La superiorità dei libri

Ho sempre creduto nella superiorità dei libri, preferendoli alla frequentazione delle persone, finanche dei loro stessi autori. Li ritengo infatti strumenti di una comunicazione umana più alta, che non il semplice dialogo o l’oralità. Il libro, la parola scritta, possiedono infatti una superiorità intrinseca ed essenziale, forgiata dal processo di elaborazione del pensiero che vi è esposto, maturata dalla selezione delle riflessioni più profonde e meno contingenti e dalla ricerca della forma e del lessico migliori in cui esprimerle.

Scrive Nicola Gardini: «Non nego a priori le bellezze del parlato (in verità, assai rare, come basta a indicare un casuale ascolto di quel che ci invade le orecchie nel corso di una qualunque giornata). Voglio solo dire, partendo dall’osservazione di quel che il tempo ha tramandato di secolo in secolo, di millennio in millennio, che la scrittura letteraria porta le parole fuori dalle contingenze casuali, dove non hanno piano, volontà, ambizione, stile, e dà loro come obiettivi l’eleganza, la musica, la verità. L’anima di una lingua, cioè – lo sottolineo – la letteratura, è quel che una lingua si propone di dire e finisce per dire, mirando al “meglio”, scegliendo. La letteratura è volontà di composizione; è ricerca dell’espressione migliore, e questa significa intelligenza e conoscenza.»

L’argomentazione della tesi sostenuta (per i saggi), o anche solo il dar voce alla propria interiorità (per la narrativa), conquistano così, nella pagina scritta, una forma perfetta e immortale mentre le parole, transeunti per antonomasia, evaporano nell’immediatezza dell’eloquio.

Avviene poi, per i libri pubblicati, un’ulteriore selezione tra gli scritti maggiormente meritevoli. L’editore, infatti, opera una attenta vagliatura dei testi propostigli, scegliendo di pubblicare solo quelli di maggior valore contenutistico.

Prendere in mano un libro, specie se edito da una casa editrice storica, offre la garanzia di confrontarsi con i pensieri più elevati di autori consacrati dal severo giudizio dei pari e finanche dalla posterità. Si può così esser certi di non sprecare il tempo che dedicheremo alla lettura e che le premesse (e promesse) culturali saranno mantenute. In epoca di profluvio informazionale, di vero e proprio sovraccarico cognitivo, non è cosa da poco.

Il mondo dei libri è un mondo conchiuso, perfetto ed autosufficiente. Come dichiarava Umberto Eco nelle postille a Il nome della rosa: «Si fanno libri solo su altri libri e intorno ad altri libri. […] I libri parlano sempre di altri libri.» È facile dunque cadere nella vertigine bibliografica dei rimandi intertestuali sperimentando così l’alterità profonda dei libri rispetto al mondo esterno.

Fabrizio Caruso

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