
Cosa rivela la rilettura dei manoscritti leonardeschi circa i suoi sforzi nell’acquisizione delle tecniche artistiche e ingegneristiche?
Nei taccuini e nei disegni a tema tecnico scientifico si percepisce una tensione costante verso l’innovazione. Che si tratti di catapulte e di torri d’assedio o delle innovative artiglierie, macchine tessili o sistemi di sollevamento, Leonardo non si limita a rappresentare la macchina ma cerca sempre di migliorarne l’efficienza. Le macchine per lui non sono soltanto oggetti curiosi da illustrare, nei suoi studi il disegno diventa esso stesso uno strumento di ricerca per esplorare nuove soluzioni meccaniche. Potremmo fare vari esempi ma un caso emblematico è certamente costituito dalle macchine per lo scavo dei canali. Dopo i primi studi degli anni Novanta nei quali Leonardo cerca di acquisire le tecnologie dei maestri d’acqua milanesi, nei primi del Cinquecento, interrogato per un preventivo per la realizzazione di un canale per Cesare Borgia, Leonardo ideò un sistema meccanico di scavo e di movimentazione terra che secondo i suoi calcoli avrebbe abbattuto i costi di realizzazione nell’ordine del 40% riducendo il numero di operai impiegati e i tempi di lavorazione. Leonardo non riuscì subito ad imporsi come ingegnere e dai suoi manoscritti emerge la tensione costante tra apprendimento delle tecniche e sviluppo di nuove soluzioni. Questo vale, ad esempio, per i suoi progetti di macchine tessili: i disegni rivelano una complessità e una modernità che non trova corrispondenza nella dimensione del lavoro rinascimentale prefigurando scenari di tipo industriale che si materializzano solo dopo la metà del XVIII secolo. E lo stesso vale per le tecniche artistiche, pensiamo alla Battaglia di Anghiari, che si danneggiò irrimediabilmente durante il processo forzato di essiccazione a cui Leonardo sottopose i colori, o i materiali usati nel dipingere il cenacolo che iniziarono a deteriorarsi già dopo pochi anni. I fallimenti di Leonardo e il suo non riuscire a portare a termine certi progetti rivelano in realtà la sua propensione alla sperimentazione e a voler sondare sempre nuove soluzioni anche per scopi utilitaristici ma in primo luogo perché egli vedeva nella riproduzione artificiale dei processi naturali il metodo per giungere ad una conoscenza sempre più approfondita della natura. L’ingegneria ha per Leonardo questo duplice valore utilitaristico ed epistemologico ed è, quindi, sia uno strumento per la costruzione del benessere sia un metodo di ricerca per studiare i fenomeni naturali. È in questa polarità tra dimensione operativa e concettuale che deve essere trovata la portata innovativa dei suoi studi dedicati alle arti meccaniche.
Quali tentativi fece Leonardo per riuscire a imporsi come ingegnere?
Quando nel 1482 Leonardo partì da Firenze per recarsi a Milano poteva contare su una solida formazione nell’ambito delle arti minori ricevuta nella bottega di Andrea del Verrocchio ma non aveva nessuna esperienza pratica come ingegnere. Tuttavia, i fogli dei suoi manoscritti riconducibili a questo periodo sono già molto densi di progetti ingegneristici di notevole complessità come il celeberrimo carro automotore. Appena giunto a Milano, inoltre, scrisse una lettera di presentazione a Ludovico il Moro nella quale puntualizza le proprie abilità nelle arti militari, manifestando la sua chiara intenzione nel voler intraprendere la carriera di ingegnere. Per tutti gli anni Novanta i suoi studi di idraulica, tecniche fusorie, arti militari e architettura sembrano più un interessamento dall’esterno che non un coinvolgimento diretto nei lavori. Di sicuro la vicenda della fusione del monumento equestre a Francesco Sforza, anche se non fu mai eseguita, aumentò notevolmente la sua notorietà come ingegnere poiché sia il modello in argilla che le forme di fusione costruite nel laboratorio di Leonardo erano di una complessità tecnica inedita per l’epoca: il solo cavallo era alto 7.20 metri e doveva essere fuso in un’unica colata con oltre 60 tonnellate di bronzo. Tuttavia, anche se queste sperimentazioni di tecnica fusoria ebbero un seguito documentato in artisti come Giovanfrancesco Rustici e Benvenuto Cellini, l’ambito ingegneristico per il quale in seguito furono riconosciute a Leonardo importanti consulenze non fu la fonderia ma l’idraulica. Subito dopo la partenza da Milano nel 1499 gli fu chiesta dalla repubblica di Venezia una consulenza su come usare le acque dell’Isonzo per fermare l’avanzata dell’esercito turco dal Friuli. Singolare dopo questa vicenda risulta un episodio che vede Leonardo protagonista del tentativo di farsi ingaggiare come ingegnere proprio dal Sultano turco Bayazid II come risulta da una lettera di presentazione rinvenuta in un archivio a Istanbul nella quale si menziona il progetto di un imponente ponte autoportante in un’unica campata