
di Salvatore Minolfi
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press
Che la guerra russo-ucraina non sia stato un fulmine a ciel sereno ormai è storia, ma quali sono stati realmente i prodromi che hanno portato all’invasione del 24 febbraio 2022? Salvatore Minolfi li descrive uno per uno, sottolineando come questa guerra somigli moltissimo a una matrioska. A ogni componente corrisponde un conflitto combattuto sul campo, con strategie politiche oppure economiche. Chi vincerà? E perché?
Ci si muove, ovviamente, sul piano delle preliminari congetture, ma allo stato delle attuali conoscenze non è possibile andare oltre.
La guerra russo-ucraina viene indicata dall’autore come il prevedibile risultato di uno scontro di potere che, in forme e fasi differenti, ha attraversato la storia dell’Europa dalla fine della guerra fredda. In questo contesto, l’esclusione della Russia dai due più importanti processi politici della nuova epoca – il doppio allargamento dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica – ha posto le premesse per lo sviluppo di relazioni sempre più conflittuali che hanno dissipato, nell’arco di un trentennio, le speranze generate, nel 1989, della conclusione pacifica del confronto bipolare.
L’Ucraina è diventata il catalizzatore di un confronto caratterizzato dall’opposizione russa alle politiche dell’unipolarismo americano, sostenute e incoraggiate invece dalla «Nuova Europa», la costellazione dei paesi dell’ex-sfera di influenza sovietica – ora membri Nato e UE – che condividono con Washington l’obiettivo di disarticolare le relazioni russo-tedesche, trasformando così profondamente gli equilibri geopolitici del Vecchio Continente.
Non è la prima volta che si combatte in Europa da quando la guerra fredda è terminata. La novità, invece, è che – dopo una lunga serie di conflitti di rilevanza periferica, per le loro implicazioni di carattere geopolitico e strategico – la guerra russo-ucraina sposta il cuore del conflitto militare in una scena centrale e impegna attori rilevanti per gli equilibri complessivi del sistema internazionale. In breve, avverte Minolfi, riapre l’orizzonte di una major war.
La guerra in Ucraina è come una matrioska. La bambola madre è rappresentata da una guerra interstatale, originatasi dall’invasione russa, le cui premesse operative rimandano, seguendo l’analisi di Minolfi, alle vicende del 2014, anno in cui la Russia si annetté la Crimea e appoggiò apertamente il movimento secessionista nella regione del Donbass.
La seconda matrioska è la guerra per procura, ovvero la proxy war tra Stati Uniti e Federazione russa. La terza è correlata ai caratteri della guerra tra due paesi – Russia e Ucraina – legati da vicende storiche, demografia, relazioni socio-culturali, al punto da poter parlare di “guerra civile” nello spazio post-sovietico.
Il quarto strato è ancor meno visibile, poiché lo sviluppo del conflitto ha decretato il totale azzeramento della politica estera tedesca dell’ultimo ventennio.
Originatasi sul terreno della politica energetica, la speciale relazione russo-tedesca è stata percepita da Washington, sin dal principio, come il sintomo di un pericoloso disallineamento tedesco dal comparto strategico euro-atlantico: essa si accompagna, infatti, all’opposizione tedesca all’invasione dell’Iraq (2003), al rifiuto opposto all’ingresso dell’Ucraina nella Nato (2008), all’ostentata estraneità della Germania alla tragica avventura libica dell’Alleanza Atlantica (2011), alle resistenze tedesche alle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea (2014). E, proprio a partire da quest’ultimo episodio, la Repubblica di Berlino sarebbe entrata nel mirino delle Amministrazioni americane, che hanno fatto della loro opposizione al progetto Nord Stream – il gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, trasportava gas dalla Russia all’Europa passando per la Germania, oggetto di quello che è stato definito un “sabotaggio internazionale” nel settembre 2022 – l’oggetto di una dura ed esplicita politica sanzionatoria. L’enormità della sconfitta tedesca è, per Minolfi, l’equivalente funzionale di una disfatta in guerra.
La quinta matrioska, strettamente intrecciata alla precedente, riguarda gli equilibri interni dell’Unione Europea: la sconfitta di Berlino è passata per Varsavia.
