“L’ansia nei bambini e negli adolescenti. Riconoscerla e affrontarla” di Maria Pontillo e Stefano Vicari

Dott.ssa Maria Pontillo, Lei è autrice con Stefano Vicari del libro L’ansia nei bambini e negli adolescenti. Riconoscerla e affrontarla edito dal Mulino: innanzitutto, cos’è l’ansia?
L'ansia nei bambini e negli adolescenti. Riconoscerla e affrontarla, Maria Pontillo, Stefano VicariPossiamo definire l’ansia come uno stato emotivo caratterizzato da preoccupazioni e timori che si manifestano in assenza di un reale pericolo. Essa si attiva quindi sulla base della percezione e della valutazione che facciamo di una possibile minaccia. Questa emozione è molto frequente nell’uomo fin dalla prima infanzia e ha finalità altamente adattive. Pensiamo, ad esempio, ad un bambino molto piccolo. Se non avesse timore degli estranei, potrebbe allontanarsi dai propri genitori e mettere in serio pericolo la propria vita. L’ansia è ritenuta “normale”, quindi, se è funzionale alla sopravvivenza e all’adattamento all’ambiente. Infatti, in situazioni di allarme, questa emozione consente a ciascuno di noi di rispondere al pericolo percepito attraverso l’attivazione di vari sistemi fisiologici che ci consentono di tenere alta l’attenzione.

Quando l’ansia diventa patologica?
L’ansia diventa patologica quando non è più funzionale alla sopravvivenza dell’uomo e al suo adattamento all’ambiente. In particolare, possiamo considerare l’ansia come patologica quando:
– una preoccupazione o una paura persistono oltre l’età in cui sono considerate fisiologiche. Pensiamo ad esempio alla paura del buio, è accettabile a due anni ma non a 15 anni!
– è la persistente, quindi la paura si manifesta in modo molto intenso, ha una durata maggiore rispetto a quanto ci aspetteremmo normalmente e si manifesta in modo molto frequente.
– quando, a causa della paura, il ragazzo evita una serie di situazioni sociali e scolastiche in cui potrebbe sperimentarla compromettendo cosi il proprio funzionamento nella vita di tutti i giorni.

Quali sono i principali disturbi d’ansia in età evolutiva?
Nei piccoli si rilevano con più frequenza il Disturbo d’Ansia da Separazione ed il Mutismo selettivo.

Il Disturbo d’ansia da separazione è caratterizzato dalla preoccupazione che possa accadere qualcosa di spiacevole alle figure di riferimento, pertanto il bambino potrebbe avere crisi di pianto inconsolabile in seguito alla separazione genitoriale, potrebbe avere incubi notturni circa la separazione e pertanto avere difficoltà a dormire da solo, oppure potrebbe sperimentare spesso mal di testa, mal di stomaco, nausea e vomito.

Il Mutismo selettivo, invece, è caratterizzato dalla costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli, come ad esempio a scuola, nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni.

In età scolare e adolescenziale, con la maturazione delle funzioni cerebrali, anche le preoccupazioni diventano più complesse e articolate. Pertanto, anche i Disturbi d’ansia assumono forme differenti. Il Disturbo d’ansia generalizzata, ad esempio, è caratterizzato da una percezione del pericolo sproporzionata rispetto alla reale minaccia, con difficoltà nel controllare le preoccupazioni relative a vari eventi di vita, quali prestazioni scolastiche o lavorative.

Il Disturbo d’ansia sociale, invece, è caratterizzato dal timore del giudizio altrui e dalla paura di sentirsi in imbarazzo, rifiutati o semplicemente osservati, con una conseguente incapacità di parlare davanti ai compagni o durante le interrogazioni, o il rifiuto di partecipare a eventi sociali come, ad esempio, le feste.

