
Quale progetto politico e legislativo contiene il dialogo?
Il progetto politico e legislativo delle Leggi è molto articolato. Si tratta di capire in primo luogo quale dev’essere il fine della legislazione, e su questo non ci sono dubbi. Il fine deve essere la realizzazione della virtù, non la guerra, come a Creta e Sparta, o il potere o la ricchezza, come nelle costituzioni degenerate dell’epoca. Prima di procedere all’istituzione di un codice legislativo bisogna dunque comprendere la natura della virtù e quale sistema costituzionale permetta di realizzarla. La virtù principale di uno stato è la concordia interna, che corrisponde alla giustizia nella Repubblica, l’armonia tra le parti. Questa si realizza mediante un contemperamento equilibrato di libertà, caratteristica della democrazia ateniese, e autorità, tipica della monarchia persiana. Gli eccessi in un senso o nell’altro corrompono il sistema politico. Ma la cosa notevole è che questa disarmonia interna è definita come suprema ignoranza, e viceversa l’armonia tra le parti corrisponde alla perfetta sapienza, cioè alla virtù intellettuale. L’idea dell’unità della virtù, tipico della filosofia platonica, è ancora operante. Giustizia, sapienza e moderazione sono tutt’uno, mentre il coraggio retrocede all’ultimo posto.
Una volta stabilite queste premesse è possibile scendere nel dettaglio della legislazione. Un’idea originale e centrale nelle Leggi è la figura del proemio, preposto al sistema legislativo nel suo complesso e ad ogni singola norma. Sua funzione è quella di persuadere i cittadini della bontà e dell’utilità sociale delle singole leggi, in modo che l’obbedienza alla legge non sia coatta, ma avvenga attraverso la persuasione. In tal modo si può realizzare l’auspicata concordia interna. Sul piano politico, rispetto alla Repubblica sono visibili sostanziali novità. È ammessa, sia pure in un senso limitato, la proprietà privata. I cittadini a pieno titolo (che rappresentano una parte minima della popolazione, costituita -oltre che dagli schiavi- da meteci, stranieri in visita, artigiani, tutti non aventi pieni diritti politici) sono proprietari di un lotto di terreno che coltivano di persona, non alienabile, e che viene trasmesso ereditariamente. È abbandonata l’idea della comunione di donne e figli e si fa nuovamente spazio alla famiglia. La città di Magnesia (questo il nome immaginato per la colonia di nuova fondazione) è basata su un’economia essenzialmente agricola e aspira all’autosufficienza. Sono ammessi la circolazione del denaro e il commercio minuto, ma vengono posti severi limiti alla ricchezza individuale, che per Platone è la causa prima della corruzione degli stati. Il sistema, pur prevedendo la divisione in quattro classi di cittadini, ispirata al modello di Solone, è tale da da consentire la maggior partecipazione possibile di tutti alla vita politica.
Come si articola l’ampio codice legislativo?
Dapprima viene stabilito l’organigramma della polis con le relative magistrature, un complesso sistema di cariche e di procedure elettive, alcune delle quali del tutto originali, altre ispirate alla democrazia ateniese e in parte a istituti spartani. Il sistema giuridico è strettamente regolamentato; l’educazione, il comportamento sessuale, l’organizzazione economica, il diritto di famiglia si fondano su norme anche molto dettagliate e precise. Di grande interesse è il codice penale, apparentemente draconiano in alcuni casi, ma ispirato a un principio di fondo assai moderno, quello della rieducazione del reo, considerata prioritaria rispetto alle finalità punitive. Bisogna però sempre ricordare che le Leggi non sono un codice legislativo strettamente inteso, un insieme di leggi vere e proprie, ma intendono piuttosto offrire un modello, uno schema di massima cui i futuri legislatori potranno ispirarsi. La legge per Platone soffre dei medesimi difetti del testo scritto, fissità e rigidità, ed è necessario prevedere meccanismi in grado di modificare gli istituti esistenti, adeguandoli a una realtà in continuo divenire.
In che modo nel dialogo, oltre al codice legislativo, trovano spazio tutti i principali temi della riflessione platonica?