lunga 400 metri e alta 40 da costruire sul Bosforo. Questa lettera non ebbe alcun seguito e non troviamo altre tracce di relazioni con ambienti turchi nei manoscritti di Leonardo. Al 1502 risale la testimonianza di un primo incarico a Leonardo come ingegnere, conferitogli da Cesare Borgia, per il quale effettuò principalmente rilievi topografici di ampie aree geografiche e fortificazioni del centro Italia, oltre a studi di fattibilità per lo scavo di canali nell’area romagnolo-marchigiana. Nel 1504 si occupò per la repubblica fiorentina del progetto di deviazione dell’Arno in modo da privare Pisa di un importante fonte di sostentamento e permettere all’esercito fiorentino di avere la meglio nell’assedio alla città che ormai durava da anni. I lavori furono addirittura avviati sotto la guida di un altro ingegnere ma presto si rivelarono una strada impossibile da percorrere con tempi e costi ragionevoli. Contestualmente a queste consulenze Leonardo continuò i suoi rilievi sulla valle dell’Arno per elaborare il progetto ancora più ambizioso di costruire un canale navigabile dalla città di Firenze al mare passando per le città di Prato, Pistoia e Lucca. Di Idraulica si occupò anche una volta tornato a Milano al servizio del governatore francese Charles D’Amboise per il quale realizzò tra le altre cose uno studio di fattibilità per la regimentazione del fiume Adda e mettere così in comunicazione il lago di Como con Milano. Le consulenze di idraulica continuarono anche dopo il suo trasferimento a Roma al seguito di Giuliano dei Medici, per il quale sviluppò il progetto di bonifica delle paludi pontine e il restauro del porto di Civitavecchia. Pure dopo il suo ultimo trasferimento, in Francia al servizio di Francesco I, oltre a portare avanti le proprie ricerche personali, segui per il re il progetto di ampliamento del suo palazzo di Romorantin compreso il riassetto urbanistico e idraulico della città.
Dove lo condusse il singolare percorso di ricerca attraverso la pratica e lo studio dell’ingegneria?
Gli studi di ingegneria costituiscono un aspetto fondamentale del metodo di ricerca di Leonardo. Le macchine, con la loro complessità cinematica e le loro implicazioni dinamiche, vengono a costituire per Leonardo un modello per lo studio e l’interpretazione della natura. Esse sono un tentativo di riprodurre artificialmente i fenomeni e le strutture naturali, per comprenderle e controllarle. In tal senso possono essere letti i suoi studi e i suoi progetti per la regimazione delle acque, sui forni metallurgici e, in maniera emblematica, quelli per le macchine volanti. Questi ultimi erano in primo luogo il tentativo di riprodurre meccanicamente il corpo degli uccelli. I leveraggi per l’azionamento delle ali presenti nei suoi disegni sono una sorta di protesi meccanica per trasformare il corpo dell’uomo in quello dell’uccello. Il tema del volo, tra i tanti percorsi di ricerca intrapresi da Leonardo, è certamente quello più audace che si pone come una sfida nei confronti della natura e che dimostra come l’ ingegneria, alla quale Leonardo si riferisce talvolta come “Seconda natura”, assume qui il significato più ampio di scienza applicata: dalla meccanica per riprodurre le articolazioni dei volatili, al design biomorfico per sfruttare le forme naturali delle ali, alla fisica dell’aria per capire come un corpo pesante possa sollevarsi e navigare in un mezzo rarefatto come l’aria. È riflettendo sul volo degli uccelli che Leonardo arriva a dare una delle definizioni più chiare del rinnovamento in atto sul piano della ricerca scientifica, parlando dei suoi studi come di una scienza sensibile. Un’attività di ricerca, cioè, che fa dell’integrazione tra riflessione teorica e sperimentazione empirica il cardine del suo metodo conoscitivo. Un altro tema nel quale l’ingegneria si eleva a scienza applicata è lo studio del moto perpetuo il quale si pone come la parte più avanzata delle sue ricerche sul movimento e ha implicazioni teoriche notevoli. Le sue ricerche sul moto lo portarono anche ad interrogarsi e a sperimentare le forze intrinseche agli elementi naturali nel tentativo di riuscire a riprodurre e controllare quel meccanismo in grado di generare il proprio movimento in maniera autonoma. Nel tentativo di trovare il sistema di produrre questo surplus di forza Leonardo approfondisce lo studio delle potenze naturali e della loro intrinseca connessione con i materiali, fino ad elaborare una teoria dei quattro elementi naturali (terra, acqua, aria fuoco) alternativa a quella tradizionale e a immaginare la catena dei fenomeni naturali e artificiali come dipendenti da relazioni reciproche di movimento e resistenza al movimento. In definitiva quindi l’ingegneria per Leonardo oltre che una professione diventa un metodo di ricerca per comprendere e sfruttare a scopi utilitaristici i fenomeni naturali.
