“Le parole del museo. Un percorso tra management, tecnologie digitali e sostenibilità” di Ludovico Solima

Prof. Ludovico Solima, Lei è autore del volume Le parole del museo. Un percorso tra management, tecnologie digitali e sostenibilità edito da Carocci, appena reso disponibile nelle librerie e negli store digitali. Perché ha sentito la necessità di scrivere un nuovo libro sui musei, a distanza di quasi 25 anni dal primo lavoro che ha pubblicato sulla loro gestione?
Le parole del museo. Un percorso tra management, tecnologie digitali e sostenibilità, Ludovico SolimaHo pubblicato questo libro spinto dal desiderio di condividere ciò che ho imparato e compreso sui musei in tutto questo tempo. Nel corso degli ultimi anni ho infatti avuto la possibilità di svolgere non solo un’attività di studio e ricerca, ma anche di affiancare diversi istituti nei loro processi di gestione, a partire dal momento fondamentale della pianificazione strategica. Ho avuto, in altri termini, l’opportunità di osservare il funzionamento dei musei da un diverso punto di vista, più interno, che mi ha consentito di comprendere meglio le problematiche che un Direttore deve affrontare ogni giorno e le criticità e gli ostacoli che spesso si frappongono rispetto all’effettiva possibilità di raggiungere gli obiettivi individuati.

Per la restituzione di questa mia nuova visione dei musei, che ritengo quindi più consapevole rispetto al passato, ho deciso di utilizzare un approccio altrettanto nuovo, basato sulla creazione di un libro dai contenuti destrutturati, che potessero cioè essere letti non solo e non tanto in modo sequenziale – come generalmente accade in un testo – ma anche in modo trasversale, lasciando quindi al lettore la possibilità di definire in autonomia il proprio percorso di approfondimento dei contenuti del libro. L’idea di fondo è infatti quella che esistono una pluralità di temi da affrontare nell’analisi della gestione del museo ma che esiste al contempo una molteplicità di punti di vista che possono portare a identificare in modo soggettivo le relazioni esistenti tra questi temi. Un approccio fluido, insomma, almeno quanto mi sembra fluido e imprevedibile lo scenario nel quale stiamo vivendo in questo momento.

A chi si rivolge questo testo?
Il libro è stato concepito considerando diverse possibili tipologie di lettori: in primo luogo, esso è rivolto a quanti lavorano insieme ai musei: al loro interno, quindi “nei” musei, sia in posizione apicale che ai livelli inferiori della struttura organizzativa; inoltre, a chi lavora “per” i musei, cioè tutti gli individui e le organizzazioni che attivano rapporti di collaborazione con un istituto, per supportarlo nello svolgimento delle proprie attività; poi, a coloro che lavorano “con” i musei, stabilendo delle relazioni utili alla realizzazione dei loro progetti, artistici o culturali. In secondo luogo, il volume è stato pensato per finalità di tipo didattico ed è quindi anche destinato ai colleghi che insegnano in corsi di laurea triennali o magistrali materie connesse alla gestione dell’arte e della cultura. Infine, a tutti coloro che sono interessati, in senso più generale, ad approfondire alcuni temi legati al funzionamento dei musei.

Che ruolo può svolgere, in una società come quella odierna, l’istituzione museale?
Un museo deve ritagliarsi un ruolo adeguato ad una società in costante mutamento, superando una certa tendenza all’inerzia e alla conservazione dello status quo. Il museo deve cioè essere in grado di rispondere alle richieste espresse dalla collettività – in prima battuta, rappresentata dalla comunità dei residenti e dagli operatori attivi nel territorio di appartenenza – non solo in termini di conservazione, creazione e diffusione delle conoscenze in ambito culturale, ma anche rispetto ad un più ampio profilo sociale e ambientale.