Il Disturbo da attacchi di panico è caratterizzato dal timore di non avere il controllo di sé, di impazzire o di morire, associato alla preoccupazione costante di sperimentare altri attacchi di panico in situazioni in cui potrebbe non essere disponibile un aiuto.

Associata spesso agli attacchi di panico, l’Agorafobia è caratterizzata dal timore di essere in luoghi molto affollati o molti piccoli in cui, in caso di necessità, potrebbe essere difficile fuggire o chiedere aiuto.

Infine, le fobie specifiche sono caratterizzate dal timore di subire danni fisici da parte di oggetti, animali o estranei, oppure da situazioni specifiche (es. altezze, buio, piccoli spazi) e sono associate a frequenti evitamenti o fughe di fronte allo stimolo fobico.

Quali sono i segni dell’ansia?
In infanzia e adolescenza i disturbi d’ansia si manifestano in maniera differente a seconda dell’età e del livello di sviluppo del bambino. È infatti più frequente nei bambini prescolari e scolari riscontrare la presenza di sintomi somatici, come mal di pancia o mal di testa, oppure la paura di separarsi dai genitori. Pensiamo a tutti quei bambini che in maniera persistente rifiutano la scuola già dal nido, con crisi di pianto inconsolabile anche dopo mesi dall’inizio della scuola. In questa età infatti le preoccupazioni principali riguardano la propria sicurezza e quella dei propri cari. È frequente, quindi, che i bambini chiedano di dormire con i propri genitori, abbiano frequenti incubi notturni, abbiano difficoltà di concentrazione a scuola o nello sport e abbiano la costante necessità di essere rassicurati dai genitori.

In età preadolescenziale e adolescenziale, dagli 11 anni circa, è più frequente invece che il ragazzo abbia difficoltà a frequentare regolarmente la scuola, sia spesso nervoso o preoccupato specialmente quando è fuori casa, manifesti difficoltà nel parlare con persone sconosciute oppure sperimenti preoccupazioni eccesive per eventi o situazioni prima che accadano, come ad esempio, viaggiare o parlare davanti ai compagni durante un’interrogazione. In questa fascia di età sono spesso frequenti alterazioni del ritmo sonno-veglia e la richiesta di rassicurazione, sia ai genitori che agli amici, circa le proprie capacità e i propri comportamenti.

Un sintomo trasversale e comune alle varie fasce di età sembrerebbe essere invece la preoccupazione circa la propria performance scolastica.

Ovviamente ci tengo a precisare che sperimentare ansia in alcune situazioni è normale, ma come spiegato precedentemente, essa diventa patologica quando è persistente, intensa, si manifesta frequentemente e compromette il funzionamento del bambino o dell’adolescente a casa, a scuola o a livello sociale.

Quali sono le cause dell’ansia?
Sono tre i tipi di fattori che contribuiscono all’insorgenza e al mantenimento dei disturbi d’ansia in infanzia e adolescenza: fattori genetici e neurobiologici, fattori ambientali e sociali, fattori temperamentali. Tra i fattori genetici un ruolo importante è svolto dalla familiarità, infatti l’avere un parente di primo grado che presenta un disturbo d’ansia espone il bambino ad un rischio sette volte maggiore di sviluppare il disturbo stesso già in età precoce. A livello neurobiologico, invece, sembrerebbero implicati nella genesi e nel mantenimento del disturbo delle disfunzioni dei circuiti neuronali che connettono la corteccia prefrontale e l’amigdala; queste aree cerebrali sono infatti implicate nell’apprendimento e nel riconoscimento di emozioni negative come la paura.

Uno stile genitoriale centrato sull’ipercontrollo e sull’iperprotezione, oppure eccessivamente critico, è uno dei fattori ambientali che contribuisce maggiormente allo sviluppo di ansia patologica già nella prima infanzia, insieme all’aver vissuto esperienze di vita stressanti o traumatiche, come ad esempio, ripetuti episodi di bullismo, la malattia di un genitore, l’appartenenza a una classe sociale svantaggiata, il crescere in una famiglia conflittuale o in condizioni di scarsa protezione, di incuria o di vero maltrattamento fisico.

