onta a prezzo della vita.
Una delle eroine più riuscite della Deledda è però Donna Noemi, protagonista del romanzo Canne al vento (1913). L’opera, ambientata nel villaggio di Galte, racconta la storia delle dame Pintor, tre sorelle nobili, ma prive di solidità economica, la vita delle quali viene sconvolta dall’inaspettato arrivo di un nipote mai conosciuto prima, Giacinto, che dilapida i loro averi e le porta verso la miseria. E tutto questo per un motivo inconfessabile: Noemi è segretamente innamorata di Giacinto, e la paura del peccato e dell’incesto la porta verso delle scelte di vita errate.
Come si delinea nei romanzi il quadro evolutivo della mortalità̀?
Ogni romanzo ha una visione della morte che ha come sfondo le caratteristiche della mortalità dell’epoca in cui il romanzo è stato scritto. Per avere una visione evolutiva occorre focalizzarci su romanzi di ampio respiro temporale, romanzi storici oppure romanzi dove si tratta di storie familiari di più generazioni. Quindi i temi in cui il libro è suddiviso che possono rispondere alla domanda sono sia la mortalità sia la famiglia.
Qui ricordo alcuni libri descritti nel capitolo della mortalità che maggiormente danno una visione diacronica del fenomeno.
Fantascienza, sovrappopolazione e fine della vita (morte procurata) rappresentano i temi de La fuga di Logan, romanzo di William Francis Nolan e George Clayton Johnson del 1967 e pubblicato in Italia da Mondadori nel 1976. Nel 2116 la sovrappopolazione del pianeta ha reso necessario un intervento legislativo che ha fatto sì che ogni individuo abbia una vita massima prestabilita di 21 anni. Ogni individuo nell’ultimo giorno di vita (vale a dire nel giorno precedente il suo ventunesimo compleanno) viene portato in un luogo in cui, durante una fastosa cerimonia, viene “terminato”. Il controllo dell’età è garantito dall’uso di cristalli colorati inseriti nel palmo della mano destra di ogni individuo, che variano a seconda dell’età della persona che lo porta, diventando neri nell’ultimo giorno.
Ovviamente molte persone cercano di sfuggire alla morte “programmata”, rendendo necessaria un’apposita squadra che ha il compito di catturare ed eliminare queste persone. Logan 3, un agente di questa squadra speciale, inizia a nutrire una crescente simpatia per i fuggiaschi e arrivato al suo ultimo giorno decide di unirsi a loro. La loro fuga finirà con la scoperta del “mondo esterno”, dove l’esistenza di un anziano con la pietra ormai spenta e grigia farà capire ai fuggiaschi che la durata della vita naturale è ancora possibile.
Le intermittenze della morte è un romanzo del Premio Nobel Josè Saramago (1997). La trama è piuttosto surreale perché il personaggio principale, la Morte appunto, decide di non venire più fra gli uomini. Questo accade in un paese e in un anno non precisato, durante la notte di Fine Anno. Una specie di sciopero, appunto, che va incontro al più grande desiderio dell’umanità: l’immortalità. Anche la Chiesa entra in crisi: senza la morte non esiste resurrezione e quindi addio al regno di Dio.
In questo caos apocalittico, come in ogni società che si rispetti, la “maphia” (con il ph) trova il modo di insinuarsi nelle lacune governative e di speculare sullo sgomento dei cittadini, trasportando i parenti in fin di vita al di là del confine, dove la morte è ancora in vigore, consentendo ai moribondi di passare a miglior vita.
Ma, come dice il titolo del romanzo, la morte è intermittente. Dopo sette mesi, ci ripensa e torna a fare il suo mestiere: le persone ricominciano a morire. Però sono cambiate alcune cose: la morte manda una lettera viola per avvertire del suo ritorno, così preavvertendo i cittadini che avranno una settimana di tempo per aggiustare i propri affari prima del momento in cui moriranno.
Ma il meccanismo non dura: si inceppa il giorno in cui la lettera viola indirizzata ad un violoncellista cinquantenne torna indietro al mittente, ovvero alla Morte che rimarrà la donna in cui si è trasformata bruciando la lettera con un vero fiammifero e dormendo con il musicista. “Il giorno seguente non morì nessuno”.
Quali romanzi hanno invece come sfondo i movimenti di popolazione?
I romanzi che hanno come sfondo i movimenti di popolazione sono moltissimi. Ricordiamo per primo Canale Mussolini (2010), vincitore del Premio Strega 2010, di Antonio Pennacchi. Il Canale Mussolini da cui prende nome il romanzo “è l’asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. I suoi argini sono scanditi da eucalipti immensi che assorbono l’acqua e prosciugano i campi; alle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi trovano rifugio. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce e punteggiata di città appena fondate, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord”. Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi. Con la sventura decretata dal padrone, il Conte Zorzi Vila, arriva la “decisione” di migrare, una famiglia fra le tante, spronata dal governo. E i Peruzzi ripetono, scrive Pennacchi: “In malora i Zorzi Vila e tuta l’Altitalia!”.