Come ha infatti correttamente posto in evidenza il Presidente dell’Icom Albero Garlandini, nella Prefazione al mio volume, «Icom discute da tempo qual è l’impatto globale sui musei delle sfide che le comunità in cambiamento stanno affrontando: ineguaglianze e razzismo, migrazioni e inclusione, diversità e decolonizzazione, rivoluzione tecnologica e urbanizzazione, crisi climatica e pandemie». Queste sfide, peraltro, evolvono costantemente – ne è drammatica testimonianza la recentissima invasione dell’Ucraina da parte della Russia – e quindi occorre che il museo sia capace di mettere costantemente in discussione il proprio ruolo, adeguando i propri obiettivi strategici alle esigenze della società.

Quali sono le questioni più spinose che si pongono oggi all’attenzione della Direzione di un museo?
A mio modo di vedere, uno dei principali problemi dei musei italiani è rappresentato dalla scarsità e/o insufficienza delle risorse effettivamente disponibili, sia sotto il profilo delle risorse umane sia rispetto alla dotazione di risorse finanziarie. La mancanza di risorse adeguate può infatti limitare il raggio di azione dei musei, costringendoli a definire in modo molto conservativo lo spettro delle proprie attività. Si pone dunque il tema della sostenibilità, che peraltro va valutata non solo nella sua dimensione economica ma anche considerando quella ambientale, tenendo nella dovuta considerazione, ad esempio, la necessità di contenere i consumi energetici o piuttosto l’importanza di svolgere un’azione di sensibilizzazione della collettività nei confronti del cambiamento climatico.

Questa considerazione impone dunque un allargamento della prospettiva strategica dei musei, che risulti in grado di recepire le sempre nuove istanze espresse dalla collettività, anche da questi punti di vista. Le risorse, occorre però ribadirlo, non sono solo quelle finanziarie, ma anche quelle legate alle variegate e sempre nuove professionalità di cui il museo ha bisogno. In questo, il ruolo della formazione, interna o esterna al museo, assume un valore e un’importanza fondamentale.

In che modo il museo può sviluppare un rapporto virtuoso con le nuove tecnologie digitali?
Le tecnologie digitali stanno progressivamente accrescendo la loro importanza, anche in ambito museale: dalla realtà aumentata all’intelligenza artificiale, dai beacon alla cd. Internet of Things, dalla blockchain ai podcast, sono sempre più numerose le soluzioni a disposizione del museo per migliorare l’uso delle risorse di cui dispone e l’efficacia dei propri processi di conservazione e valorizzazione delle proprie collezioni. Le tecnologie digitali – occorre ricordarlo – sono uno strumento fondamentale a disposizione del museo: un mezzo, però, più che un fine. Quindi, è necessario che esse vengano usate per uno scopo preciso e non invece perché risultano sempre più popolari e diffuse.

Ciò detto, occorre individuare la migliore tecnologia per ogni specifico fabbisogno che il museo esprime e capire come essa vada sfruttata al meglio per raggiungere gli obiettivi prefissati. Infatti, non sono infrequenti i casi in cui i musei denotano difficoltà nell’appropriarsi dei benefici delle tecnologie digitali, in quanto non dispongano delle competenze interne per dialogare con i soggetti che sviluppano soluzioni basate su tali tecnologie; questo limite può ingenerare la propensione del museo ad assecondare progetti non necessariamente utili per sé stesso, ma che risultano invece ben più utili per coloro che li realizzano.

Per altro verso, va osservato – come ho accennato nel mio libro – che il museo deve attrezzarsi per aumentare progressivamente la propria offerta di risorse digitali, realizzando materiali sempre più ricchi e variegati, nei contenuti e nei formati, in modo da massimizzare il loro valore d’uso nonché il coinvolgimento delle persone alle quali questi contributi sono destinati, anche al fine di rafforzare il legame esistente con loro. Le risorse digitali prodotte dal museo devono quindi essere facilmente accessibili e comprensibili; inoltre devono risultare facilmente condivisibili e socializzabili, sia verso l’interno sia verso l’esterno, mediante qualsiasi piattaforma che risulti compatibile con le loro specificità. La messa in rete di un contenuto digitale – ad esempio, attraverso un post su una piattaforma di social media – deve in altri termini non tanto e non solo costituire l’esito finale di un’attività di comunicazione del museo, quanto piuttosto rappresentare un momento di “innesco” di un processo virale di diffusione e creazione di ulteriori contenuti digitali, attraverso la partecipazione attiva degli utenti.