Infine, tra i fattori temperamentali, la presenza di una maggiore vulnerabilità e una maggiore sensibilità alle emozioni negative, associata a un’alta iperattivazione fisiologica e ad una timidezza eccessiva, sembrerebbero influire sulla presenza di ansia patologica in età evolutiva.

Questi fattori, però, non devono essere considerati come cause dirette del disturbo, ma come fattori di vulnerabilità. Questo significa che la loro presenza e, soprattutto, l’interazione tra loro aumenta il rischio di sviluppare un disturbo d’ansia in età evolutiva.

Quanto incidono le esperienze vissute e l’ambiente?
Rispondo a questa domanda ponendo un esempio tratto dal nostro libro. Immaginiamo di poter osservare due gemelli omozigoti, Luca e Matteo, dalla nascita alla preadolescenza. La mamma di Luca e Matteo soffre di un Disturbo d’ansia generalizzato mentre il papà non presenta difficoltà di tipo psicopatologico. La gravidanza dei bambini si è svolta senza particolari problematiche, ma al momento del parto si scopre che Luca ha un giro di cordone ombelicale intorno al collo che ne ostacola la nascita. Si decide per un taglio cesareo di urgenza: Matteo nasce senza alcuna complicazione, mentre Luca, nell’immediato post parto, fatica a respirare e il suo pianto non è immediato. Fortunatamente si tratta di un problema transitorio e sia Luca che Matteo, a poche ore dal parto, sono entrambi in buone condizioni di salute.

Lo sviluppo procede senza problemi particolari. Quando i gemelli frequentano la scuola elementare, i genitori, per motivi lavorativi, sono costretti a separarsi e decidono che Luca rimarrà con la mamma mentre Matteo si trasferirà con il papà in un’altra città. La mamma ricopre Luca di mille attenzioni: prima della scuola controlla che nello zaino ci sia tutto il materiale, chiede spesso al piccolo Luca se ha mal di pancia o mal di testa, la notte dormono insieme nel lettone così che la mamma possa intervenire subito nel caso Luca abbia qualche necessità. La mamma preferisce accompagnare personalmente Luca in palestra o alle feste degli amici preoccupandosi che non ci siano pericoli per il bambino e che tutto proceda per il meglio.

Matteo, invece, gioca spesso con il papà, insieme vanno al parco dove il bambino ha conosciuto nuovi amici e, se il papà è troppo impegnato con il lavoro, Matteo passa il pomeriggio con la baby-sitter che lo aiuta nei compiti e lo accompagna in palestra. La sera Matteo è sicuro nel suo letto perché sa che se ha bisogno il papà è nell’altra stanza pronto a intervenire.

Nella nuova scuola, inoltre, Matteo ha trovato una maestra che non interroga i bambini a sorpresa e non li sgrida davanti ai compagni se non conoscono bene un argomento. Povero Luca, invece, che nella vecchia scuola deve essere sempre attento e pronto per non subire le prese in giro dei compagni!

A questo punto, chi presenta il più alto rischio di sviluppare un Disturbo d’ansia tra i due bambini? Molto probabilmente è il piccolo Luca, in quanto è esposto a maggiori fattori di rischio tra cui in primis lo stile genitoriale materno centrato sull’ipercontrollo.

Anche l’aver sperimentato durante la crescita esperienze stressanti incide sullo sviluppo di un Disturbo d’ansia. Quando parliamo di «esperienze stressanti» ci riferiamo, ad esempio, a episodi ripetuti di bullismo o di cyberbullismo da parte del gruppo dei pari, l’avere un genitore con una grave malattia, problemi interpersonali quali l’isolamento e una chiusura relazionale rigida ed eccessiva, l’appartenenza a una classe sociale svantaggiata, crescere in una famiglia conflittuale o ancora in condizioni di scarsa protezione, di incuria o di vero maltrattamento fisico.

