“La virtù delle donne (Mulierum virtutes)” di Plutarco, a cura di Fabio Tanga

Dott. Fabio Tanga, Lei ha curato l’edizione critica, la traduzione italiana e il commento de La virtù delle donne (Mulierum virtutes) di Plutarco, pubblicata da Brill: quale importanza storico-letteraria riveste l’opera del Cheronese?
La virtù delle donne (Mulierum virtutes), Plutarco, Fabio TangaLe Vite Parallele e i Moralia di Plutarco sono stati oggetto di studio ed interesse da parte di lettori di ogni epoca, in quanto non solo eruditi e letterati, docenti e pedagoghi, storici, filosofi, intellettuali e pensatori, ma anche religiosi e teologi, scienziati, artisti, aristocratici, politici, militari e rivoluzionari, a partire dal II sec. d.C. fino all’età contemporanea, hanno apprezzato le sfaccettature multiple di una produzione letteraria ampia e argomentata, messa in una prosa sobria e suadente e capace di compenetrare con saggezza e moderazione un gran numero di aspetti della vita quotidiana di ieri e di oggi. E se le Vite Parallele propongono delle biografie comparate di alcuni tra i più notevoli personaggi dell’antichità greco-romana, instaurando dei paralleli di interesse storiografico ed etico tra figure quali Alessandro Magno e Giulio Cesare al fine di ritrarne i caratteri comuni e divergenti per avvicinare Greci e Romani promuovendone la vicendevole conoscenza e stima, l’ampio e variegato corpus di opere meglio noto come Moralia contiene scritti consacrati alle tematiche più svariate: pedagogia, retorica e poetica, esegesi letteraria, filosofia popolare di argomento etico, politica, religione, antiquaria, storia naturale, psicologia degli animali, tematiche filosofiche e da banchetto, senza calcolare gli scritti, biografici o di carattere misto, andati perduti o che sono pervenuti in maniera frammentaria. Così, mentre le Vite Parallele, muovendosi tra indagine storica, curiosità aneddotica e funzionalità paradigmatica di un metodo biografico-comparativo provano ad identificare come le peculiarità individuali delle condotte singole si intersechino e sfumino nel contesto della comunità umana, i cosiddetti Moralia rappresentano il frutto di una costante attenzione nei confronti dell’essere umano e dei molteplici ambiti di interazione culturale ed etica che lo coinvolgono, sviluppata mediante dottrina e profondità non comuni. Perciò la molteplicità di interessi e sviluppi culturali dell’opera di Plutarco ha destato nel corso dei secoli interessi sempre nuovi e di vario genere in un pubblico di volta in volta in cerca di idee, informazioni, metodo, modelli, ispirazione, esercitando un fascino sempreverde e diventando un paradigmatico specchio di rifrazione delle vicende umane e della riflessione ad esse connaturata. Ed in tale prospettiva, un’edizione critica con traduzione italiana e commento dell’opera annoverata tra i Moralia di Plutarco e nota come Mulierum virtutes può contribuire all’indagine scientifica di natura filologica, letteraria, storica e filosofica su un rilevante tassello della produzione plutarchea, che nei secoli ha rivestito anche il ruolo di anello di congiunzione tra la discussione passata e presente circa la collocazione e considerazione delle donne nel contesto delle società di riferimento.

