
Chi era Costantino Africano e cosa sappiamo di lui?
Costantino è un personaggio centrale per la Scuola di Salerno e una delle figure più eminenti della cultura medica medievale. Nell’angusto mondo letterario e scientifico dell’Alto Medioevo segna il ritorno in Occidente della medicina grecolatina distrutta e depredata nel corso delle invasioni barbariche e delle guerre di conquista, ma conservata in gran parte nei centri di cultura islamici e arabizzata.
Nativo di Cartagine, si narra di lui di aver viaggiato per quaranta anni in Africa, Medio Oriente, Persia ed India ed infine, perfetto conoscitore dell’arabo, del siriaco, del persiano e dei costumi di questi popoli, di essere rientrato a Cartagine per fondarvi una scuola. Ma per invidia, per aver urtato gli interessi di qualcuno e minacciato di morte, è costretto a fuggire e riparare a Salerno portando con sé un cospicuo numero di rotoli medici procuratisi in Oriente. È ricevuto da Roberto il Guiscardo, da poco divenuto principe di Salerno, che, avendone apprezzato l’ingegno, la cultura e la conoscenza delle lingue, lo invita a rimanere nella sua reggia con un incarico prestigioso. Ma Costantino, che rifugge le cortigianerie di palazzo ed ama dedicarsi ai suoi libri, spronato anche da Alfano, arcivescovo di Salerno, raggiunge il monastero di Montecassino, dove, rivestito il saio di umile fraticello, vi trascorrerà il resto della vita. All’epoca Montecassino è uno dei centri intellettuali più brillanti ed avanzati d’Europa e, nella serenità del chiostro, incoraggiato e protetto dall’abate Desiderio, futuro papa Vittore III, grande mecenate di iniziative culturali, si dedicherà ad un fecondo lavoro di traduzione dall’arabo in latino di numerose opere scientifiche: si tratta in gran parte di scritti medici, conservati nei suoi rotoli e nella biblioteca abbaziale. Il fatto notevole è che i manoscritti che egli traduce non sono che versioni in arabo, in greco bizantino, in siriaco, in persiano dei migliori trattati di medicina della grecolatinità, del parto dei più illustri medici del mondo antico. Ciò significa per l’Occidente la riscoperta della propria eredità scientifica dispersa nella catastrofe dei secoli bui, recuperata dagli arabi durante la loro inarrestabile avanzata, tradotta da autori islamici, monaci nestoriani e monofisiti nelle rispettive lingue e secondo le loro weltanschauung, ed infine rientrata nella madrepatria ad opera di Costantino. Tale inestimabile ed indiscussa fatica di riesumazione di insegnamenti perduti, di conoscenze antiche sepolte sotto un immane flagello e restituite all’umanità sono raccolte da Salerno e la sua Scuola, che le diffonde in Europa, imprimendo allo scibile scientifico d’Occidente una svolta decisiva, un nuovo cammino. In conclusione Costantino con il suo zelo, con la sua intelligenza, con il suo acume procurerà un materiale inestimabile e necessario per l’avvio di quella che sarà definita la Rinascita del XII secolo.
Quali credenze riguardo la fisiologia degli organi riproduttivi erano diffuse nel medioevo?
L’anatomia funzionale degli organi genitali nel medioevo è poco conosciuta. La preparazione dei medici in epoca preuniversitaria è scarsa, né alto è l’interesse riguardo le problematiche della fecondazione e della riproduzione. Si limitano a riproporre quanto in merito hanno scritto gli antichi autori e soprattutto quanto hanno detto Aristotele e Galeno, conoscenze che possiamo riassumere nei seguenti concetti. La procreazione si ha con il rapporto sessuale, il quale, accompagnandosi in pieno godimento a baci, carezze e confricazione dell’organo maschile con la vagina, si protrae fino all’orgasmo e all’emissione dello sperma, raggiungendo il massimo piacere: e segnando la fine dell’amplesso. Il piacere che accompagna l’atto è necessario, perché finalizzato alla fecondazione e alla perpetuazione della specie ed è legato alle sensazioni. Mentre nell’uomo l’orgasmo si ha con l’eiaculazione, nella donna è raggiunto con la ricezione del liquido seminale. . Per aversi il coito sono necessari tre fattori: il calore che mette in movimento gli umori, l’umore che forma lo sperma, lo spirito che sostiene l’atto sessuale e consente l’eiaculazione.
Si ritiene ancora l’organo maschile provvisto di due canali, uno per l’urina, l’altro per il liquido seminale, sostanziato da numerose caverne, vuote in condizione di riposo e ripiene di spiriti e di vapori durante l’erezione, lungo quanto basta per raggiungere la matrice. I testicoli sono aggrovigliati da una rete di nervi originati dal cervello e di arteriole in parte provenienti dal cuore, in parte dal cervello. Lo sperma è un eccesso di materiale nutritivo proveniente dal fegato e arricchito di spirito naturale: un miscuglio trasformato nel testicolo dalla cozione e perfezionato nei vasi spermatici. Degli organi genitali femminili si conoscono la vulva, la vagina, l’utero e le ovaie. Per quanto riguarda la fecondazione, la donna offre il materiale costituito dal sangue mestruale, mentre lo sperma fornisce il modello al futuro individuo e induce lo sviluppo dell’embrione; durante la gestazione il mestruo è trattenuto proprio per dare materia a questa costruzione. Secondo Galeno infine le ovaie non sono che testicoli femminili, secernenti anche esse un liquido seminale, che attraverso le tube, raggiunge l’utero e mescolandosi al seme maschile, dà luogo alla formazione dell’embrione.
