A Ravello, nei pressi di Salerno, viveva un uomo molto facoltoso di nome Landolfo Rufolo. Non contento delle sue ricchezze, pensò di raddoppiarle. Comprò allora una nave, la caricò a proprie spese di varie mercanzie e partì per Cipro. Qui, però, trovò molte altre imbarcazioni piene delle sue stesse merci. Fu quindi costretto a svendere le sue per pochi soldi e, in certi casi, anche a buttarle via fino a ridursi quasi in rovina.
Non sapeva più che fare; pensò persino di uccidersi o di mettersi a rubare, per recuperare le sue perdite e non tornare da miserabile nella sua città, da dove era partito ricchissimo. Alla fine, trovò un acquirente per la sua nave e, mettendo insieme il ricavato con quel poco che gli aveva fruttato la vendita delle mercanzie, comprò una piccola imbarcazione, di quelle adatte alle incursioni piratesche. La attrezzò di tutto il necessario a tale scopo e cominciò la sua nuova attività.
Il neocorsaro Landolfo si dimostrò piuttosto abile: assaliva e depredava chiunque gli capitasse a tiro, ma aveva una predilezione per le navi turche. In meno di un anno accumulò tanto bottino che non solo aveva recuperato quel che aveva perduto, ma l’aveva addirittura raddoppiato.
La batosta subita in precedenza gli aveva però insegnato a non strafare, ad accontentarsi di quel che aveva. Decise quindi di tornare a casa.
Durante il viaggio, incappò in una tempesta e, per proteggersi dal mare in burrasca, riparò in un golfo dove, a un certo punto, giunsero anche due grandi vascelli genovesi. Questi, avidi di denaro, decisero che quella preda era troppo ghiotta per lasciarsela scappare e in men che non si dica, e senza colpo ferire, razziarono tutto quel che si poteva razziare, fecero prigioniero Landolfo e lo trascinarono su uno dei loro vascelli. Alla fine, dopo aver affondato la sua navicella, ripartirono.
Verso sera, però, si sollevò una tempesta che ingrossò il mare e costrinse i due vascelli ad allontanarsi l’uno dall’altro. La nave su cui si trovava il povero Landolfo si arenò con gran fragore su una secca dell’isola di Cefalonia. Landolfo si ritrovò così tra le onde accanto a una cassa che galleggiava. Ci si buttò sopra e vi si afferrò il più saldamente possibile.
Il giorno dopo il naufrago approdò sulla spiaggia dell’isola di Corfù dove una povera donna stava lavando le stoviglie. La donna lo trasse fuori dall’acqua e lo portò a casa sua dove gli preparò un bel bagno, lo rifocillò con dolci e buon vino e gli restituì la sua cassa.
Approfittando di un momento in cui la donna non era in casa, Landolfo decise di schiodarne il coperchio. Immaginate la sua sorpresa quando vide che conteneva pietre preziose! Salutò allora la sua salvatrice, ringraziandola immensamente per quanto aveva fatto per lui, e se ne partì. Si imbarcò su una nave e, dopo avere toccato altri paesi di mare, giunse infine a casa.
Vendette egregiamente le pietre preziose e si ricordò della donna di Corfù che l’aveva salvato. Così le mandò una buona quantità di quattrini. Il resto del denaro gli servì per vivere decorosamente fino alla morte, senza dover ricorrere a un’attività che proprio non gli andava più giù: il commercio.