Di cosa tratta l’opera?
Il volume si apre con un’introduzione generale al Mulierum virtutes, cui fanno seguito dei capitoli dedicati alla tradizione manoscritta, al titolo e allo stile dell’opera. Quindi si ritrova una sezione consacrata al rapporto tra Plutarco e le donne nel Mulierum virtutes ed una discussione sulla relazione che intercorre tra la suddetta opera plutarchea e gli Strategemata del retore Polieno. Poi il testo critico, con apparato positivo, presenta una traduzione italiana a fronte e delle note di commento, seguite da una bibliografia finale ed un’appendice conclusiva che segnala i termini riferiti alla virtù femminile presenti nell’opera. Più nel dettaglio, il Mulierum Virtutes consta di una sezione introduttiva seguita da ventisette aneddoti e si prefigge di dimostrare l’unitarietà ed identità della virtù maschile e femminile, narrando episodi di donne distintesi per una condotta notevole che risultavano all’autore meno percorsi dalla storiografia e dalla letteratura precedente e coeva. In una fase preliminare, indirizzandosi all’amica sacerdotessa Clea, Plutarco sostiene di non preferire riserbo e discrezione su una condotta femminile virtuosa, ma di propendere piuttosto per il conferimento di pubblici onori e riconoscimenti alle donne come agli uomini, proprio come costume della società romana. E a difesa di tale assunto, l’autore afferma di aver messo per iscritto una conversazione di probabile ascendenza platonica, precedentemente sostenuta in seguito al funerale di una stimata conoscente, corredandola di una serie di aneddoti esemplificativi, utili a contemperare amabilità espositiva ed efficacia dimostrativa. Secondo il Cheronese, il metodo migliore per individuare discrepanze ed analogie tra virtù maschile e femminile è quello di comparare vite e azioni proprio come delle opere d’arte, nell’intento di riconoscere in ogni personaggio l’impronta personale ed il carattere distintivo che lo rendono unico ed irripetibile. E a seguire, Plutarco adduce una serie di storie consacrate a collettivi di donne protagonisti di condotte virtuose di gruppo, seguite da una successione di altri racconti dedicati a donne interpreti di atti meritori individuali. Così l’iniziale impostazione filosofico-paradigmatica dell’opera si realizza in uno sviluppo a carattere storico-antiquario, enumerando miti, leggende e fatti storici con protagoniste donne provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo, vissute in epoche precedenti al I sec. a.C. e segnalatesi per atti di virtù degni di menzione, prescelti da Plutarco proprio perché poco noti al pubblico della sua epoca. E il risultato è una gradevole raccolta di aneddoti, caratterizzati da intrecci avvincenti e colpi di scena, mediante cui l’autore prova a perseguire l’obiettivo di raggiungere i destinatari dell’opera unendo diletto letterario e persuasione filosofica. Il volume inaugura la serie “Brill’s Plutarch Text Editions” in seno a “Brill’s Plutarch Studies”, prestigiosa collana internazionale che ha già pubblicato i lavori di alcuni dei più illustri studiosi di Plutarco degli ultimi decenni.