I paesi dell’Est Europa – la Polonia in primo luogo – si sono qualificati come preziosa articolazione continentale delle strategie americane, ogni qualvolta un sussulto di autonomia prorompesse dalla Vecchia Europa. Il loro protagonismo, nelle politiche anti-russe di Washington, ha riportato in auge visioni geopolitiche di inizio Novecento.[1]
Ciò potrebbe, sottolinea l’autore, anche condizionare la nuova dislocazione delle infrastrutture militari dell’Alleanza Atlantica, spostando a Est i centri operativi e relativizzando la storica importanza rivestita in questo campo dal territorio della Germania.
L’ultima bambola, nell’analisi di Minolfi, è quella che collega la guerra in Europa agli equilibri globali e alla complessa problematica delle transizioni egemoniche: nello specchio dell’Ucraina si riflette la sagoma di Taiwan.
L’intensa, ancorché indiretta, partecipazione degli Stati Uniti alla guerra in Ucraina deriverebbe dalla convinzione americana che quel conflitto si inscriva all’interno di una rinnovata stagione di competizione tra grandi potenze, ovvero di quello scenario che proprio la condizione unipolare avrebbe dovuto consegnare alle memorie del passato.[2]
Lo strisciante conflitto con Pechino – lanciato in grande stile dall’Amministrazione Trump – ha varcato una nuova soglia nel bel mezzo della guerra in Ucraina, allorquando il presidente Biden ha allargato e potenziato i controlli degli apparati della sicurezza nazionale sul mercato mondiale dei circuiti integrati, dalla progettazione alla commercializzazione. Il protezionismo assume, in questo caso, per Minolfi, le tinte di un’economia di guerra e spinge ancor più in avanti la crescente diffidenza strategica della classe dirigente verso quella globalizzazione liberale da essa stessa promossa e sostenuta.
L’Autore ritiene che la Russia non avrebbe mai osato sfidare il potere americano e accettare una deriva dall’Europa se non si fosse convinta del fatto che il processo di emersione di un nuovo e autonomo centro irradiatore del potere e della ricchezza mondiali era giunto a un sufficiente livello di maturazione.
La quota occidentale dell’economia globale si riduce e continuerà a farlo. Fino a tempi recenti, gran parte della crescita globale è venuta dalle economie del G7 ma, negli ultimi due decenni, la situazione si è invertita. Nel 2015 le economie del G7 hanno contribuito alla crescita globale per il 31.5%, mentre quelle dei paesi emergenti (E7) per il 36.3%.[3]
Non volendo assolutamente rinunciare alla sua supremazia e rischiare di diventare un «normal country», alla “potenza” americana non resta che la sfida del confronto, per ora con la Russia poi con gli altri paesi in surplus, e di rimandare di altri dieci o quindici anni i conti ineludibili con il principio di realtà.
L’invasione russa ha sconvolto le reti dell’energia globale, mutato gli equilibri del mondo e accelerato il declino europeo, accrescendo l’instabilità dell’unipolarismo americano opposto alla Cina. Con la guerra in Ucraina non viene sancito solo il ritorno della storia in Europa, ma diventano evidenti i movimenti delle faglie geopolitiche di un mondo ormai in frantumi.[4]
Non si tratta di una riedizione della vecchia guerra fredda: malgrado l’ostinata riproposizione di schemi ideologici e valoriali – come l’opposizione tra democrazia e autocrazia -, il nuovo contesto del conflitto è caratterizzato dai processi di diffusione del potere su scala mondiale e dall’emergere di un’ampia ed eterogenea contestazione del predominio americano, sullo sfondo di una crisi economica e sociale che attraversa il mondo del capitalismo occidentale.
Il saggio di Salvatore Minolfi è molto articolato, scandaglia con attenzione i vari aspetti della guerra in corso, come i suoi prodromi ed eventuali sviluppi. E, seppur mantenendo un punto di vista occidentale, riesce a condurre un’analisi obiettiva e valida dei vari aspetti – politici, geopolitici, economici, strategici – legati o correlati al conflitto.
Irma Loredana Galgano
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[1] R. Zieba, Poland Foreign and Security Policy. Problems of Compatibility with the Changing International Order, Springer, Cham (Switzerland), 2020.
[2] R. Lissner, M. Rapp-Hooper, D. Caslet, L. Resnik Samotin, After Primacy. Exploring the Contours of Twenty-First-Century Great Power Rivarly, in N.P. Monteiro, F. Bartel (eds), Before and After the Fall. World Politcs and the End of the Cold War, Cambridge University Press, Cambridge, 2021.
[3] K. Mahbubani, Occidente e Oriente. Chi perde e chi vince, Bocconi Editore, Milano, 2019.
[4] G. Sapelli, Ucraina anno zero. Una guerra tra mondi, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, 2022.