
Ma oltre alla costante attenzione verso i rapporti internazionali, il quinto granduca garantì protezione e ampia libertà all’Accademia del Cimento e a molte altre istituzioni culturali, favorì poi gli studi universitari di fisica acquistando gli strumenti scientifici e alla raccolta di animali e piante da destinare al museo di storia naturale e agli orti botanici di Firenze e Pisa.
Ferdinando II arricchì inoltre le collezioni artistiche già iniziate dai suoi predecessori. A queste raccolte si erano già aggiunte quelle provenienti dai duchi di Urbino, di cui la granduchessa Vittoria era l’ultima discendente, che comprendevano tra l’altro opere di Tiziano e di Raffaello.
Qual è il panorama politico e culturale della metà del Seicento?
Lo scenario generale della metà del Seicento è sinceramente complesso: dopo la peste, la Guerra dei Trent’Anni (1618-1648) e la Pace di Vestfalia (1648) l’Europa mutò aspetto, vennero riconosciute nuove realtà statuali e maggiori libertà di culto. Dopo il 1648 nacque canonicamente la diplomazia moderna. Il XVII secolo è comunque associato ad alcuni concetti di grande impatto: in primis, l’assolutismo monarchico, ovvero la teoria politica che prevedeva l’accentramento dei tre poteri in mano del sovrano; mentre sul piano economico, spesso viene accostato al generale declino che colpì l’Europa mediterranea, e la penisola italiana in particolare (anche se sarebbe opportuno evitare deleterie generalizzazioni), per innumerevoli cause: l’esaurimento dell’oro americano, la caduta dei prezzi dei beni di consumo, la crisi del settore manifatturiero, una generale difficoltà dei traffici internazionali e il ristagno della produzione agraria con il crollo delle rese agrarie, quest’ultime giustificate dal clima rigido che investì le campagne europee nel 1647. Però il Seicento non fu solo un periodo in bilico tra crisi (intesa come evoluzione) e stagnazione: questo secolo fu animato dalle rivoluzioni scientifiche generate dal pensiero di Galilei, Cartesio, Newton o dagli artisti del barocco Caravaggio, Bernini e nel teatro Molière.
In Toscana tra i secoli XVI e XVII prese avvio la cultura della “politica dell’informazione”, da dove emerse la lungimiranza dei governanti Medici nell’impiegare denaro ed amicizie nella scelta degli uomini migliori per gli incarichi diplomatici, pubblici e segreti, e altresì nella capacità di stimolarli guadagnandosi la loro fiducia, mettendoli continuamente in competizione tra di loro. Per merito di questa intensa ed originale attività diplomatica informativa, da Ferdinando I si sviluppò molto la ricerca dell’informazione, potendo così fare fronte agli ostacoli posti dalle grandi potenze europee, Spagna in primis ma anche Francia ed Inghilterra, che cercarono costantemente di limitare l’autonomia del granducato di Toscana. La diplomazia è apparsa talvolta come strumento di legittimazione e di comunicazione di sovrani che ereditarono realtà statuali ancora economicamente o politicamente fragili, come ambito di collaborazione dei ceti patrizi locali con il proprio principe avviando un percorso familiare diplomatico di alcune casate oppure come sfera in grado di attirare stranieri in cerca di protezioni. Uno dei più importanti animatori culturali del XVII mediceo fu senza dubbi il cardinale Leopoldo de’ Medici, fratello del granduca Ferdinando II, che rappresentava bene il fermento culturale del Seicento italiano in perfetta antitesi con la generale crisi produttiva coeva: egli fu parte attiva nel promuovere e allestire la prima raccolta delle opere di Galileo Galilei e nel fondò l’Accademia del Cimento, un’adunanza informale di scienziati riunita a sua totale discrezione e da lui finanziata, da considerare come lo strumento più influente di un definito programma di politica culturale che aveva il fine di rilanciare l’idea del forte legame tra la tradizione scientifica galileiana e la protezione medicea evitando degli espliciti contrasti con la Chiesa.
Il Suo studio si concentra sui fatti avvenuti a Palazzo Pitti tra il 1661 ed il 1664: quali erano la quotidianità, gli usi, i costumi più o meno solenni, le feste alla corte medicea?
