
Come si è cristallizzata, nell’immaginario collettivo, la figura del Conte?
Ecco, sono totalmente d’accordo, la figura si è, per l’appunto, cristallizzata. Cristallizzata, impoverita e banalizzata. E proprio a confronto con quella figura, il Conte del romanzo risulta incredibilmente meno prevedibile e più ricco e complesso. In realtà, sono addirittura del parere che il personaggio di Dracula e il suo autore, tra le altre cose, abbiamo in comune proprio l’aspetto della poliedricità. Incredibile ma vero, Dracula compare pochissimo nel romanzo (come sottolinea molto efficacemente Alessandro Baricco), e nonostante ciò, da quei pochi interventi, trapela tutta la ricchezza delle sue sfaccettature. Dracula il vampiro, Dracula il seduttore, Dracula il guerriero, il poliglotta, lo straniero, il forestiero. Lo stesso Stoker, c’è chi lo testimonia, non amò le luci della ribalta, nel senso che fu geloso della propria vita privata, della quale ancora oggi poco si sa, e molto si ipotizza. Anch’egli, dunque, apparve poco sulla scena, eppure è facile intuirne le molteplici sfaccettature e la curiosità intellettuale. Difficile, dunque, “etichettare” Stoker e banalizzarne la personalità, così come, allo stesso modo, riduttivo cercare di farlo col suo personaggio più famoso (e col relativo romanzo). Eppure è questo, che è stato fatto. Il Dracula personaggio è stato banalizzato, fissato in uno stereotipo del quale non riusciremo probabilmente a liberarci, perché in fondo quello stereotipo è largamente apprezzato (e qualche volta anche apprezzabile, se vogliamo). E allora, ecco che solo a nominarlo, Dracula, già la nostra mente ha elaborato l’immagine di un individuo alto e magro, con un mantello nero, un rivolo di sangue che gli scorre lungo il mento, i canini lunghi ed eccezionalmente bianchi, e (perché no) un pipistrello che gli svolazza vicino.
In realtà, come già accennato, l’immagine appena descritta non è altro che la pallida e sbiadita copia del Conte del romanzo. Coloro che si approcceranno per la prima volta al testo, scopriranno con stupore che il vampiro che vi compare (comparire, compare poco, aleggia, più che altro) è tutt’altro che stereotipato.
Alessandro Baricco ha affermato: «Vorrei pensare al Conte Dracula dimenticando tutto ciò che è successo dopo Bram Stoker. Smetterla di immaginarsi Mina Harker con la faccia di Winona Ryder»: cosa ha in comune il personaggio creato dal mondo del cinema con quello ideato da Bram Stoker?
Da estimatrice di Stoker, trovo il pensiero di Baricco davvero condivisibile. Anche solo durante la campagna di crowdfunding per la promozione del saggio, mi è successo tante volte di spiegare su cosa vertesse il mio lavoro e di rendermi conto che chi avevo di fronte pensava mi riferissi al film di Coppola, non a un romanzo. Tuttavia, voglio spezzare una lancia a favore del film in questione, pellicola, dal mio punto di vista, apprezzabilissima, e nella quale, molto più che in altre, si legge chiaramente l’intento di rifarsi in maniera quanto più possibile fedele al romanzo e di trasporne in immagini la grande ricchezza di sfumature. Il film non solo è un omaggio al capolavoro di Stoker, ma con tutta probabilità ha anche avuto il merito di riportare all’attenzione globale la storia del Conte in maniera, come ho detto, ben più fedele di quanto non avessero fatto altri in precedenza. Il cinema di certi anni prima, al contrario, con approccio ben più semplicistico, aveva contribuito enormemente a cristallizzare l’immagine del vampiro “pallido ma bello”, un byronico gentleman fatale dai canini prominenti. Intendiamoci, io amo i vecchi film di vampiri “in smoking” alla Christopher Lee, col volto cereo, gli occhi sbarrati e il mantello dalla signorile eleganza. Semplicemente sono un’altra cosa rispetto al Conte Dracula originale.
Rimanendo in ambito cinematografico, mi sembra che negli ultimi anni vi sia stata un’inversione di tendenza, la quale però, ancora una volta, ha continuato a privilegiare e sviscerare solo uno, dei tanti volti del celeberrimo personaggio. Si è cominciato a enfatizzarne maggiormente gli aspetti di guerriero e crociato, tralasciando, anche questa volta, ulteriori lati interessanti. Al contrario, il personaggio del romanzo (chi lo legge non potrà che essere d’accordo), riassume in un’unica creatura tutti gli elementi sin qui evidenziati, ed è, perciò, molto più ricco e complesso delle semplificazioni successive. Leggere per credere!
Quanto, nel racconto stokeriano, è frutto dell’immaginazione dell’autore e quanto invece egli ha mutuato dalla letteratura gotica e dal folklore?
