
Come si compone la collezione di epistole greche del cardinale?
Bisogna dire innanzitutto che, a differenza di umanisti quali Francesco Filelfo, Marsilio Ficino o Angelo Poliziano, Bessarione non si preoccupò di raccogliere il suo epistolario greco-latino in un unico corpus mentre era in vita, né lo fece un suo allievo o collaboratore. Un primo tentativo di mettere insieme le lettere bessarionee fu operato solo quattrocento anni dopo dall’abate Migne all’interno della Patrologia Graeca: nel centosessantunesimo tomo della raccolta fu inclusa una serie di epistole che fino ad allora si potevano leggere solo in pubblicazioni separate. Un punto di svolta nella storia degli studi avvenne nel 1942, quando uscì il terzo volume di Kardinal Bessarion als Theologe, Humanist und Staatsmann del filologo tedesco Ludwig Mohler, poi ristampato nel 1967. Mohler pubblicò ottantotto lettere, di cui trentuno greche. Se le lettere latine di Bessarione sono sparse tra archivi e biblioteche, per quelle greche siamo più fortunati, perché abbiamo due piccole raccolte che coprono più di metà dell’epistolario greco. Infatti, Bessarione in prima persona si preoccupò di copiare in un manoscritto (il Marc. gr. Z. 533) tredici lettere greche, da lui scritte tra i primi anni Trenta del Quattrocento e il 1444, che sono anche le più antiche lettere bessarionee conservate. La seconda raccolta di epistole si legge nel codice Marc. gr. Z. 527, in cui un collaboratore di Bessarione, Alessio Celadeno, ricopiò sei lettere del suo patrono. Per il resto, si tratta di singole lettere trascritte in vari manoscritti: alcune sono conservate in autografo, come la lettera che Bessarione scrisse in occasione della morte del maestro Giorgio Gemisto Pletone, o sono state ricopiate dal destinatario dell’epistola, come la lettera che Bessarione mandò a Teodoro Gaza per farsi aiutare nella correzione del suo trattato In calumniatorem Platonis («Contro il calunniatore di Platone»). Il mio libro è suddiviso in nove capitoli, ognuno dei quali è dedicato a una o più lettere greche bessarionee, che vengono analizzate sia dal punto di vista testuale (i manoscritti che le contengono e le loro relazioni; i problemi filologici) sia da quello contenutistico (le fonti utilizzate; i personaggi evocati; il contesto storico in cui le lettere si inseriscono)
Di quale importanza sono i contenuti delle lettere per gli studi riguardanti la filosofia, la politica e la storia tardobizantine nonché la storia dei manufatti librari e la fortuna dei classici nell’Umanesimo italiano?
In ragione dei ruoli che ricoprì nel corso della sua vita, Bessarione entrò in contatto con i più illustri personaggi della sua epoca, come papi, imperatori, principi e intellettuali greci e latini, quindi le sue lettere rappresentano veramente una miniera di informazioni sulla storia e la cultura tardobizantine e umanistiche. Per portare qualche esempio dalle lettere greche (ma si potrebbe fare altrettanto con quelle latine), nel 1444 Bessarione scrisse una lunga lettera a Costantino Paleologo despoto di Morea (quello che diverrà l’ultimo imperatore di Costantinopoli con il nome di Costantino XI) per complimentarsi con lui per aver ricostruito l’Hexamilion, le mura sull’Istmo di Corinto. La scrittura di questa lettera fornisce a Bessarione l’occasione non solo di congratularsi con il despoto, ma anche di suggerirgli alcune riforme da applicare alla società e all’economia del Peloponneso. Tutto ciò rende la lettera un piccolo trattato di filosofia politica, forse il più importante del Quattrocento bizantino, in cui Bessarione cerca di dare consigli utili al sovrano, nel tentativo di fermare l’inarrestabile rovina di un impero che di lì a nove anni sarebbe caduto. O ancora, due lettere a Teodoro Gaza e a Michele Apostolio ci permettono di acquisire nuovi dettagli a proposito di un celebre dibattito filosofico quattrocentesco, la controversia platonico-aristotelica. Questa controversia vide scontrarsi i sostenitori della filosofia platonico e quelli della filosofia aristotelica, con l’obiettivo principale di dimostrare chi tra i due fosse quello che si era avvicinato di più alla fede cristiana. Le più importanti opere prodotte durante questo dibattito furono la Comparatio philosophorum Platonis et Aristotelis da Giorgio Trapezunzio e l’In calumniatorem Platonis di Bessarione. La tesi di fondo dell’In calumniatorem Platonis è già espressa nelle due lettere ad Apostolio e Gaza: sia il pensiero di Platone sia quello di Aristotele sono meritevoli di lode e, per apprezzare uno, non bisogna necessariamente calunniare l’altro.