Quale visione delle donne emerge nel Mulierum virtutes?
Coraggio, saggezza, astuzia, ma anche pudore, fedeltà, fierezza e perseveranza sono tra le principali qualità che animano le donne descritte nel Mulierum virtutes: giovani o più adulte, madri o figlie, sorelle, mogli o compagne, le protagoniste indiscusse dell’opera agiscono, individualmente o in gruppo, mettendo in mostra senza risparmio condotte virtuose nelle condizioni e situazioni più disparate. Vedendo in pericolo l’incolumità, l’onore o l’integrità propria, della famiglia o della città di appartenenza, nei ventisette aneddoti ‘esemplari’, le donne prescelte da Plutarco di volta in volta si coalizzano, si mettono in gioco, escogitano vie d’uscita, corrono rischi per trovare soluzioni idonee alle difficoltà contingenti e future. Dalle troiane sbarcate alla foce del Tevere, che bruciarono le navi dei mariti onde evitare ulteriori infinite peregrinazioni e trovare dimora stabile, alle argive, che impugnarono le armi presidiando le mura della città contro i nemici spartani, che avevano da poco massacrato l’esercito cittadino, dalle persiane, che sollevarono i pepli, mostrando le pudenda ai figli fuggiti dopo la sconfitta per spingerli a combattere con più coraggio, fino alle celtiche, lanciatesi tra i contendenti di una guerra civile per dirimere le controversie generatesi in precedenza, e alle tirrene, che visitarono i mariti in carcere, portando loro delle vesti femminili con cui fuggire tramite scambio di persona, i collettivi femminili chiamati in causa danno prova di doti notevoli quali buonsenso, scaltrezza, ardimento. Tra le altre, anche le performances individuali di Clelia, che guidò le compagne di prigionia a nuotare tra i flutti vorticosi con le vesti legate intorno alla testa per raggiungere la libertà perduta, di Pieria, che pretese come pegno d’amore la pace tra la città dell’amato e la propria, che erano in conflitto, di Camma, che vendicò l’omicidio dell’amato marito, cedendo alla avances dell’assassino per avvelenarlo sull’altare con una coppa di idromele, e di Stratonica, che, per via della propria sterilità, scelse di buon grado una schiava con cui il marito potesse procreare degli eredi, allevandoli in prima persona, ritraggono delle donne volitive, votate al sacrificio o pronte alla vendetta in nome di obiettivi più alti, da conseguire nonostante tutto e tutti. Non mancano episodi di tradimento o di macchinazioni non molto limpide, messi in atto da donne ritenute virtuose, così come compaiono marginali e isolate figure di donne cattive, infedeli o insane, ma anche vicende colme di pathos, provocato da sofferenze, decessi e perfino suicidi, spesso atti risolutivi o estremi di storie ove le figure femminili si trovano ad affrontare ostacoli di ogni genere. E le donne emergono come elementi centrali nella famiglia, e positivamente operativi, non solo complementari, nella società, quali figure dotate di ingegno, forza d’animo, onore ed amorevolezza. Vi è chi ha ritenuto tale opera una visione soltanto ‘parziale’ e, per così dire, ‘distorta’ del reale ruolo subalterno ricoperto dalle donne nelle società e nelle epoche prese in considerazione, reputando gli atti di virtù narrati da Plutarco solo dei ‘casi eccezionali’ di virtù femminile. Considerando la prospettiva monotematica di un’opera riguardante soltanto donne ‘straordinariamente’ virtuose, qualcuno ha poi parlato di figure femminili virtuose soltanto perché dotate di qualità ‘fuori dal comune’ che, dunque, avrebbero comunque confortato l’idea di una ‘normalità’ femminile connotata da inferiorità biologica, incapacità, passività. E vi è anche chi ha pensato che, andando ad analizzare le tipologie di virtù attribuite alle donne in oggetto, si trattava di qualità essenzialmente considerate ‘maschili’, marginalizzando dunque la questione della virtù muliebre a quella di ‘esseri femminili eccezionalmente dotati di ottime qualità esclusivamente maschili’. Inoltre, soprattutto guardando alla storia in cui Aretafila tiene le fila delle vicende politiche di Cirene, libera la patria dalla tirannide mentendo, resistendo alle torture e ordendo macchinazioni di ogni genere per poi farsi infine da parte, e all’aneddoto in cui la moglie di Pite sostituisce alla guida della città il marito auto-reclusosi in un mausoleo, governando poi con moderazione e saggezza, altri ancora hanno voluto individuare un ruolo femminile in grado di esercitare soltanto funzioni ausiliarie o di temporanea supplenza al comando maschile, in un contesto operativo necessariamente determinato dal permesso/consenso maschile. In realtà, l’esercizio di una moral suasion o di una vera e propria leadership virtuosa femminile non stupisce, perché, come illustrato nella stessa introduzione dell’opera, Plutarco intende descrivere e argomentare la possibilità di uomini e donne, proprio in nome di una virtù inscindibile, di espletare le medesime funzioni, e non soltanto sotto il profilo teorico-speculativo. Inoltre, l’insieme di paradigmi femminili eccellenti enumerati da Plutarco, dedicati ad un’amica sacerdotessa, a memoria di una discussione avuta in seguito alla morte di una conoscente definita ‘ottima’, sicuramente realizzata evitando di includere nella raccolta altri episodi piuttosto celebri di donne virtuose, molto probabilmente annoverati in una letteratura (non solo catalogica) di interesse ‘femminile’ precedente al Mulierum virtutes, sono forse la prova più chiara di una narrazione letteraria e intenzionalmente positiva della donna, che, ormai da tempo, si era protratta e forse affermata in alcuni ambienti dotti per la fruizione anche da parte di un pubblico più o meno istruito, quale risultanza di graduali, ma interessanti, cambiamenti sociali nel frattempo avvenuti in tal senso.

Quali vicende hanno segnato la storia della tradizione dell’opera plutarchea?
Il Mulierum virtutes è stato tramandato da quindici manoscritti, redatti tra la fine del XIII secolo e la seconda metà del XV secolo e sottoposti a vaglio autoptico grazie alle risorse messe a disposizione dal centro di studi plutarcheo dell’Università degli Studi di Salerno. Come riportato anche nello stemma codicum predisposto, si tratta di una tradizione bipartita, riconducibile in parte all’attività editoriale di Massimo Planude e della sua équipe, ed in parte a fonti pre-planudee. Il lavoro ha tenuto in considerazione tutte le edizioni a stampa dell’opera, a partire dalla editio princeps allestita da Aldo Manuzio, fino a giungere alle recenti edizioni stampate dalle collane “The Loeb Classical Library”, “Bibliotheca Teubneriana” e “Les Belles Lettres”, prestando attenzione anche ai cosiddetti ‘postillati’ umanistico-rinascimentali. Sono state consultate anche tutte le traduzioni dell’opera realizzate dal Quattrocento ad oggi, dalla versio latina di Alamanno Rinuccini, al primo volgarizzamento (tuttora inedito) cinquecentesco di Lucantonio Ridolfi, e alle traduzioni, tra le altre, in lingua francese, inglese e spagnola allestite nel corso degli ultimi cinque secoli.

