
Quali vicende segnano le raccolte delle sue carte private?
Le vicende sono varie, e ogni archivio ha una storia a sé. La storia forse più affascinante è proprio quella da cui è nata l’idea del Convegno, del quale questo libro raccoglie gli Atti. Una storia che comincia cinquant’anni fa, alla fine degli anni Sessanta, quando Montale regala alcuni suoi autografi all’amica Maria Corti, allora docente di Storia della lingua italiana all’Università di Pavia, che ha in testa un’idea “stravagante” (un aggettivo che le piaceva molto): creare, nella sua Università, un archivio delle carte di scrittori contemporanei, con lo scopo di sottrarle alla distruzione del tempo o alla dispersione favorita da eredi distratti o avidi, per metterle invece a disposizione degli studiosi, per consentire ai giovani di fare ricerca sulle “brutte copie”. È proprio lì, in quelle carte piene di cancellature, correzioni, tentativi di scrittura, che avviene infatti ogni volta il miracolo della creazione letteraria. Quelle carte montaliane hanno costituito il primo nucleo del Centro Manoscritti, una realtà che è cresciuta negli anni (gli scrittori sono oggi più di duecento), anche con successivi doni dello stesso Montale e poi della sua “governante-angelo custode” Gina Tiossi, che nel 2004 ha regalato al Centro tutto quello che “il signor Montale” le aveva lasciato: manoscritti, libri postillati, quadri dipinti da lui, cimeli. Tra i quali, l’upupa impagliata regalata al poeta da Goffredo Parise e immortalata in una famosa fotografia di Ugo Mulas, e la “Lettera 22” sui tasti della quale sono nate molte poesie e anche tanti articoli del Montale giornalista.
Come si articola la mappa delle raccolte dei «brogliacci» montaliani?
Sono numerosi gli archivi, sia pubblici che privati, che conservano le carte di Montale: la mappa disegnata nel libro comprende tra gli altri il Gabinetto Vieusseux-Archivio Alessandro Bonsanti di Firenze, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, il Centro Gobetti e l’Archivio Einaudi di Torino, la Fondazione Sapegno di Morgex, la Fondazione Mondadori e l’Archivio del “Corriere della Sera” di Milano. Inoltre, il lettore potrà entrare per la prima volta nel ricchissimo archivio privato di Giorgio Zampa e in quello di Rosanna Bettarini, l’erede della quale ha donato al Centro Manoscritti un prezioso manipolo di lettere e di poesie dattiloscritte di Montale, che le aveva inviate a lei in qualità di curatrice, insieme a Gianfranco Contini, dell’edizione critica dell’Opera in versi, pubblicata da Einaudi nel 1980.
In che modo le sue carte private illuminano la personalità e la poesia di Eugenio Montale?
Nella loro varia tipologia (poesie, prose, lettere), le carte sono preziose perché “parlano” a chi le legge: ad esempio, osservando le varie stesure di una stessa lirica, le parole scritte, cancellate, riscritte, cambiate, i versi tolti o aggiunti, si ricostruisce il cammino laborioso e affascinante che porta dal bianco della pagina alla poesia nella sua forma definitiva. Oppure, entrando con discrezione nella sfera privata delle lettere si ricostruiscono itinerari biografici, si chiariscono le “occasioni” di una poesia o di una pagina di ricordi, si seguono lunghe fedeltà amicali. Le carte dei vari archivi parlano anche tra loro, si integrano e illuminano a vicenda: il dialogo sinergico tra gli archivi è importante, perché solo unendo i vari punti della mappa si potrà disegnare un unico archivio virtuale, in cui si annodano le fila biografiche e poetiche montaliane.
Gianfranca Lavezzi, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università degli Studi di Pavia, è Presidente del Centro Manoscritti fondato da Maria Corti. La sua attività di ricerca ha sempre riservato particolare attenzione al versante poetico della letteratura italiana tra Sette e Novecento, indagato soprattutto dal punto di vista metrico e linguistico. Tra gli autori ai quali ha dedicato libri e saggi figurano, oltre a Montale, Metastasio, Foscolo, Pascoli, D’Annunzio, Saba.