In che modo, grazie allo studio dell’epistolario di Bessarione, viene gettata nuova luce sulle vicende dei suoi illustri corrispondenti?
Prima di rispondere alla domanda, vorrei porre una questione di metodo che ritengo fondamentale. Fino a qualche tempo fa poteva accadere che testi di autori bizantini anche molto complessi venissero pubblicati senza una traduzione in lingua moderna, quasi a dire che, se uno si occupa di queste opere, deve per forza conoscerle in lingua originale e non ha bisogno della traduzione. In questo modo, tuttavia, una buona fetta di pubblico di specialisti o più in generale di lettori interessati viene escluso dalla fruizione di tali testi. Il risultato, nel caso di Bessarione, è che recenti studi su suoi corrispondenti come Giorgio Amirutze o Giorgio Gennadio Scolario non menzionano affatto le lettere greche bessarionee come fonte per ricostruire la loro biografia. Per tale motivo ho deciso di proporre una mia traduzione italiana per ogni lettera. Sono conscio del fatto che inserire una traduzione è un’operazione molto rischiosa, perché espone ancora di più l’autore alle giuste critiche dei recensori nel caso di errori e sviste, ma non penso che pubblicare solo il testo greco sia corretto nei confronti di chi non conosce la lingua e non può servirsi di queste fonti se non in traduzione. Detto questo, non limitarsi alla semplice edizione ma cercare di tradurre le lettere significa necessariamente soffermarsi con maggiore attenzione sul testo e, di conseguenza, ciò consente di raccogliere nuovi dati sui corrispondenti di Bessarione. Ad esempio, dalla lettera di Bessarione a Giovanni Eugenico possiamo risalire all’anno in cui quest’ultimo fu nominato nomophylax, cioè cancelliere imperiale addetto all’interpretazione delle leggi, e questo non si trova riportato negli studi dedicati a Eugenico. Oppure, studiando due lettere riguardanti la caduta di Costantinopoli indirizzate ad un anonimo destinatario, ho ipotizzato che il corrispondente di Bessarione fosse Niccolò Sagundino, che nel 1454 fu incaricato dal governo veneziano di informare il papa e re Alfonso di Napoli della presa della capitale dell’Impero Bizantino: se questa identificazione fosse confermata, le nostre conoscenze su Sagundino risulterebbero profondamente arricchite.
Tra le lettere di Bessarione, spicca l’epistola ai figli di Giorgio Gemisto Pletone in morte del padre: quali forme assume l’intento consolatorio del cardinale?