Palazzo Pitti al tempo di Ferdinando II rappresentava perfettamente una corte barocca, affollata, vivace. I parenti Farnese e Asburgo in arrivo dalla corte di Parma o dall’Austria e gli ambasciatori “forestieri” erano frequentemente accolti negli appartamenti ai piani mezzanini del Palazzo, e laddove fossero stati occupati da altre delegazioni straniere, i forestieri venivano accompagnati da alcuni membri del patriziato fiorentino in vicine dimore gentilizie. Per fare un esempio di solennità, dalle pagine del Diario emergono i ricordi dedicati al sontuoso corteo per le nozze del Gran Principe Cosimo de’ Medici con Margherita d’Orleans: Il corteo nuziale entrò in città da porta San Gallo, dove Gherardo e Pier Francesco Silvani avevano realizzato un monumentale ingresso, percorse via Larga e raggiunse il Duomo, attraversò poi il ponte Santa Trinita, via Maggio e si arrestò davanti a palazzo Pitti dove i festeggiamenti proseguirono con gli spettacoli nell’anfiteatro di Boboli e nel teatro della Pergola e, sempre per festeggiare il lieto evento, venne organizzato una spettacolare corsa di cavalli, un palio, in onore della coppia. Ma pure gli eventi meno felici, come le esequie di un membro della famiglia regnante, prevedevano un allestimento estremamente solenne.
Il governo di Ferdinando II si caratterizzò per la sua intensa attività diplomatica: quali ne furono obiettivi e successi?
In realtà questa domanda richiederebbe la pubblicazione di uno studio specifico. Per la storia politica del Granducato, la fine della guerra di Castro fu un punto di svolta cruciale perché, dopo oltre mezzo secolo di battaglie per terra e per mare, verso la metà del XVII secolo nella Toscana di Ferdinando II si affermò una linea che privilegiava il mantenimento delle posizioni raggiunte dal Principato, ricercando equilibri e intese con le potenze dell’epoca. Il declino della Spagna, alla quale il Governo mediceo continuava a prestare la dovuta attenzione per la forza ancora robusta della sua influenza sulla Penisola, vide Firenze consolidare i legami con l’Impero e stabilire relazioni più strette con la Francia. Come già ribadito, il matrimonio dell’erede al trono Cosimo con Margherita Luisa d’Orléans, cugina di Luigi XIV, fu il risultato più vistoso della nuova strategia politica granducale messa a punto alla metà del Seicento.
L’abbandono dell’impegno militare, se per le forze di mare si tradusse in una sostanziale dismissione, per quelle di terra si concretizzò nella cura dell’apparato difensivo del Granducato. Lo Stato mediceo, nel perseguire gli obiettivi della stabilità e della neutralità, dovette mostrarsi pienamente in grado di scoraggiare e impedire qualsiasi aggressione, e avere comunque i mezzi per rispondere a richieste di aiuto provenienti dalle potenze alle quali ragioni di opportunità politica vietavano di opporre un rifiuto, le truppe negli anni di Ferdinando II rimasero un elemento centrale della politica granducale, anche se il sovrano preferì mobilitare le risorse finanziarie dello Stato per garantirsi la neutralità anziché muovere gli uomini. Se nella lunga vicenda della Toscana di Ferdinando II si può rintracciare un elemento ricorrente, questo è rappresentano dalla tenacia con cui il principe improntò la sua azione in campo internazionale, per un verso, al criterio della conservazione degli assetti politici e dell’equilibrio tra i vari stati della Penisola, e per un altro, al mantenimento del Granducato al riparo degli scontri tra le grandi potenze europee. Infatti, per fare un esempio, al pari delle altre piccole ma determinanti realtà italiane come le repubbliche di Genova e Venezia, quando nel 1661 Carlo II d’Inghilterra recuperò il trono dopo il governo di Cromwell, anche il granduca inviò l’ambasciatore Giovanni Vincenzo Salviati ad omaggiare il re inglese garantendo il proprio sostegno diplomatico.
Inoltre, la Toscana granducale del XVII secolo non solo riuscì a preservare il proprio territorio, risultato dalla conclusione della Guerra di Siena nel 1559, ma conseguì nel corso del secolo una serie di piccoli acquisti che ne estero la superficie. Dopo l’acquisto della Maremma, grazie alle consistenti disponibilità di cui godeva lo Stato dei Medici, nonostante le difficoltà economiche che in quei decenni la Toscana conosceva, furono annesse Santa Fiora e, soprattutto, Pontremoli, snodo commerciale determinante per il Granducato, dopo una lunga trattativa gestita magistralmente dalla diplomazia medicea.