“La via della Legge. Midrash sul Salmo 119” di Massimo Pazzini

Prof. Massimo Pazzini, Lei è autore del libro La via della Legge. Midrash sul Salmo 119 pubblicato dalle Edizioni Terra Santa: innanzitutto, cos’è il midrash?
La via della Legge. Midrash sul Salmo 119, Massimo PazziniIl termine midrash deriva dalla radice ebraica d-r-š che significa “esaminare, cercare”. Di solito nella Bibbia il verbo dāraš viene usato in riferimento a Dio come, ad esempio, in Gn 25,22: “Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella (Rebecca) esclamò: ‘Se è così, che cosa mi sta accadendo?’. Andò a consultare (lidrōš) il Signore”. Ma è solo in Esd 7,10 che il verbo viene applicato all’interpretazione della legge di Dio: “Infatti Esdra si era dedicato con tutto il cuore a studiare (lidrōš) la legge del Signore e a praticarla e a insegnare in Israele le leggi e le norme”. Da questo momento lo studio e la spiegazione della legge diviene prerogativa degli scribi e il verbo dāraš assume il senso di “spiegare o interpretare esegeticamente”.

Nella Bibbia ebraica la parola midrash compare solo nel libro delle Cronache dove si parla del midrash del profeta Iddo: “Le altre gesta di Abia, le sue azioni e le sue parole sono descritte nella memoria (midrash) del profeta Iddo” (2Cr 13,22). In questo contesto la parola significa “libro”, oppure “scritto”.

In Sir 51,23 appare per la prima volta il termine bet-midrash che viene identificato come il luogo nel quale si accede alla sapienza: “Avvicinatevi a me, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola” (scuola = bet-midrash).

Alla luce di quanto appena esposto, capiamo che il termine midrash significa “studio approfondito, esegesi, interpretazione” del testo biblico. Nell’uso pratico la parola indica anche la raccolta ordinata di commenti esegetici degli antichi rabbini sui diversi libri della Bibbia ebraica.

Quale importanza riveste, nella letteratura rabbinica, il Midrash Tehillim?
Il Midrash Tehillim, cioè il commento rabbinico al libro dei Salmi, è un testo composito. Salomon Buber, nel lontano 1891, ha prodotto l’edizione “standard” del testo in lingua ebraica e aramaica. Di fatto non esiste un manoscritto che contenga tutto il midrash dei Salmi. Per questo motivo Buber ha raccolto, dai manoscritti e dalle edizioni a stampa a sua disposizione, il materiale che si riferiva ai Salmi. In questo modo si è dato premura di riempire tutti i buchi ancora rimanenti con 1’aiuto delle fonti miscellanee più disparate: la Pesiqta Rabbati, il Midrash Rabbà, il Talmud babilonese. Il risultato ottenuto, al di là degli evidenti limiti dal punto di vista della critica testuale, ci presenta una serie abbastanza completa e tradizionale di meditazioni di carattere omiletico sul libro dei Salmi.

Il Midrash Tehillim commenta molti versetti dei salmi soffermandosi, in modo particolare, sul loro primo versetto oppure su qualche termine di difficile comprensione che, solitamente, viene commentato a più riprese. Il commento è infarcito di similitudini e applicazioni pratiche tratte dalla Bibbia e dalla vita quotidiana. Si tratta di un’esegesi di tipo popolare che presuppone però una buona conoscenza dell’intero testo biblico e anche della lingua ebraica, come si può evincere dalle frequentissime citazioni, dai giochi di parole e dalle considerazioni sui doppi sensi della lingua.

Nella letteratura rabbinica questo midrash assume un’importanza relativa per quanto concerne le tradizioni giuridico-religiose; assume, invece, notevole importanza se consideriamo le tradizioni omiletiche qui contenute e teniamo a mente che il libro dei Salmi è uno dei più usati nella preghiera sia personale che comunitaria.

Quali caratteristiche stilistiche presenta il Salmo 119?
Il Salmo 119 (118) è il salmo più lungo del salterio (176 vv.) e anche il capitolo più lungo di tutta la Bibbia. È un salmo alfabetico – diviso in 22 strofe di otto versetti, secondo il numero delle lettere dell’alfabeto ebraico – con la particolarità che i versetti iniziali di ogni strofa cominciano con una delle 22 lettere dell’alfabeto. Le diverse ottavine tessono una lode incessante della legge divina. Ne è scaturito il più bel salmo che in ogni sua parte ne esalta la bellezza, la grazia, la potenza, la giustizia, la verità. Questo concetto compare quasi in ogni versetto, seppure vengano usate diverse parole per designarlo. Così troveremo i termini: legge, insegnamento, testimonianza, precetto, decreto, comandamento, promessa, parola, giudizio, via. Essi richiamano, con diverse sfumature, la legge divina che dona la vita all’uomo.

