“La storia di Cesare” di Valentina Mastroianni

La storia di Cesare, Valentina MastroianniLa storia di Cesare. Scegliere a occhi chiusi la felicità
di Valentina Mastroianni
De Agostini Libri

««Signora Mastroianni, quante macchie ha Cesare, simili a questa?»
Apnea.
«Più o meno di sei?»
Per segnare un prima e un dopo nella tua esistenza può bastare anche una sola, semplice domanda.

Nei suoi primi mesi di vita, Cece fu sottoposto a diverse visite, come tutti i bambini della stessa età. A differenza loro, però, mio figlio non cresceva più di tanto: era al di sotto della soglia considerata “normale” da tutti i parametri di riferimento. Mangiava poco e faticava a mettere su peso. Sembrava più piccolo. Questi dettagli iniziarono a preoccuparmi, in misura maggiore rispetto a una minuscola macchia caffellatte. Inoltre, con il tempo, erano comparse molte altre macchioline e il pediatra non aveva potuto non notarle durante i controlli. Lui però non si era mai espresso a riguardo e io non avevo sollevato il discorso.
Se ci fosse stato qualcosa di strano, me lo avrebbe detto, mi convincevo.
Poi, un pomeriggio, fu il mio turno. Dovevo sottopormi al controllo dei nei per verificare che non ci fossero eventuali anomalie sulla pelle. Portai Cece con me, anche perché all’epoca aveva sette, otto mesi al massimo, e lo stavo ancora allattando.
La visita era di routine, nulla di che. Eppure rimasi irrequieta per tutta la sua durata: una parte di me spingeva perché domandassi alla dottoressa di visitare anche mio figlio, l’altra mi suggeriva di lasciar perdere. Alla fine la curiosità vinse ogni resistenza e al termine del controllo, senza tanti giri di parole, chiesi alla dermatologa se potesse dare uno sguardo alla macchiolina di Cece.
Sì, proprio quella sul collo, la prima che avevo individuato.
Anche a osservarla di nuovo, lì in studio, mi sembrò piccola. Innocua.
La dottoressa si piegò verso di lui, poi raddrizzò la schiena e mi guardò dritto negli occhi.
«Signora Mastroianni, quante macchie ha Cesare, simili a questa?»
Apnea.
«Più o meno di sei?»
Non capii il senso della domanda.
«Io… io penso ne abbia più di venti.

La dermatologa mi diede le spalle per qualche istante, lo sguardo rivolto non più a me ma ai manuali dall’aspetto professionale che riempivano la libreria dello studio. Ne afferrò uno particolarmente pesante e l’appoggiò sulla scrivania.
Se chiudo gli occhi riesco a sentire ancora adesso il tonfo inquietante del libro che sbatte sulla superficie del tavolo.
«Signora, può essere che suo figlio abbia la neurofibromatosi» mi disse seria, sfogliando le pagine del volume. «Queste macchioline sono tipiche della malattia. Non c’è da preoccuparsi, ma le consiglio di sentire il pediatra del bambino.»

Neurofibromatosi.

Era la prima volta che sentivo una parola del genere. Mi fece strano anche ripeterla, come se tutto, dalle lettere che la componevano al suono che produceva, fosse sbagliato.
Ci avrei messo alcuni mesi per riuscire a pronunciarla ad alta voce.
Mesi durante i quali la neurofibromatosi sarebbe entrata a gamba tesa nella quotidianità della mia famiglia, nei nostri progetti per il futuro, nelle notti in bianco e nei sogni agitati.
Uscii dallo studio medico con giramenti di testa e una nausea fortissima. Una sensazione di rifiuto mi attanagliò lo stomaco.»

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