
La sicurezza energetica è senza dubbio da annoverarsi come uno dei principali cardini delle scelte geopolitiche di un Paese ed alla luce della forte dipendenza dall’estero la sicurezza degli approvvigionamenti energetici è riconosciuta come una delle priorità strategiche anche per l’agenda governativa italiana.
In tale contesto, la sicurezza energetica è intimamente collegata alla cybersecurity. Infatti, l’industria dell’energia sta vivendo una rivoluzione del digitale, anche a livello normativo, e l’adeguamento agli standard di sicurezza richiesti pone una sfida interessante per il nostro Paese.
La crisi Russo-Ucraina, poi, ha posto una serie di interrogativi sugli effetti economici della stessa anche e soprattutto nel campo energetico.
In questo scenario di riferimento è opportuno che ciascun governo effettui un’approfondita analisi dei rischi relativi alla cybersecurity in tema di sicurezza energetica.
Infatti, la connessione delle infrastrutture critiche energetiche a un sistema informatico mette a rischio la sicurezza e gli interessi nazionali del paese.
Il ruolo della cybersicurezza è, pertanto, nevralgico soprattutto in questo periodo dove assistiamo ad una “transizione digitale” nella “transizione energetica”.
Quali sono i rischi maggiori relativamente alla cybersecurity nella connessione delle infrastrutture critiche energetiche?
Il progresso tecnologico attraverso i sistemi informativi ha imposto a tutti gli Stati standard di riferimento comuni al fine di favorire una crescita economica dei mercati senza squilibri.
Tuttavia l’ampio ricorso alle nuove tecnologie informatiche, reso ancor più accentuato durante la pandemia da COVID-19, se da un lato ha favorito un significativo sviluppo della “società digitale”, al contempo, ha riscontrato un aumento dei crimini informatici.
In tale contesto, la velocità nelle innovazioni tecnologiche e la sua diffusione in tutti gli strati della società e nelle pubbliche amministrazioni, nonché la bassa percezione dei pericoli ai sistemi informativi derivanti dal comportamento senza regole degli utenti, ha reso indispensabile l’interessamento dell’Unione Europea al tema della cybersecurity e della repressione delle attività ostili nel cyber spazio.
Proprio negli ultimi anni il tema della cyber sicurezza è stato particolarmente discusso; già nel 2002 l’Assemblea Generale dell’ONU delineò gli elementi per la creazione di una cultura globale della cyber sicurezza[1] mentre nel 2003 – in occasione del World Summit on the Information Society tenutosi a Ginevra – gli Stati partecipanti hanno siglato una dichiarazione comune con cui è stato affermato il principio della promozione della “cultura globale della cyber sicurezza, sviluppata ed implementata in cooperazione con tutti i portatori d’interessi e gli organismi di esperti internazionali”.[2]
La recente recrudescenza di attacchi cyber a livello globale ha innalzato ulteriormente il livello di guardia nel campo della sicurezza delle reti e dei sistemi informativi dell’Unione europea e degli Stati membri pervenendo alla programmazione di una vera e propria strategia di contrasto da intraprendere e culminata nel Cyber security Act[3].
A tal proposito, nel provvedimento normativo vengono esplicitate le caratteristiche tipiche della sicurezza cibernetica la quale non può essere considerata un’entità a sé stante.
Essa è definita soprattutto come “gestione del rischio”, una continua ricerca di compromesso tra valore di ciò che deve essere protetto, livello di protezione auspicabile e costi da sostenere, sia in termini di misure da implementare sia in termini di utilizzabilità delle risorse da proteggere.
Pertanto, in questo scenario in evoluzione, l’Unione europea si è adoperata ad attuare una politica ed una strategia della cybersicurezza prevedendo un quadro di azioni coerenti relative agli aspetti normativi, operativi, diplomatici e di difesa.
Quale profilo disegnano gli attuali scenari normativi in materia energetica?
Nella prospettiva della transizione ecologica, fortemente promossa dalle istituzioni europee nel piano Next generation UE, il Green deal europeo e il programma FIT 55, la graduale sostituzione delle energie fossili con quelle rinnovabili diviene obbiettivo strategico e impegno prioritario. Tale processo deve essere accompagnato dalla profonda evoluzione delle tecnologie nella produzione, stoccaggio e erogazione di energia e conseguente della profonda trasformazione dei mercati dell’energia. Le recenti vicende belliche russo-ucraine hanno reso ancora più necessaria l’autosufficienza energetica che va perseguita tenendo conto dell’impatto su ambiente e clima, andando a tassare in modo più oneroso i prodotti energetici da cui derivano più emissioni di Co2 nell’atmosfera. Nel volume affrontiamo il tema proponendo il superamento dell’apparente neutralità dei meccanismi di tassazione (di fatto incentivanti il consumo di combustibili fossili), analizzando le proposte di direttive unionali, sostituendo il modello di prelievo in base al volume con quello del contenuto energetico. Proprio la modulazione delle aliquote delle accise, da disporre con gradualità in modo da evitare effetti devastanti nella economia, rappresenta la strada maestra per perseguire l’obiettivo di emissioni zero, apprezzando la stretta compenetrazione tra transizione energetica e politiche ambientali
In che modo le scelte di carattere impositivo possono coniugarsi con le politiche energetiche e ambientali?