Quale era la visione del sesso nel medioevo?
Presso i popoli primitivi la gravidanza non è collegata al rapporto sessuale e all’introduzione dello sperma nella cavità uterina, ma ritenuta il prodotto dell’intervento di una divinità o della nascita di un antenato. Solo in epoca successiva si reputa il concepimento legato all’unione dello sperma con il mestruo, nella convinzione però che la riproduzione sia appannaggio del solo seme maschile: la donna offre semplicemente il ricettacolo a questo seme senza alcun intervento personale. Accolto all’interno dell’utero, il liquido seminale con un’azione organizzativa e creativa trasforma il mestruo femminile in un nuovo essere umano.
Inizialmente comunque il dibattito sulla genesi del processo riproduttivo è affidato alla sola speculazione filosofica. Bisogna arrivare ad Ippocrate per vedere l’argomento affrontato in senso biologico e non più concettuale ed a Galeno per avere un’ulteriore precisazione di dettagli.
Durante il medioevo la visione del sesso ricalca quelli che sono i dettami della Scuola medica salernitana, del Regimen sanitatis salernitanum, cui si richiamano peraltro tutti i Regimina apparsi in quei secoli con chiare finalità igienico eudemonistiche. Scorrendoli, ci si accorge di essere di fronte ad una precettistica sostanzialmente maschilista: la donna è in evidente posizione subordinata.
Per il Regimen sanitatis il coito è giovevole in primavera e durante l’inverno, anzi gennaio è il mese migliore per le prestazioni sessuali, da condurre preferibilmente nel talamo nuziale; mai comunque d’estate. Marzo eccita il desiderio nell’uomo, maggio nella donna. L’abuso è da evitare, perché dannoso: sfibra l’organismo e riduce il godimento. Guardarsi dall’amplesso durante le mestruazioni, perché incide negativamente sull’organismo. Dopo eccessivi rapporti sessuali è bene non applicarsi a lavori intellettuali, perché gli occhi si affaticano e la mente è confusa. Si potrebbe continuare, ma il tono è sempre lo stesso e v’è da presumere che tali linee di condotta siano state quelle più diffusamente applicate. Dico ‘diffusamente’, perché i consigli delle Regole sanitarie, pur rivolti esclusivamente ai signori, agli optimates e non al popolo, come è dato desumere dalle dediche ai vari testi, diventano comunque popolari, tanto che alcuni di questi precetti s’immortalano in detti proverbiali: “Agosto, moglie mia non ti conosco”.
Il De coitu di Costantino, in definitiva, non solo rappresenta la summa di quelle che sono le convinzioni scientifiche dell’età di mezzo, ma anche le opinioni correnti che agitano i discorsi sulla sessualità e ad esso si rimanda.
Giuseppe Lauriello, primario emerito di pneumologia e storico della medicina, perfezionamento conseguito presso l’Università di Roma, membro della Società italiana di Storia della medicina e dell’Accademia di Storia dell’Arte sanitaria, ha coltivato sin dalla giovane età l’interesse per l’evoluzione scientifica della disciplina, partecipando attivamente a convegni e tenendo relazioni e conferenze su argomenti vari della materia. Vive a Salerno, una città che gli ha dato spunto per l’approfondimento storico della sua celebre Scuola: la Scuola medica salernitana, a cui ha dedicato varie pubblicazioni che gli hanno meritato un premio internazionale. Tra queste: Discorsi sulla Scuola medica salernitana; Salerno e la sua chirurgia; traduzione e commento con visione scientifica moderna di alcuni testi inediti: Post mundi fabricam, un manuale di chirurgia di Ruggiero salernitano; Practica brevis, un manuale di pratica medica del XII secolo di Giovanni Plateario; De instructione medici, deontologia e metodologia medica da un manoscritto salernitano del XII secolo di anonimo; I testi anatomici della Scuola di Salerno; La sessualità nel medioevo: il De coitu di Costantino africano. Ha spaziato anche su altre tematiche non specifiche della branca, ma con essa relazionate: di letteratura: Leopardi e le mummie di Ruysch; Grandezza e drammi della letteratura italiana, un percorso medico psicologico; di arte: I colori della medicina; La visita medica nei pittori di genere del Seicento olandese; di archeologia: Asclepieia, i santuari della salute nel mondo greco; di letteratura greca: Le ghiandole di Ippocrate; Menecrate di Tralles ed altre memorie; Amore in Grecia nudo e nudo in Roma; di letteratura latina: Insulae, vivere il quotidiano in una città romana; La viabilità nella Roma antica; La Lex Aquilia. Ed infine di interesse più strettamente pneumologico: Il mal sottile, storia di una lotta secolare tra uomo e malattia.