Quali caratteristiche stilistiche presenta l’opera?
L’opera, pur essendo il frutto della rielaborazione di materiale composito di natura storico-letteraria, accumulato in seguito a letture e ricerche dell’autore, mantiene una certa omogeneità tematica, offrendo una sintassi articolata e leggera e raggiungendo una notevole eleganza e gradevolezza stilistica. Sebbene paia più sfumato e di complessa definizione il progetto di suddivisione originario previsto da Plutarco in episodi di virtù individuale e collettiva, in quanto tra le storie individuali e quelle collettive si frappongono due racconti definibili ‘di cerniera’, che hanno come protagoniste coppie o pluralità di donne, anche se con individualità femminili di spicco, l’opera mantiene una propria coerenza interna associata ad un certo equilibrio narrativo. Inoltre il Mulierum virtutes, malgrado la sezione preliminare sembri richiamare programmaticamente o anticipare una sorta di raffronto finale tra le storie narrate (procedimento tipico delle Vite Parallele di Plutarco), si conclude alla fine del ventisettesimo aneddoto senza dilungarsi in ulteriori considerazioni, e delineando dunque una sorta di tacito invito alla comparazione e alla riflessione individuale nei confronti del lettore, cui sembra competere il giudizio personale e definitivo sulle vicende descritte. Dunque, se l’opera per certi versi denuncia una consistente e fruttuosa rielaborazione stilistica, forse priva di una contestuale e più completa revisione strutturale, tuttavia sembra tener fede in pieno all’impostazione dialogico-didattica e alla profonda coscienza pedagogico-letteraria dell’autore.

Quale fortuna ha avuto l’opera nel corso dei secoli?
A proposito dell’attenzione riservata alla fortuna dell’opera nel corso dei secoli, mi piace ricordare come una recente recensione pubblicata su “The Classical Review” (Cambridge University Press, 2020, pp. 1-2) abbia notato che il presente volume: “… provides a fascinating view of the fortunes of the text over two millennia”. Il Mulierum virtutes, infatti, ha riscosso una fortuna pressoché immediata, con la gran parte degli aneddoti compendiati dagli Strategemata di Polieno durante la seconda metà del II sec. d.C., passando per numerosi accostamenti con la letteratura giudaica e cristiana antica, fino al probabile utilizzo come testo scolastico in epoca tardo-antica, come suggerito dalla testimonianza degli Excerpta Vaticana. L’opera è poi divenuta una sorta di archetipo della letteratura catalogica femminile, ispirando l’iconografia rinascimentale e gli studi di umanisti, letterati e novellieri di tutta Europa, ricevendo anche riletture aristotelizzanti e diventando miniera di erudizione per storici, filosofi e drammaturghi dei secoli successivi. Più di recente, il Mulierum virtutes è divenuto anche repertorio per pubblicistica educativa e scolastica, oltre ad alimentare e supportare idee femministe nella saggistica storica e di gender, e ad aver significativamente aperto, con il proprio incipit, la discussione sulle donne nell’antichità all’interno del primo volume della celebre “Storia delle donne in Occidente” a cura di G. Duby & M. Perrot.

Fabio Tanga, Dottore di Ricerca in Filologia Classica, borsista post-doc e docente a contratto di Lingua e Letteratura Greca presso l’Università di Salerno e la Universidad de Málaga, è collaboratore alla ricerca presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’ateneo salernitano. Studioso di dramma antico, letteratura di età imperiale e filologia e ricezione dei testi classici greci, è redattore della rivista Ploutarchos. Autore ed editore “Brill”, relatore a svariati convegni internazionali sull’opera di Plutarco, ha pubblicato negli anni numerosi contributi sull’opera del Cheronese ed ha in preparazione, tra gli altri lavori, un’edizione critica commentata del De liberis educandis per la collana “Brill’s Plutarch Studies”. È docente di ruolo di Latino e Greco presso il Liceo Ginnasio Statale “Orazio” di Roma.

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