Il protagonista del salmo è un giovane che si trova esposto alla pressione di coloro che hanno aderito agli idoli. Egli è osteggiato a causa della sua fedeltà alla legge divina; per essa viene calunniato ingiustamente e fatto oggetto di umiliazioni, di scherni e di insulti; tuttavia l’attesa fiduciosa della salvezza, da ottenere tramite l’osservanza gioiosa dei precetti divini, pervade tutto il salmo e ne costituisce il tema centrale.

Qual è il suo contenuto?
Il salmo è una preghiera, in particolare una richiesta di ottenere la salvezza tramite l’osservanza dei precetti della legge divina. Da un lato, il salmista afferma la sua volontà di essere fedele ai precetti del Signore: “Siano stabili le mie vie nel custodire i tuoi decreti” (v. 5); “Voglio osservare i tuoi decreti: non abbandonarmi mai” (v. 8); “Io mi consumo nel desiderio dei tuoi giudizi in ogni momento” (v. 20).

D’altro canto, parole di protesta contro il malvagio e l’arrogante risuonano nel corso del salmo: “Gli orgogliosi mi insultano aspramente, ma io non mi allontano dalla tua legge” (v. 51); “Gli orgogliosi mi hanno coperto di menzogne, ma io con tutto il cuore custodisco i tuoi precetti” (v. 69); “Si vergognino gli orgogliosi che mi opprimono con menzogne” (v. 78).

L’arroganza dei persecutori si spinge fin quasi alla sua eliminazione fisica: “Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra, ma io non ho abbandonato i tuoi precetti” (v. 87); “Mi hanno scavato fosse gli orgogliosi” (v. 85). Ma, confidando nell’osservanza della legge che lo illumina e gli dona sapienza e saggezza, il giovane ripone la sua unica speranza nel Signore nella certezza che lo aiuterà.

Il giovane riconosce di essersi allontanato in passato dalla parola di Dio e dalla sua legge: “Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la tua promessa” (v. 67). Ma ora, di fronte alla pressione di coloro che hanno abbandonato la legge e lo deridono, intende confermare saldamente la sua obbedienza alla legge e vuole darne testimonianza davanti a tutti; per questo chiede aiuto a Dio affinchè lo sostenga nelle sue scelte: “Mi venga in aiuto la tua mano, perché ho scelto i tuoi precetti” (v. 173); “Mi sono perso come pecora smarrita; cerca il tuo servo: non ho dimenticato i tuoi comandi” (v. 176).

Il salmista, nella sua preghiera, sente la salvezza ormai imminente e ne pregusta i frutti.

Quale ricchezza di interpretazioni offre il testo ebraico?
Un paio di esempi tratti dal midrash sul Sal 119 ci mostreranno quanto sia utile conoscere la lingua ebraica al momento dell’interpretazione esegetica. Il primo esempio, desunto dal midrash sul Salmo 119, parte 2, tratta di Gog e Magog, due esseri citati diverse volte nelle Sacre Scritture, che di solito simboleggiano i nemici del popolo di Israele. 1) Di Gog e Magog, tuttavia, la Scrittura dice: “Ecco, io farò di Gerusalemme come una coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini” (Zc 12,2)… La coppa che dà le vertigini non è altro che un catino di sangue, come si dice: “Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l’architrave ed entrambi gli stipiti con il sangue del catino” (Es 12,22). La parola ebraica saf può significare sia “coppa” o “catino” che “soglia” di una porta. Il midrash gioca sul fatto che il sangue del catino (saf) viene spalmato sugli elementi della soglia (saf) e ne deduce che i popoli che oltrepasseranno le soglie di Gerusalemme in armi proveranno vertigini.

Il secondo esempio è preso dal midrash sul Salmo 119, parte 3. Dice il testo biblico: “Non commette certo ingiustizie e cammina nelle sue vie” (Sal 119,3). Il midrash commenta: Perché questo versetto inizia con la parola ebraica ’af? Per mostrare che l’ira (’af) non li toccherà. In questo caso il commentatore gioca sul doppio senso della parola ebraica ’af: nel nostro contesto significa “anche” ed è seguita dalla negazione “non”, per indicare “neanche/neppure commette ingiustizie…”. Ma la stessa parola può significare “ira”; di qui procede l’esegesi del midrash.

Questi esempi mostrano chiaramente che una buona conoscenza della lingua ebraica è di grande aiuto per la comprensione profonda del testo biblico.

Massimo Pazzini insegna ebraico, aramaico e siriaco allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Ha pubblicato: Grammatica siriaca (1999); Il Rotolo di Rut. Analisi del testo ebraico (2001); Il Libro di Rut la moabita. Analisi del testo siriaco (2002); Lessico concordanziale del Nuovo Testamento siriaco (2004); Il Libro di Giona. Analisi del testo ebraico e del racconto (2004); Il libro dei Dodici profeti. Versione siriaca. Vocalizzazione completa (2009); Il libro di Rut. Analisi del testo aramaico (2009); L’antenata del Messia. Il libro di Rut versioni antiche e moderne a confronto (2019); La Moabita. Il Midrash Rabbah del libro di Rut (2019); Sono stato a Gerusalemme. Lettere di pellegrini ebrei (2021).

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