Qual è l’eredità di Leonardo ingegnere?
Non è semplice parlare dell’eredità di Leonardo ingegnere. La maggior parte dei suoi studi fa pensare ad una continua sperimentazione che però non portò allo sviluppo di nessuna tecnologia specifica. Tuttavia, è proprio questa registrazione compulsiva e asistematica dei suoi interessi verso tutte le arti meccaniche che risiede la principale eredità di Leonardo ingegnere. A differenza degli altri ingegneri suoi contemporanei che conosciamo principalmente per le opere effettivamente realizzate o per i ruoli rivestiti nella gestione di conservazione di manufatti ingegneristici sia civili che militari. Pensiamo a Filippo Brunelleschi che non ha lasciato documentazione scritta ma soltanto Opere d’arte e costruzioni come la Cupola del duomo di Firenze, o altri come Francesco di Giorgio Martini, Lorenzo Ghiberti o lo stesso Michelangelo Buonarroti, per parlare soltanto delle figure più note, dei quali è ben documentata la biografia tecnica e troviamo le loro opere architettoniche in diverse aree geografiche. Leonardo, se si esclude la pittura, ha lasciato soltanto disegni e manoscritti con idee, progetti, sogni tecnologici e varie soluzioni tecniche da lui osservate nei cantieri e nelle botteghe di altri artigiani. Di Leonardo sono rimasti circa 6000 fogli tra manoscritti e disegni. Nessuno degli altri ingegneri si avvicina ad una produzione simile e seppure, come nel caso di Francesco di Giorgio Martini, esistano importanti trattati dedicati alle tecniche, nessun altro ha lasciato un numero tale di fogli dedicati alla propria professione. I manoscritti di Leonardo non sono pensati per la pubblicazione e costituiscono un monologo personale che documenta i suoi studi e le sue sperimentazioni durante l’arco della sua intera carriera. Questa sua enorme produzione di disegni e note manoscritte, come ho già detto costituisce di fatto una chiave di accesso privilegiata alla tecnologia e alla scienza rinascimentale, ed è proprio in questa dimensione di testimone del suo tempo che si deve ricercare il principale contributo di Leonardo ingegnere. In definitiva, quindi Leonardo riuscì sì a fare una carriera da ingegnere che però si risolse prevalentemente in consulenze e sperimentazione privata ed è proprio in questa dimensione privata che emerge il valore dei suoi studi sul piano dell’ingegneria speculativa e sperimentale. L’importanza del suoi studi ingegneristici, in definitiva risiede più in questa dimensione di ricerca che non nelle opere effettivamente realizzate ed è per questo motivo che possiamo parlare quindi di Leonardo tecnologo. Questo suo essere coinvolto talvolta dall’esterno nei progetti ingegneristici che gli lasciava il tempo e la libertà di esplorare nuove soluzioni e di usare la tecnologia come metodo di indagine dei fenomeni naturali gli ha consentito di sondare soluzioni e idee alternative e innovative che talvolta si sono materializzate secoli dopo come le macchine per la tessitura e le macchine volanti.
Una volta inquadrato nella giusta prospettiva storica resta da dire, tuttavia, che l’immedesimazione di Leonardo con la figura del genio universale nata durante il Novecento proprio con la riscoperta dei suoi manoscritti e della pluralità dei suoi interessi tecnico-scientifici, continua a svolgere oggi una importante funzione di ispirazione per la ricerca e per la formazione. Leonardo viene ad incarnare l’idea e il concetto stesso di creatività e inventiva.
Andrea Bernardoni è ricercatore all’Istituto e Museo di Storia della Scienza (Museo Galileo) di Firenze. È autore di numerose pubblicazioni di storia della tecnologia e della scienza medievale e rinascimentale.