Secondo il disegno di legge delega di riforma del sistema fiscale in discussione in Parlamento, e coerentemente con la nuova disciplina unionale, le aliquote più elevate potranno applicarsi ai combustibili su base fossile convenzionali (trasporti) e per famiglie, mentre aliquote minori (2/3 di quelle massime) per combustibili meno dannosi (GPL e idrogeno di origine fossile) e ancora per biocarburanti tradizionali. Le aliquote più ridotte possono trovare applicazione per fonti rinnovabili. Fondamentale in questa modifica di prospettiva è il concetto di “prestazioni ambientali”, definito avendo riguardo alle caratteristiche specifiche dei diversi prodotti anche alla luce dell’’evoluzione tecnologia e coerentemente con le altre proposte del pacchetto “Fit for 55” (revisione dell’EU ETS e nuova direttiva sulle energie rinnovabili II). A tale manovra sulle aliquote dovrà accompagnarsi un insieme di incentivi per le produzioni di energia a emissioni zero che dovrà consentire di rendere conveniente per imprese e persino per singoli consumatori la scelta di energie pulite anche al fine di tenere conto di esigenze specifiche. In questo senso, viene chiarito che “livelli minimi diversi di tassazione dovrebbero essere stabiliti per i carburanti per motori per il trasporto, per i carburanti per motori utilizzati per finalità meritorie (ad esempio nel settore primario), per i combustibili per riscaldamento e per l’elettricità ovvero per famiglie in condizione di difficoltà economica (il tutto secondo una definizione armonizzata dell’UE di vulnerabilità che potrebbe consentire anche l’esenzione di 10 anni dalla data di entrata in vigore della direttiva ex articolo 17, lettera c). Per quanto riguarda determinati settori (lavori agricoli, orticoli o di acquacoltura nonché silvicoltura), sarebbero applicabili riduzioni del livello di tassazione non inferiori ai valori minimi per i prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento e per l’elettricità (cfr. articolo 17, lettera d)).
Quali politiche fiscali, dunque, per l’energia?
Invero, nella prospettiva della transizione ecologica l’esercizio della potestà impositiva va riconsiderato in modo più coraggioso e ciò richiede politiche unionali e nazionali protese alla valorizzazione di un’economia a basse emissioni di carbonio nonché politiche nazionali a sostegno delle fonti rinnovabili elettriche, con precipuo riguardo al settore industriale. In questo senso si esprime anche il Piano per la transizione ecologica secondo cui le tappe della decarbonizzazione italiana sono scandite dagli impegni europei: “net zero” al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni di CO2 (rispetto al 1990), con obiettivi nazionali per il 2030 che verranno proposti dalla Commissione Europea nel luglio 2021 nell’ambito del pacchetto di proposte “Fit for 55”.
Una prospettiva sfidante da valorizzare attraverso politiche pubbliche e scelte imprenditoriali e individuali, assumendo una visione strategica proiettata al futuro e al bene comune, dosando strumenti fiscali impositivi su combustibili fossili e incentivi green opportunamente inseriti e coordinati a una pianificazione energetica di carattere strategico.
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[1] Cfr. la Risoluzione ONU n. 57/239-2002.
[2] Trattasi del World Summit on the Information Society, Declaration of principles building the information society: a global challenge in the new millennium, doc. WSIS03/GENEV A/DOC/4-E del 12 dicembre 2003.
[3] Cfr. il Regolamento (UE) 2019/881 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 relativo all’ENISA, l’Agenzia dell’Unione europea per la cybersicurezza.
Antonio Uricchio, Ordinario di Diritto tributario e già Rettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, è attualmente Presidente dell’ANVUR. È autore di numerose monografie e curatele e di oltre 300 articoli su riviste scientifiche sui temi di finanza pubblica, diritto tributario, politiche ambientali e profili giuridici dell’innovazione tecnologica; è componente della direzione e dei comitati scientifici delle principali riviste tributarie. Ha svolto attività di docenza in diverse università italiane ed estere oltre che presso la legione allievi della Guardia di Finanza di Bari e la Scuola Superiore dell’economia e delle finanze.