I flussi sono stati imponenti La famiglia Peruzzi si muove nella speranza di una vita migliore, di acquisire una condizione più vantaggiosa, di coltivare terre più fertili e di non essere tiranneggiata da gente come i Zorzi Vila. Alla partenza una sorpresa: il federale di una certa provincia li apostrofa con parole di propaganda, con parole inneggianti al Duce, alla patria e ai paesi che hanno dato loro i natali. Li esorta a lavorare duro, a rendersi conto che sono fortunati perché chi sa quanti vorrebbero essere al loro posto.
Dopo un viaggio sfiancante, l’arrivo. La zona è sì prosciugata, ma non ci sono alberi, non c’è erba, non c’è acqua. La reazione della nonna è il simbolo della sventura familiare: scoppia a piangere vedendo il deserto che li aspetta.
La luna e i falò è l’ultimo romanzo di Cesare Pavese, scritto tra il 18 settembre e il 9 novembre 1949 e pubblicato nell’aprile del 1950. Il romanzo presenta elementi autobiografici dello scrittore piemontese e racconta la storia di un uomo che, dopo aver vissuto per molti anni in America, torna nel paese natale sulle colline piemontesi (probabilmente a S. Stefano Belbo, luogo natale di Pavese) alla ricerca della sua infanzia. La vita da migrante fa da sfondo al romanzo. Nel Nuovo Continente il protagonista (conosciuto come Anguilla) aveva viaggiato a lungo e fatto fortuna. La sua speranza, tuttavia, era quella di tornare al paese dove aveva trascorso la sua infanzia. L’alternarsi del presente con il passato, i ricordi che provengono dai dialoghi fra il protagonista e l’amico costituiscono l’ossatura del romanzo e ne fanno il capolavoro di Pavese. La tristezza che pervade l’insieme dei pensieri e dei ricordi del protagonista narra il pessimismo (che potremmo definire leopardiano) dell’autore, che poco tempo dopo la fine della scrittura del libro si suicidò.
Quali sono i più significativi romanzi incentrati sulla vita familiare?
Alcuni punti fermi contraddistinguono Lessico famigliare di Natalia Ginsburg. Primo fra tutti il riferimento a personaggi reali della politica, le fughe e gli arresti durante il fascismo, ma anche i ricordi della montagna, dove tutti i ragazzi e la madre erano costretti ad andare perché il padre voleva “skiare”. Il linguaggio – il lessico famigliare, appunto – dove i dialoghi sono il riflesso dei rapporti affettuosi dei protagonisti – a poco a poco si inserisce nel cuore del libro, permettendo al lettore di apprezzarlo e afferrarlo al volo. Tra le parole della famiglia le più divertenti sono quelle che riassumono i rapporti del padre con la moglie e i figli. Il padre è uno scienziato e tutto ciò che non è scienza è “sempiezzi”, cioè sciocchezze, perdita di tempo, cose non serie. Un romanzo godibilissimo, imperniato sui rapporti familiari e sulle parole.
Tra le saghe familiari si ricorda La saga dei Forsyte di John Galsworthy. È la famiglia la protagonista del romanzo, ma fra tutti i suoi componenti e le generazioni Soames Forsyte emerge per la sua presenza, che attraversa tutto il periodo nel quale si sviluppano le vicende trattate. I Forsyte sembrano vivere per i soldi e hanno uno spiccato senso della proprietà, sicuri che i soldi possano comprare tutto. Sono l’incarnazione della classe dominante e hanno un marcato spirito di intraprendenza. Il vecchio Jolyon Forsyte è l’unico sensibile ai valori umani e che capisce i limiti della visione degli altri. L’intreccio delle vite dei protagonisti è dominato non solo dall’inseguimento del denaro e del prestigio sociale, ma anche dalla passione, in particolare di Soames per la moglie Irene, che lo ha sposato senza sapere perché e che da subito non ne potrà soffrire la presenza. Soames adora la figura di lei e vorrebbe che gli appartenesse completamente, corpo e anima. Agisce tuttavia con la donna come con le sue proprietà: con violenza la opprime con il suo potere di marito, soprattutto quando si rende conto che la donna non è più sua, perché innamorata di un altro, un architetto sensibile quanto Soames è materialista. L’architetto morirà in un incidente e Irene fuggirà, restando lontana dodici anni, fino a quando, di ritorno, si innamorerà del cugino di Soames Jolion e lo sposerà vivendo finalmente una relazione felice.