La lettera in questione è interessante per molteplici ragioni. Quando nel 1454 il filosofo e maestro di Bessarione Giorgio Gemisto Pletone morì, Bessarione decise di scrivere ai due figli rimasti orfani una lettera in cui si dice che, dopo la morte, Giorgio non salì al cielo tra gli angeli e i santi, ma andò ad aggiungersi al corteo di Bacco con gli dei dell’Olimpo. Bessarione dice anche che il maestro fu un eccellente filosofo, tanto che, se si credesse alla reincarnazione, si potrebbe pensare che Platone si fosse reincarnato in Gemisto Pletone. Per tale motivo, tutta la Grecia dovrebbe rendere omaggio a un tale personaggio. La figura di Gemisto Pletone è molto complessa, perché dopo la morte il patriarca di Costantinopoli Gennadio II lo condannò per paganesimo e ordinò che le copie della sua opera più importante, le Leggi, fossero date alle fiamme. Questo episodio ha portato la critica a dividersi tra chi vede Gemisto come un filosofo neopagano che si premurò di nascondere le sue vere credenze ad un ampio pubblico, e chi ritiene che il suo pensiero sia compatibile con l’ortodossia e cerca di inquadrare all’interno dei canoni della fede cristiana anche i lati più eterodossi. A questo proposito, una delle testimonianze impiegate da coloro che sostengono che Pletone sia stato un filosofo neopagano è proprio la lettera di Bessarione ai figli di Gemisto, in quanto in essa Bessarione rivolge lodi al defunto che contengono chiari rimandi alla mitologia greca e alla filosofia platonica. Io mi pongo sulla scia di coloro che ritengono Pletone un filosofo neopagano, ma per la lettura di questa lettera ho proposto una via che non credo sia stata ancora tentata. Ovvero ho interpretato quanto detto da Bessarione nella lettera non come generici riferimenti alla cultura e alla filosofia antica, ma come allusioni a concetti cardine del sistema filosofico di Gemisto Pletone. Infatti, sostenere che Gemisto sarebbe salito al cielo per prendere parte al tiaso bacchico con gli dei olimpici può sembrare una lode generica modellata sugli esempi della classicità, ma diventa un riferimento ancora più elogiativo se noi pensiamo che nella teologia pletoniana Bacco era considerato il padre delle anime razionali: si aggiunga poi che, nella filosofia pletoniana, gli dei dell’Olimpo sono coloro che occupano il più alto livello metafisico dopo il Principio Primo. Per quanto riguarda invece la reincarnazione dell’anima di Platone, Bessarione affronta un altro punto chiave della filosofia del maestro, ovvero la philosophia perennis. Secondo questo principio, esisterebbe un’unica verità ed un’unica saggezza che, nonostante le differenze superficiali, tutte le filosofie e religioni antiche condividerebbero. Secondo Gemisto Pletone, quest’unica sapienza trae origine dal pensiero di Zoroastro e dei suoi seguaci, i magi, e colui che più si avvicinò al loro pensiero fu Platone Quindi, affermando che nessun greco fu più simile di Gemisto Pletone a Platone e definendolo un Platone redivivo, Bessarione non solo tributa onore al suo maestro, ma lo indica come diretto prosecutore del pensiero platonico e lo inserisce nella serie di illustri filosofi che, sulla base di quanto detto da Gemisto stesso, avevano tramandato e perpetuato le conoscenze degli antichi. Infine, dire che tutta la Grecia dovrà rendere onore a Pletone è molto significativo dal momento che Gemisto Pletone fece spesso leva nelle sue opere sul concetto di grecità, e in particolare sulla cultura comune a tutti i Greci, inteso come elemento di unione che avrebbe spinto tutti i Greci a resistere insieme contro gli invasori Ottomani. Tutto questo rende la lettera di Bessarione non una semplice consolatoria, ma un manifesto della filosofia di Gemisto Pletone: non ci sarebbe stato modo migliore per rendere omaggio alla memoria del maestro.
Gianmario Cattaneo (Torino, 1990) è attualmente borsista dell’Università del Piemonte Orientale per il progetto DigilibLT. È stato fellow della Katholieke Universiteit Leuven, del Ludwig Boltzmann Institute e del Warburg Institute, e assegnista di ricerca dell’Università di Torino. È autore dei seguenti libri: Severo di Antiochia, Omelia sulla risurrezione (Roma 2019), Domizio Calderini, Niccolò Perotti e la controversia platonico-aristotelica nel Quattrocento (Berlin-Boston 2020), Le lettere greche del cardinal Bessarione (Roma 2020).