Nelle Leggi trovano spazio tutti i grandi temi della filosofia platonica, la virtù e la sua unità, l’anima, la cosmologia, la teologia, l’educazione, la storia, la retorica, la penologia e l’escatologia, e naturalmente la politica e il sistema normativo e costituzionale. Questi sono disseminati lungo tutto il dialogo sotto varie forme: digressioni solitarie del protagonista, dialoghi di tipo socratico tra i partecipanti che portano a un consenso, trattazioni più o meno sistematiche, brevi perorazioni. È un complesso di rimandi e interazioni, in cui il sistema delle leggi deve essere continuamente fondato da un punto di vista teorico. La dottrina dell’anima, la cosmologia, la teologia vengono a costituire tale fondamento. Si tratta, come è stato detto, di iscrivere la vita politica nel tempo cosmico. Non si trova invece la dottrina delle idee, ma non c’è motivo di pensare che Platone l’abbia abbandonata. Accenni a questa dottrina sono visibili sullo sfondo, quando si indicano le conoscenze che i futuri componenti del consiglio notturno dovranno possedere.
La seconda polis è realizzabile?
La questione è molto controversa, come lo è del resto quella del carattere utopico o meno della kallipolis della Repubblica. In linea di principio, nell’antica Grecia la possibilità di fondare nuove colonie ex novo garantiva la progettazione di sistemi politici integralmente riformati sin dalle fondamenta, con un corpus legislativo originale. Platone deve aver creduto in una opportunità del genere, e alcune testimonianze esterne raccontano che gli fu chiesto di redigere costituzioni per nuove città nascenti. Nelle Leggi si parla di una “seconda” polis, seconda rispetto al modello ideale cui si ispira la Repubblica, basato sulla comunione dei beni. Quel modello, dice l’Ateniese, va bene per dèi o figli di dèi, ma noi stiamo ragionando di uomini. Il progetto delle Leggi è dunque in partenza più realistico, o se si vuole più “pragmatico” (categoria di dubbia applicazione a Platone, se almeno con “pragmatismo” si intende una rinuncia all’ideale in vista di una realizzazione pratica; il modello ideale resta sempre lo stesso). L’Ateniese parla però, enigmaticamente, anche di una “terza” polis, e non è chiaro a cosa si riferisca. Deve comunque trattarsi di una città ancor più lontana dal modello ideale, e dunque Platone è consapevole che anche la seconda polis sarebbe di difficile attuazione pratica. Nonostante le maggiori concessioni fatte alla libertà individuale, i limiti imposti ai cittadini di Magnesia vanno ben oltre ciò che era consentito nelle città greche dell’epoca. Non si può disporre a proprio piacimento della terra, che rimane bene comune, la possibilità di arricchirsi individualmente è esclusa, il controllo delle nascite è ferreo, le norme generali sono rigide e invasive della vita privata. Tutto ciò era difficilmente accettabile per un greco dell’epoca. Ma a parte la questione del gradimento da parte dei cittadini, altri aspetti del progetto appaiono difficilmente pensabili. La religione della città si sforza di salvaguardare le tradizioni vigenti, ma la teologia che Platone propone nelle Leggi implica una profonda riforma del modo comune di pensare. La preghiera e il sacrificio, assi portanti della religione tradizionale, vengono visti in una luce completamente nuova, in base a una convinzione ferma: non si possono modificare i propositi degli dèi con preghiere e sacrifici, e questo implica una decisa frattura con i sistemi tradizionali. Una polis fondata sulla teologia delle Leggi appare impensabile nella Grecia del IV secolo a.C. Sul piano politico, poi, l’autarchia auspicata sembra anch’essa utopistica nella realtà storica, territoriale ed economica dell’epoca. E ancora, il consiglio notturno, organo senza il quale l’intera costruzione sarebbe destinata a crollare, è costituito da un non indifferente numero di sapienti, che perdipiù dovrebbero condividere con convinzione le dottrine platoniche; ma il filosofo è per Platone merce assai rara, e un consesso di sapienti un sogno irrealizzabile. Perdipiù, Platone presenta talvolta il suo progetto come un gioco, un “saggio gioco per gli anziani”, e questo pone una seria ipotetica sulla possibilità che egli credesse fermamente in una sua effettiva realizzazione, almeno in tutti i dettagli previsti. Buona parte della legislazione presentata, tuttavia, non ha niente di utopistico, e più volte è palese che l’Ateniese ragiona tenendo conto di situazioni molto concrete. La risposta finale alla domanda circa la realizzabilità rimane dunque incerta. Certo è però che Platone intendeva prima di tutto presentare un modello cui qualsiasi sistema politico e legislativo avrebbe dovuto avvicinarsi nella massima misura possibile. Platone resta pur sempre il filosofo dell’ideale, rispetto al quale qualsiasi realizzazione concreta rimane deficitaria.
Bruno Centrone insegna Storia della filosofia antica all’Università di Pisa. Si occupa in particolare del pitagorismo, di Platone, di cui ha tradotto e/o commentato numerosi dialoghi (Eutifrone, Fedro, Fedone, Repubblica, Sofista, V e VII tetralogia), e di Aristotele.