Stoker elabora e tratteggia sapientemente un personaggio complesso e sfaccettato, che contiene elementi del folklore, elementi della letteratura gotica precedente, caratteristiche di personaggi della letteratura non gotica (il Satana di Tasso, ad esempio), elementi derivanti dall’esperienza in teatro, dalla conoscenza più che approfondita di Shakespeare, dal tipo criminale di Lombroso, dal Vlad storico. A tutto ciò si aggiungono, ciliegina sulla torta, preziosi elementi originali.
Originale, rispetto al passato, è l’ambientazione nella quale il personaggio si muove (la Transilvania al posto della più classica Stiria di Le Fanu o della Grecia di Polidori, alternata alla Londra vittoriana). Originali sono sia il passato di condottiero valoroso del personaggio, che la dimensione di storicità che lo scrittore irlandese gli conferisce. Originale è il fatto che il Conte Dracula non si configuri più, come altri vampiri prima di lui (intesi sia nel senso più canonico del termine che come “saprofiti psicologici”), come minaccia per il benessere fisico o psicologico delle proprie vittime, bensì come minaccia per l’intero ordine costituito.
Del vampiro folklorico il Conte mantiene alcuni precisi elementi, quali la caratteristica di succhiare il sangue, la capacità di mutare forma, quella di parlare con gli animali, di temere l’aglio, di non poter entrare in un luogo se non invitato e di poter essere annientato con un paletto nel cuore o con la decapitazione.
Dal vampiro letterario, Dracula eredita la caratteristica di essere un nobile, il carattere fortemente antiborghese, la potente carica erotico-sensuale.
In realtà, al di là del mero elenco di elementi vecchi e nuovi, gran parte dell’originalità dello scrittore irlandese sta non solo nell’aver sapientemente combinato questi elementi in un’unica figura, bensì anche nel romanzo in sé, nel modo in cui è stato delineato il contesto in cui inserire il Conte, nella descrizione e scelta di altri personaggi, nella tecnica narrativa.
Quale approfondito studio di carattere storico ha svolto Stoker per la sua creatura?
Dalla lettura del saggio emerge con estrema chiarezza che Stoker si documentò moltissimo, per scrivere il suo capolavoro. All’interno degli appunti preparatori dell’autore, costituiti da note, passaggi trascritti, riferimenti, richiami personali, bibliografie, si trovano riferimenti a circa una quarantina di testi, fra libri e articoli. Pare, addirittura, che Stoker, nelle sue note, avesse trascritto delle conversazioni e descrizioni di luoghi. Di un tale lavoro di ricerca l’autore si avvalse soprattutto per delineare gli eventi e le ambientazioni dei primi tre capitoli del suo capolavoro. Quando parliamo di studio di carattere storico effettuato da Stoker, questo va inteso soprattutto come indagine e approfondimento relativi al folklore, alle tradizioni, superstizioni e usanze di determinate aree geografiche, ma anche alla loro situazione geopolitica. Indubbiamente, l’autore sapeva della figura storica di Vlad Ţepeş, tuttavia non è ancora chiaro da quali fonti attinse o da chi ne sentì casualmente parlare la prima volta. Quale che sia la risposta, come qualcuno giustamente osserva, la difficoltà non stava tanto nel comprendere quali fossero le caratteristiche reali del Dracula storico, quanto nel situare la sua patria nel romanzo in maniera puntuale da un punto di vista geopolitico. A tal proposito una cosa, a mio avviso, deve essere perfettamente chiara: in passato, il valore del romanzo è stato tristemente ridimensionato anche a causa di coloro che pretendevano a tutti i costi di attribuirgli, pretestuosamente, un valore documentaristico/storico. In realtà, proprio la giusta rivalutazione di altri aspetti del testo, relativi all’impianto narrativo, al valore letterario e all’universalità dei temi trattati, aiuterà a comprendere come non sia davvero importante determinare (come molti hanno preteso di fare in passato) quanto le fonti di cui lo scrittore si avvalse fossero affidabili o meno (e, di conseguenza, anche quanto lo sia il romanzo), poiché il valore di questo testo sorprendente prescinde da eventuali lacune di tipo storico/documentaristico, che in nessun modo ne sminuirebbero il valore.
Sara Alice Manis è laureata in Lingue e Letterature straniere a Cagliari e ha conseguito nel 2008, presso la SSLMIT di Forlì, una seconda laurea in Interpretariato di Conferenza. Lavora come commerciale estero ma ha sempre amato la lettura e la letteratura. L’incontro coi classici ha fatto nascere in lei il sogno di diventare scrittrice, col tempo sempre più insistente. Il saggio critico Le origini di Dracula. Il capolavoro di Bram Stoker rappresenta il suo esordio letterario. Il prossimo sogno, però, fa già capolino: scrivere un romanzo.