Fra i due rami della famiglia c’è una corrente di odio che rimarrà nel tempo, fino ad intaccare la generazione successiva quando il figlio di Irene e di Jolion, Jon, incontrerà la figlia di Soames, Fleur, avuta con la nuova moglie, la francese Annette. Il loro amore non potrà avere un esito felice. Il romanzo finisce con il dolore dei due giovani, con la partenza di Jon e Irene che non torneranno in Inghilterra e con i pensieri di Soames, che vedrà la sua vita passata e presente come un arido deserto.
In che modo il fenomeno dell’invecchiamento della società̀ fa da sfondo ai romanzi da Lei analizzati?
Le domande che mi sono posta nel capitolo del libro che riguarda la parte finale della vita riguardano la definizione di vecchiaia. A quale età la vecchiaia corrisponde ancora al decadimento fisico e mentale? Si tratta di un inesorabile declino? Le immagini della vecchiaia sono estremamente differenziate, non solo perché nel tempo si impongono definizioni diverse a causa del mutamento delle condizioni di vita, di salute, di attività. Ci sono differenze anche nella stessa epoca storica, a seconda del punto di vista di chi sta impostando le sue riflessioni. Nelle età anziane si distinguono infatti la fragilità (essenzialmente il declino delle forze) e la saggezza portata dall’esperienza. I romanzi che trattano del tema sono moltissimi e la scelta, come è ovvio, è stata soggettiva e difficile.
Il weekend, di Charlotte Wood (2019), è un libro su donne anziane, un gruppo di quattro amiche che improvvisamente si ritrovano in tre, per la morte di una di loro, Sylvie, colei che rappresentava la forza coesiva del gruppo. Le settantenni Jude, Wendy e Adele sono amiche da una vita e, per la prima volta, si trovano di fronte ad un evento – la morte di Sylvie – che ribalta tutte le loro sicurezze (e insicurezze) rispetto al loro stare insieme. La loro amicizia va in crisi con la perdita di Sylvie:
Prima erano in quattro, c’era una simmetria. Quando andavano in vacanza prenotavano due doppie. A tavola c’erano quattro posti, due per lato. Ora invece si era creato un vuoto terribile, innaturale (pag. 69)
Nella casa al mare dove trascorrevano le vacanze insieme, passeranno il Natale senza di lei, decidendo cosa dei suoi oggetti dovrà essere venduto, secondo quanto ha raccomandato Gail, la compagna di Sylvie. Il racconto procede seguendo il ritmo dei lavori per sgombrare la casa dalle cianfrusaglie, un atto metaforico, che va in parallelo con quel processo di sfrondamento dal “vecchiume” che si accumula con gli anni, ed il pensiero della vecchiaia e della morte.
Con molta ironia ma anche partecipazione, Wood svela poco a poco i caratteri e i fatti del passato, in un crescendo che culmina nella catartica crisi finale.
Fra tutti i meravigliosi romanzi di Hemingway, il più struggente è a mio avviso Il vecchio e il mare.
Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni lo aveva accompagnato un ragazzo, ma dopo quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio era decisamente e definitivamente “salao”, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo aveva ubbidito andando in un’altra barca dove prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all’albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand’era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne (pp. 114).
Santiago, il vecchio pescatore, e Manolin, il ragazzo al quale insegna a pescare e che gli trasmette la forza di ritornare a solcare il mare, sono i protagonisti, insieme al mare. La trama del libro si incentra sul duello fra il vecchio pescatore, che ricorda con alcuni flashback la sua gioventù e le sue avventure, e il pesce spada, la preda che finalmente interrompe il lungo periodo (ottantaquattro giorni!) in cui Santiago non era riuscito a pescare alcunché colpito da una sfortuna tremenda. Dura tre giorni la lotta. Finalmente Santiago ha la meglio: il pesce spada è stremato, e il vecchio lo uccide con la fiocina e ritorna verso casa. Tuttavia la pesca non avrà un vero successo perché la barca di Santiago sarà seguita dai pescecani, attirati dal sangue del pesce trainato, e quando il vecchio raggiunge la sua capanna del pesce rimane solo la lisca. La consolazione gli deriva dalla presenza di Manolin, che gli offre una birra e la sua comprensione.
Silvana Salvini, già Professore ordinario di Demografia presso l’Università degli Studi di Firenze. Tra le sue pubblicazioni recenti Popolazione mondiale e sviluppo sostenibile (Il Mulino, 2018), Quale “genere” di sviluppo? Le disuguaglianze di genere nella popolazione mondiale (CLEUP, 2021) entrambi scritti con Aurora Angeli dell’Università Alma Mater di Bologna, Il caleidoscopio africano. Un continente in lento cammino verso il progresso (Aracne, 2020), Globalizzazione: e la popolazione? (FUP, 2021), Le popolazioni del Mediterraneo (Aracne, 2023).