
Inizialmente avevo pensato a un autore molto più sconosciuto, cioè Nausifane, che è legato sia allo scetticismo che all’illuminismo antico e mi avrebbe lasciato molta libertà di espressione. Però ho poi compreso che sarebbe stato meglio un autore più noto. Di Democrito sappiamo poco: che era un notevole scienziato, tanto che Aristotele, sempre così aspro con i colleghi, pur criticandolo, lo stima; che si fidava solo in parte dei sensi, tanto da ipotizzare il vuoto e gli atomi, ma non era così sfiduciato come Platone, egli è pur sempre un empirista; che era dotato di un profondo senso dell’ironia, e senza quella la vita diventa parecchio grama; e che in fondo aveva fiducia nella vita. Tutte queste caratteristiche mi sembrano positive. Inoltre la filosofia antica è splendida e così questo libretto è anche un po’ un invito a studiarla.
Qual è il ruolo della filosofia in una società pervasa dalla tecnologia?
Il libro prova a rispondere proprio a questa domanda. Certamente una filosofia consolatoria, che prova a delegittimare l’immagine scientifica del mondo, che tenta di dirci che esiste un altro mondo di cui alcuni adepti – appunto i filosofi – avrebbero le chiavi, anche se purtroppo ha spesso successo sia nel grande pubblico, sia fra gli addetti ai lavori, non è una buona filosofia. Anzi, è un vero e proprio inganno. Le scienze empiriche e la tecnologia a loro collegata sono un elemento straordinario della vita dell’uomo. E chi ne parla male, magari scrivendo sul suo laptop, o parlando su skype con un amico, oppure dopo essere appena stato operato in un reparto di cardiochirurgia con l’aiuto di un robot telecomandato, sega l’albero su cui sta seduto. Le scienze empiriche, compresa la storia, producono in continuazione modelli della realtà empiricamente confermati che suscitano la nostra meraviglia e consentono di porci domande filosofiche e di proporre risposte guidate dalla nostra conoscenza. La tecnologia che usiamo quotidianamente non deve essere solo uno strumento, ma qualcosa che almeno in parte, conosciamo. I nuovi schiavi non sono, come recentemente suggerito da Claudio Magris, quelli che la usano, ma coloro che ne sono addicted, come sottolineato da Pierluigi Contucci, e soprattutto coloro che la usano senza conoscerla.
Che cosa fa oggi un filosofo in un mondo dominato dalle conoscenze scientifiche?
Studia continuamente le scienze empiriche, compresa la storia e la storia delle scienze. Certo, passa un po’ di tempo sui grandi autori, per interiorizzare le categorie perenni della filosofia, ma poi la sua quotidianità è una dieta di teoremi matematici, nuovi sistemi formali, biologia evoluzionistica, cosmologia, astrofisica, chimica, storia, economica ecc. Questo gli consente di andare al di là dei saperi specialistici, di creare immagini complessive di senso, là dove chi è costretto nei limiti della ricerca scientifica fa fatica ad arrivare.
Quale futuro per la filosofia?
Certo se la filosofia è solo storia della filosofia, non vedo un gran futuro. Se la filosofia è invece dialogo effettivo con la contemporaneità, allora è difficile negare la sua importanza sia per il lavoro che per la qualità della vita. Saper bene argomentare, ad esempio, è una qualità tipicamente filosofica, che è importante in qualsiasi lavoro che richiede un minimo di conoscenze. Sapersi difendere dalla retorica di tanti che raccontano fischi per fiaschi è una virtù filosofica del cittadino. Saper dare un senso alle conoscenze storiche e naturalistiche che acquisiamo è un problema filosofico, la cui soluzione, almeno parziale, anche se temporanea, rende la nostra vita migliore.
Vincenzo Fano è Professore di Logica e Filosofia della scienza presso il Dipartimento di Scienze pure e applicate dell’Università degli Studi di Urbino, Fellow of the Center for Philosophy of Science dell’University of Pittsburgh e Membro dell’Academie Internationale de Philosophie des sciences