Maria Cristina Palma, moglie del presidente del Consiglio, da alcuni considerata la donna più bella del mondo, attico all’ultimo piano nel centro di Roma, sembra avere tutto ciò che si possa desiderare e fa sempre tutto quello che ci si aspetta da lei. O meglio, tutto ciò che il marito Domenico Mascagni, il suo team e il Bruco, social media manager misterioso che orchestra la comunicazione del premier, decidono al posto suo.
La vita di Maria Cristina è stata “un righello che al posto dei centimetri ha i defunti” ed è proprio una sera, durante una festa, che il passato torna a farle visita: ha il volto di Nicola Sarti, caro amico di suo fratello Alessio, morto durante un incidente subacqueo, e vecchia fiamma della sua gioventù. Sarà lui a inviarle, tra le foto della loro vacanza in barca, un filmino pornografico di cui sono entrambi protagonisti e che diventerà per lei un’ossessione, presagio di una catastrofe imminente.
È rimasto silente otto anni, Niccolò Ammaniti: premio Strega nel 2007, sceneggiatore, regista, torna in libreria con La vita intima, un romanzo che è valso la pena aspettare.
Dalla distopia di Anna, pubblicato nel 2015, dove una ragazzina di tredici anni si districa in un mondo in cui gli adulti sono stati tutti uccisi da una misteriosa malattia, ne La vita intima lo scenario torna nella contemporaneità.
Televisione, cellulari, social network sono padroni indiscussi e puntano i loro riflettori su una donna a cui non è concesso sbagliare: chiunque crede di sapere tutto di lei, ciò che si vede e ciò che è detto non può che essere reale. Eppure Maria Cristina è studiata a tavolino dalla macchina mediatica del Bruco; scegliere da sé non è un’opzione e quando ci prova vive in preda al timore, alla consapevolezza di non essere abbastanza acuta o intelligente per affrontare da sola ciò che accade. Se da ragazzina era quasi inconsapevole della sua bellezza folgorante, adesso è vittima di una costante ossessione per l’apparenza e non riesce a reagire, non prende posizione, soffre in silenzio rimproverata dalla voce della sua vecchia compagna del liceo Diana Brinzaglia.
Non le hanno forse detto di restare “quiescente”?
Vista da fuori la nostra protagonista sembra liquida, capace solo di adattarsi alla forma dei contenitori che sono stati prefabbricati per lei ma l’autore, con un sapiente movimento che fluisce dal “dentro al fuori” ci immerge nei suoi pensieri e ce ne svela le insicurezze, le paure ma specialmente le zone d’ombra, mostrandoci una donna che non è così semplice, scialba, noiosa come vogliono farle e farci credere.
Il corpo viene trattato come soglia, ingresso e uscita da cui Ammaniti ci fa muovere con naturalezza. Una barriera dicotomica tra ciò che gli altri vedono e quello che lei davvero pensa, a cui può avere accesso solo chi legge.
La verità all’esterno è cangiante, muta in base a chi guarda Maria Cristina. Frivola, inadatta, scema e cornuta sia per la sua assistente Caterina sia per la gran parte del pamphlet di individui che la circonda. Uno zoo di personaggi che appaiono quasi inquadrati dalla telecamera di un paparazzo, così esasperati da risultare grotteschi – “le braccia spuntano dalle maniche come le pinne di un lamantino” oppure “ormonata come un manzo argentino” – con storie di vita al limite dell’incredibile, che “fanno audience”.
L’autenticità rimane quindi celata solo all’interno della mente di Maria Cristina che con le sue contraddizioni e la sua irrazionalità elimina qualsiasi distanza e si avvicina, diventando quasi “una di noi”.
Esistono però sguardi in cui appare più vera e che delineano una donna diversa: il rapporto con la figlia Irene, le parole premurose di Luciano, amico d’infanzia che ha assunto come tuttofare, le attenzioni di Stefania che le tinge la ricrescita con il mascara durante un party, e infine Nicola, passione della giovinezza.
È proprio nel ricordo – la vacanza in barca –, nei lutti – la madre, il fratello Alessio e poi l’ex marito Andrea Cerri, forse unico amore della sua vita, – e nei luoghi fisici del suo passato – la casa nella campagna toscana – che sembra acquistare solidità, sicurezza e quel coraggio di affrontare il nemico a viso aperto di cui non si ritiene geneticamente capace. Ha lottato, ha resistito e adesso, portata allo stremo dalle conseguenze che potrebbe avere la diffusione del filmino con Nicola, può trovare la spinta per reagire e per riprendere coscienza su chi è e cosa vuole davvero.
Ma chi è quindi Maria Cristina Palma? Maria Cristina è impossibile da contenere, da inquadrare, da decifrare. Se la rimproveriamo dopo poche pagine ci ritroviamo a empatizzare con lei, se la consideriamo debole siamo presto costretti a ricrederci, ancora e ancora fino alla fine del romanzo.
«Deve trovare la forza per cambiare e resistere agli urti in modo che la vita diventi più lieve.»
E se si dice che una donna quando vuole cambiare vita cambia anche taglio di capelli, è proprio sotto le forbici di due parrucchieri che, nel giro di una settimana, tutto cambia, muta e ciò che ha sembra sgretolarsi senza via d’uscita.
Maria Cristina ha paura di uscire dalla sua comfort zone, ha paura di ritornare a vivere, ma capirà che “la paura finisce dove comincia la verità”.
E allora sceglie di cedere, si libera, corre il rischio. “Morirà di vergogna, ma risorgerà. Ne troverà un’altra di intimità, più sua e segreta”.
Ne La vita intima Ammaniti confonde, svia, torna sui suoi passi e poi ci sorprende di nuovo.
Con lo sguardo ironico e pungente di un narratore in fondo anche un po’ bonario, dipinge una realtà in cui tutto è il contrario di tutto e che ci spinge a domandarci continuamente cosa sia vero e cosa no, cosa sia davvero reale e cosa sia davvero finzione, se anche noi ci sentiamo come tanti Maria Cristina Palma e siamo stati colti “dall’improvvisa, lampante, cognizione di non capire un cazzo, mai, di non saper riconoscere le persone, di essere solo un tappo di sughero sballottolato dalle onde”.
Un romanzo che ci incita a essere liberi, a fregarcene, a cadere e rialzarci. D’altronde, “i lividi non hanno mai ucciso nessuno”.
Marta Aidala