Quali strategie di audience development si sono rivelate vincenti?
Le strategie di audience development possono essere verticali – dirette quindi ad aumentare i pubblici attuali del museo – oppure orizzontali, dirette quindi ad accrescere la capacità di attrazione del museo nei confronti di nuovi pubblici. Nel primo caso, l’obiettivo è quello di una crescita quantitativa della domanda, nel secondo caso – invece – di un suo sviluppo sotto il profilo qualitativo. Ecco, io credo che questa seconda tipologia sia particolarmente importante, perché il museo deve essere in grado di rivolgersi a tutta la società e non solo a porzioni di essa, migliorando costantemente il proprio livello di accessibilità. Sotto questo profilo, non va sottovalutata la necessità di misurare i risultati ottenuti attraverso le azioni di audience development, mediante la raccolta di dati empirici e la messa a punto di indicatori specifici, che consentano di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi operativi stabiliti dal museo all’interno del proprio Piano Strategico.

Ciò detto, uno delle sperimentazioni che ha prodotto risultati di grande interesse, che ho avuto modo di seguire personalmente, dal momento del suo concepimento sino alla successiva implementazione, è stata la realizzazione del videogioco prodotto dal MANN, “Father and Son”, che tra poco vedrà il rilascio di una seconda “puntata”, dopo l’enorme successo del primo episodio – oltre 5 milioni di download – registrato a livello mondiale. Il museo ha infatti tratto da questa esperienza una molteplicità di benefici, in primo luogo in termini di immagine, tenuto conto che nella percezione collettiva i musei sono ancora spesso ritenuti luoghi statici e noiosi, anche se ricchi di opere belle e potenzialmente interessanti. Un museo che decide di produrre un videogame viene invece considerato un soggetto dinamico e innovativo e dunque osservato sotto una luce diversa, ben più favorevole, migliorando quindi l’apprezzamento nei propri confronti. Il videogame ha inoltre consentito la creazione di un legame emozionale con il museo, che ha contribuito anche al miglioramento della sua visibilità, accessibilità e attrattività.

Quali sono le principali criticità con le quali il museo dovrà confrontarsi nel corso dei prossimi anni?
A mio giudizio, uno dei temi centrali per i musei contemporanei è quello della sostenibilità, considerando il contributo che il museo è chiamato a dare allo sviluppo delle comunità di riferimento, alla crescita del capitale umano, al miglioramento della qualità della vita e allo sviluppo economico e sociale dei territori con i quali più direttamente si relaziona. Tutto ciò non può non essere messo in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile, cioè i 17 obiettivi generali, articolati in 169 obiettivi specifici, approvati nel 2015 da tutti i paesi aderenti all’ONU, attraverso i quali si è pervenuti alla definizione di un piano generale di azione per la promozione di uno sviluppo sostenibile da portare a compimento entro il prossimo 2030.

Ludovico Solima è Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese e docente di Management delle imprese culturali presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli”; insegna anche alla Luiss di Roma ed è docente di “Management dei musei” presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È componente del CdA dell’Università di Napoli “L’Orientale” e della Reggia di Caserta. Da oltre 25 anni, Solima realizza studi teorici e svolge ricerche sul campo, per conto di istituzioni pubbliche e private, in ambito museale e culturale. È autore di oltre 130 contributi scientifici su libri e riviste nazionali e internazionali. Nel 2018 ha pubblicato il volume Management per l’impresa culturale nella collana “Studi superiori” di Carocci Editore. Nella stessa collana, ha pubblicato nel 2022 il volume Le parole del museo, con la prefazione di Alberto Garlandini, Presidente dell’Icom.

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