Condizioni più gravi sono rappresentate dall’essere vittima di maltrattamento durante l’infanzia. Ciò espone a un rischio maggiore per la comparsa disturbi d’ansia.

Tuttavia, molte persone, seppure esposte a tali avversità, non sviluppano un disturbo psicopatologico. In questi casi svolgerebbero un ruolo fondamentale alcuni fattori che possono contrastare gli effetti negativi dell’aver vissuto esperienze particolarmente stressanti. In particolare, buone capacità cognitive, una buona autostima e, in ultimo, ma fondamentale, un buon livello di integrazione nel gruppo dei pari proteggono il benessere psicologico del bambino o dell’adolescente aumentandone le capacità di fronteggiare eventuali eventi di vita stressanti.

Come avviene la valutazione diagnostica del disturbo d’ansia?
Un ruolo importante è svolto innanzitutto dal pediatra, in quanto è la prima figura che spesso viene consultata dalla famiglia sulla base di sintomi fisici quali mal di pancia o mal di testa frequenti, nausea, rash cutanei, alterazioni nell’appetito o nel ritmo sonno/veglia. Il pediatra svolge dunque un ruolo fondamentale nel riconoscere il disagio psichico dietro a questo tipo di manifestazioni fisiche e nell’escludere eventuali componenti mediche sottostanti. Ha inoltre il compito di valutare se la sintomatologia ansiosa esperita è tale per cui necessita di un approfondimento diagnostico da specialisti, quali il neuropsichiatra infantile e lo psicologo, in base alla presenza e alla durata della sintomatologia riferita e al grado in cui essa compromette il normale svolgimento delle attività quotidiane del ragazzo.

Durante l’assessment psicopatologico, condotto dallo specialista, è di fondamentale importanza la corretta individuazione dei comportamenti-problema riferiti dal ragazzo o dalla famiglia. È infatti necessario accettarsi fin da subito che le preoccupazioni o l’ansia manifestate dal bambino o dall’adolescente non siano causate direttamente da eventi insorti recentemente in ambito familiare, scolastico e sociale. Ad esempio, il ragazzo potrebbe subire degli atti di bullismo a scuola oppure potrebbe aver sperimentato un importante evento traumatico o dei cambiamenti nel contesto familiare, come lutti o separazioni. In questo caso la valutazione dovrebbe essere eseguita tenendo conto di tali aspetti problematici. Attraverso strumenti quali il colloquio clinico, condotto separatamente con il ragazzo ed i genitori, test standardizzati e questionari self-report utili all’approfondimento della sintomatologia ansiosa l’obiettivo è dunque condurre una valutazione del sintomo ma anche del funzionamento cognitivo del ragazzo. Cruciale è la diagnosi differenziale tra disturbi psicopatologici. L’ansia infatti può essere il campanello di allarme di altri quadri psicopatologici. Ad esempio, il timore di giudizio altrui potrebbe essere la conseguenza di un disturbo dismorfofobico, in cui vi è un’alterazione della percezione di parti del proprio corpo che vengono considerate come esteticamente brutte e possibili oggetto di scherno. O ancora, una preoccupazione eccessiva circa la propria performance scolastica potrebbe essere conseguenza di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento mai diagnosticato.

Pertanto, essere minuziosi nel percorso di assessment, vagliando le differenti e possibili ipotesi diagnostiche risulta fondamentale ai fini di pianificare trattamenti adeguati e tagliati sul sintomo ma anche sull’età e sul livello di sviluppo del ragazzo.

Quali sono gli interventi più appropriati per fronteggiarla?
Nel trattamento dei disturbi psicopatologici in età evolutiva è sempre consigliabile progettare degli interventi di tipo “multisetting”, ovvero che coinvolgano varie figure professionali (come ad esempio lo psicologo, il neuropsichiatra infantile o il tutor didattico) e che agiscano su tutti i contesti di vita del bambino o dell’adolescente, coinvolgendo varie figure, come genitori, insegnanti o istruttori sportivi.

