
Gli avversari di Francesco, i “lupi” come lo ho chiamati nel mio primo libro sul pontificato, sono in Vaticano e nelle Chiese locali: cardinali, vescovi, preti ma anche una parte di fedeli, che sono attaccati all’idea di una Chiesa dottrinaria, dogmatica, clericale, che si considera una fortezza in lotta con il mondo, depositaria di una spiritualità superiore, per la quale i diversamente credenti sono persone a cui “manca qualcosa”. L’offensiva è partita con i Sinodi sulla Famiglia e la questione se concedere o no la comunione ai divorziati risposati. Da allora è iniziata una escalation implacabile contro il pontefice argentino. Con appelli, petizioni, manifesti affissi nel cuore di Roma, una falsa edizione dell’ “Osservatore Romano” diffusa via internet per ridicolizzare papa Bergoglio, documenti di cardinali che mettevano in dubbio la legittimità del papa di autorizzare l’eucaristia per i divorziati risposati, richieste di “correggere” il papa, fino ad arrivare alle accuse di vera e propria eresia contenute in un recente appello. Nessun papa dei tempi moderni ha incontrato un’opposizione interna così forte da parte di vescovi e sacerdoti negli ultimi cento anni come papa Bergoglio. Lo ha ricordato lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Molti si chiedono come farà Francesco a resistere.
Quali accuse rivolgono a Bergoglio i suoi detrattori?
Lo accusano di essere femminista perché sostiene che le donne nella Chiesa devono andare nelle posizioni dove si prendono decisioni e non essere relegate a funzioni di servizio. Lo accusano di tradire le norme della Tradizione, quando apre la strada alla comunione per i divorziati risposati e si rifiuta di demonizzare le coppie omosessuali. Lo accusano di comunismo per la sua ferma denuncia della “inequità” che domina il sistema economico. Lo accusano di populismo perché ritiene che la Chiesa debba esercitare misericordia non porsi come un casello di dogana, i cui funzionari dicono “Tu dentro, tu fuori”. Soprattutto lo accusano di disgregare il senso gerarchico della Chiesa e di trascurare le “verità” ecclesiali insistendo invece sull’amore di Dio.
Quali sono i mali della Chiesa?
Non è mio ruolo mettermi in cattedra. Posso dire ciò che fa male alla Chiesa: l’insufficiente risposta agli scandali di pedofilia. Questo è un altro terreno di grande tensione all’interno della Chiesa. Francesco è per una strategia di tolleranza zero, ha cacciato cardinali dal collegio cardinalizio, ha degradato vescovi, ma soltanto poche conferenze episcopali seguono una linea rigorosa di ascolto delle vittime. Negli Stati Uniti, in Germania, In Austria, in Inghilterra, in Irlanda. Al contrario, il novanta per cento delle conferenze episcopali del mondo nell’ultimo decennio non hanno fatto praticamente nulla nel costruire strutture a cui le vittime possano rivolgersi, nulla per monitorare se i vescovi locali fanno il loro dovere nell’aprire immediate indagini sui preti predatori, nulla per organizzare un sistema di risarcimenti. In Italia la Cei ha iniziato a istituire un Servizio nazionale di prevenzione soltanto nel 2018. Tutti credono che un pontefice sia onnipotente, invece non è così. Esiste anche il sabotaggio nei confronti del papa. I vertici ecclesiastici cileni hanno mentito per anni a Francesco, non volendo scoperchiare uno dei maggiori scandali di abusi, conosciuto come “caso Karadima”. Nella sua politica di riforme papa Bergoglio è spesso solo, nel senso che i consensi per la sua personalità sono molto alti, ma le forze all’interno della Chiesa, che si impegnano veramente per sostenerlo, non sono la maggioranza. All’interno della gerarchia ecclesiastica c’è molta inerzia, resistenza, paura di camminare per sentieri nuovi – a parte l’opposizione aperta.
Com’è la Chiesa desiderata da papa Francesco?
