“Le parole del Papa” di Alessandro Barbero

Prof. Alessandro Barbero, Lei è autore del libro Le parole del Papa edito da Laterza: quali sono le peculiarità del linguaggio con cui il Pontefice si rivolge all’umanità?
Le parole del Papa, Alessandro BarberoIl libro è un libro di storia, e anche se nel titolo il papa è al singolare, in realtà i papi nel corso dei secoli si sono rivolti al mondo con parole molto diverse. L’idea del libro è proprio di far vedere quanto il linguaggio dei papi nel Medioevo fosse diverso da quello che usavano i papi dell’età moderna, e poi da quello a cui siamo abituati oggi: in ogni epoca le parole del papa sono uno specchio del rapporto che la Chiesa ha col mondo in quella specifica fase storica, e nel corso dei secoli quelle parole sono cambiate così profondamente che sarebbe impensabile per un papa di oggi usare le stesse parole dei suoi predecessori di mille anni fa.

I Pontefici utilizzano ancora il plurale maiestatis?
Solo in latino! Francesco nell’enciclica Laudato si’ dice “Adesso, di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta” nella versione ufficiale italiana, ma “Nunc coram universali vastatione orbis terrarum, singulis personis terram incolentibus dirigere Nos volumus” nella versione latina.

Che ruolo hanno avuto nel corso della storia e in cosa si differenziano dagli altri documenti papali le encicliche?
L’enciclica è un’invenzione abbastanza recente. Infatti nel mio libro i testi che analizzo, fino all’inizio del XVIII secolo, sono bolle, non encicliche, cioè lettere inviate a uno specifico destinatario. Anche se di fatto le bolle più importanti venivano inviate in copia a così tanti destinatari da assumere un carattere pubblico, è solo nel 1745 che papa Lambertini, Benedetto XIV, introduce l’uso dell’enciclica, cioè della lettera aperta indirizzata a tutti i fedeli, o a tutta l’umanità. A partire da allora l’enciclica è il mezzo che i papi impiegano per i loro interventi teologici o politici più significativi.

Come è cambiata l’accoglienza che i pronunciamenti papali hanno ricevuto nel corso dei secoli? Sono più o meno ascoltati oggi che nel passato?
Il percorso del libro disegna una curva. Nel Medioevo i papi potevano suscitare violentissime opposizioni, ma i loro interventi non passavano mai inosservati. Dal Rinascimento al primo Ottocento l’urto con la Riforma protestante, e poi con la scoenza moderna, l’illuminismo, il liberalismo, la rivoluzione fa sì che i papi siano progressivamente ignorati, piuttosto che combattuti: il periodo che va dall’Ottocento alla prima metà del Novecento è probabilmente quello in cui i loro interventi sono stati meno ascoltati. Dalla metà del Novecento si disegna invece un recupero di autorevolezza, per cui le parole del papa sono di nuovo molto pubblicizzate e discusse, anche se la loro reale efficacia rimane discutibile.

Nel Suo libro Lei sostiene che se oggi il Papa utilizzasse il linguaggio adoperato dai suoi predecessori scatenerebbe fortissime reazioni: può farci qualche esempio?
Nel Medioevo un papa in urto con un imperatore non esitava a identificarlo con la Bestia dell’Apocalisse, e a parlarne proprio come di una bestia, con zanne e coda, e come d’un “cosiddetto imperatore”. Mentre è impensabile che un papa del Novecento potesse parlare anche di un Hitler dicendo “questa bestia”!

Quali considera, tra tutte quelle pronunciate nel corso della storia dai Pontefici, le parole più rivoluzionarie e gravide di conseguenze?
Dovendo scegliere un solo testo, direi quella lettera di Gregorio VII, nell’XI secolo, in cui dichiara che i sovrani non regnano per volontà di Dio, ma perché i loro predecessori hanno rubato e assassinato e hanno preteso di mettersi al di sopra dei loro pari, gli altri uomini. Da allora nella civiltà occidentale non è più stata possibile una mitizzazione acritica del potere come quella che esisteva invece negli imperi antichi, e l’idea che il potere è un furto non ha mai smesso di circolare, in modo più o meno sotterraneo.

Nell’era di Internet e dei social network, come evolverà, secondo Lei, la modalità di comunicare dei Papi?
Direi che la parola avrà di nuovo maggiore efficacia. Papa Wojtyla, considerato un grande comunicatore, comunicava in realtà con l’immagine: col gesto, con l’espressione del volto, solare all’inizio, poi tragica negli ultimi anni. Era il papa dell’era della televisione. Internet e i social network si alimentano anche di immagini, ma danno alla parola un posto molto più importante rispetto alla televisione.

Oltre che docente universitario, La conosciamo ormai come personaggio televisivo e apprezzato divulgatore: come concilia notorietà e rigore accademico?
A fatica! La divulgazione televisiva, per esempio, esige una semplificazione che talvolta sarebbe inaccettabile in un discorso accademico. L’importante, credo, è mantenere ben distinti i diversi ambiti.

Quali sono i Suoi prossimi progetti letterari?
Per ora non ho romanzi in programma!

Alessandro Barbero è Professore Ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. È autore di numerosi saggi storici, tra i quali: L’aristocrazia nella società francese del medioevo. Analisi delle fonti letterarie (secoli X-XIII), Cappelli; Un’oligarchia urbana. Politica ed economia a Torino fra Tre e Quattrocento, Viella; Carlo Magno. Un padre dell’Europa, Laterza; Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano, Laterza; Costantino il Vincitore, Salerno Editrice

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