Nel caso specifico dei disturbi d’ansia in età evolutiva, le linee-guida internazionali (AACAP, 2017; NICE, 2013) consigliano di adottare un approccio terapeutico che comprenda la psicoeducazione al bambino e ai genitori circa la natura del disturbo, un lavoro di consulenza con la scuola e con i pediatri di base, lo svolgimento di un trattamento psicoterapico preferibilmente di tipo cognitivo-comportamentale e, nei casi in cui il disturbo è severo e in grado di compromettere in maniera significativa il funzionamento del bambino, l’introduzione di una terapia farmacologica.

Quali consigli pratici è possibile dare a genitori e insegnanti?
Ai genitori di bambini o adolescenti con disturbi d’ansia consiglio innanzitutto di evitare che, specialmente i bambini più piccoli, assistano a reazioni di ansia eccessiva da parte dei genitori stessi, che come abbiamo visto spesso presentano a loro volta sintomi ansiosi. È importante inoltre che il bambino con la crescita sia esposto gradualmente a situazioni temute, in modo da sperimentare che in realtà non si tratta di eventi pericolosi. Durante questi momenti è utile cercare di evocare in lui sensazioni piacevoli antagoniste dell’ansia, come tenere il gioco preferito, mangiare un gelato o ricevere abbracci e coccole. Può essere utile, inoltre, fare ricorso all’umorismo, scherzando sulle ansie del bambino o dell’adolescente, ma facendo attenzione a non deriderlo, infatti l’obiettivo è sdrammatizzare, non farlo sentire ridicolo!

Un consiglio fondamentale che sento di dare a tutti gli insegnanti è quello di dare attenzione ai successi dei loro alunni, piuttosto che ai fallimenti, premiando lo sforzo che hanno compiuto. L’insegnante deve inoltre consentire di lasciare l’aula all’alunno quando l’ansia diventa ingestibile e concordare con lui uno spazio protetto in cui poter ritornare ad uno stato di calma sotto la sorveglianza di un adulto di fiducia. Nella didattica è preferibile predisporre valutazioni scritte e consentire un tempo maggiore per l’esecuzione del compito, prevedendo anche la modificazione di situazioni stressanti, come ad esempio porre domande a risposta chiusa nei dibattiti in classe. È bene anche ridurre le richieste scolastiche, assegnando una quantità minore di compiti, fornendo indicazioni chiare e semplici sullo svolgimento e concordando in calendario i momenti di verifica. Infine, è bene supportare il bambino o l’adolescente nell’interazione con i compagni di classe prevedendo piccole attività di gruppo non competitive.

Maria Pontillo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Dirigente Psicologo presso l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, è docente di corsi di formazione e master in Psicologia dello sviluppo e presso scuole di specializzazione in Psicoterapia cognitiva. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali, tra cui: L’ansia nei bambini e negli adolescenti. Riconoscerla e affrontarla (Il Mulino, 2020), Sviluppo e difficoltà psicologiche. In Psicologia dello Sviluppo, a cura di D. Lucangeli e S. Vicari (Mondadori, 2019), Peer Victimization and Onset of Social Anxiety Disorder in Children and Adolescents (Brain Science, 2019), Comorbid Personality Disorders in Individuals With an At-Risk Mental State for Psychosis: A Meta-Analytic Review (Frontiers in Psychiatry, 2019), Prevalence and Clinical Significance of Symptoms at Ultra High Risk for Psychosis in Children and Adolescents with Obsessive- Compulsive Disorder: Is There an Association with Global, Role, and Social Functioning? (Brain Science, 2018); Neurodevelopmental and psychiatric issues in Down’s syndrome: assessment and intervention (Psychiatric Genetics, 2013).

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