Una Chiesa non burocratica, non dottrinaria, non strutturata come monarchia assoluta con un papa imperatore. Una Chiesa senza vescovi con la mentalità del principe o del funzionario, senza preti narcisisti che spesso vivono una doppia vita o si preoccupano troppo di beni materiali. Francesco vuole una Chiesa-comunità, che sia accanto agli uomini e alle donne del mondo contemporaneo al di là delle frontiere confessionali. Una Chiesa i cui fedeli si riconoscono non soltanto perché vanno a messa la domenica, ma perché danno una testimonianza gioiosa (Bergoglio insiste su questo concetto) del messaggio di Cristo. Fedeli che, come nel discorso delle Beatitudini, stanno concretamente accanto a chi è povero, a chi soffre a chi ha sete di giustizia. Una Chiesa in cui sono coinvolti nelle decisioni i laici, uomini e donne. Perché anche il “gregge” sa indicare la direzione giusta. Una Chiesa in dialogo stretto con le altre Chiese cristiane, riconoscendo che anche loro hanno doni da portare e insegnamenti da dare alla cristianità. In dialogo con ebrei, musulmani, aderenti ad altre religioni e anche con i non credenti, che sono attenti al bene comune.
Come sono i rapporti col papa emerito Benedetto XVI?
In questi anni sono stati eccellenti. Il pontefice dimissionario non ha mai dato corda agli avversari di Francesco, ma è sempre stato leale nei suoi confronti come aveva promesso al momento della sua rinuncia. Ma l’ultimo suo intervento sugli abusi sessuali e sul “collasso morale” della Chiesa – intervento psicologicamente incoraggiato dall’allarmismo dei conservatori – ha rotto questo equilibrio. Ora sono sulla scena due narrazioni contrapposte di due papi. Francesco vede la radice del male degli abusi nel clericalismo, Benedetto indica la causa nella rivoluzione sessuale del ’68 e nel relativismo infiltratosi, secondo lui, nella Chiesa. È una situazione che i nemici di Francesco sfruttano egregiamente.
Cosa dobbiamo attenderci dal pontificato di papa Francesco?
Bergoglio ha liberato la Chiesa dall’ossessione sui problemi della sessualità, ha fatto grande pulizia nella banca vaticana (anche se molto resta da fare in altri settori della Curia), ha aperto la strada all’ingresso delle donne in posizioni apicali della Curia (sebbene molte cattoliche lo critichino per una eccessiva lentezza), spinge per il passaggio da una Chiesa tutta incentrata sulla monarchia papale ad una Chiesa più “sinodale” in cui il pontefice governa insieme ai vescovi la comunità ecclesiale coinvolgendo sempre più i fedeli. Soprattutto Francesco spinge perché i cristiani, nel segno del Vangelo, prendano attivamente posizione sulle ingiustizie di un modello economico di rapina, sulle “nuove schiavitù” sessuali e lavorative, sul degrado ambientale che alimenta il degrado sociale. Francesco è per una testimonianza attiva del comandamento cristiano di “amore per il prossimo”.
Ma troppe volte fedeli e vescovi lo lasciano solo, limitandosi ad applaudirlo. Gli ultimi anni del pontificato saranno duri. Come ha detto il cardinale Walter Kasper c’è già chi lavora per influenzare il prossimo conclave. Non dovrà esserci un Francesco II. Uno dei più fedeli sostenitori del papa, il gesuita Antonio Spadaro direttore della rivista “Civiltà Cattolica” ha dichiarato apertamente: “Questo è un pontificato drammatico, si vedono cardinali attaccare il papa e atei difenderlo”.
Marco Politi, biografo di tre papi, è scrittore e vaticanista.
Ha iniziato al Messaggero nel 1969, proseguendo per quasi vent’anni a Repubblica e cinque al Fatto Quotidiano. Il suo libro Francesco tra i lupi (ed. Laterza) apparso nel 2014 e tradotto in molti paesi, è diventato internazionalmente una chiave interpretativa del pontificato di Bergoglio. Con il premio Pulitzer Carl Bernstein ha pubblicato il best-seller internazionale su Giovanni Paolo II His Holiness (ed. Doubleday / Sua Santità, ed. Rizzoli). In Joseph Ratzinger. Crisi di un papato (ed. Laterza 2011) ha prefigurato le dimissioni di Benedetto XIV.