“La scomparsa del pensiero. Perché non possiamo rinunciare a ragionare con la nostra testa” di Ermanno Bencivenga

La scomparsa del pensiero Ermanno BencivengaProf. Ermanno Bencivenga, Lei è autore del libro La scomparsa del pensiero. Perché non possiamo rinunciare a ragionare con la nostra testa, pubblicato da Feltrinelli: come appare il mondo contemporaneo a un docente di logica?
Paradossale, perché allo stesso tempo sembra di assistere al trionfo della logica e alla sua rovina. La logica formale contemporanea fu fondata da Gottlob Frege e poi sviluppata da Bertrand Russell, Rudolf Carnap, Kurt Gödel, Alfred Tarski e molti altri. Fra questi altri c’era Alan Turing, che concepì la sua macchina e poi, per esigenze belliche (per decifrare il codice nazista Enigma), la realizzò. Il computer moderno è una macchina di Turing: ne siamo circondati e ha cambiato il nostro mondo. E i linguaggi di programmazione sono discendenti dei linguaggi formali elaborati dai grandi logici del XIX e XX secolo. Quindi in un certo senso la logica ha vinto la sua battaglia ed è diventata la disciplina dominante. D’altra parte, però, la logica è sempre più assente dalla conversazione pubblica e quotidiana, che si svolge mediante appelli alla «pancia» degli ascoltatori: alle loro emozioni, non al loro ragionamento.

La logica sembra aver perso il suo statuto antico di disciplina fondante la conoscenza, passando in secondo piano: è vero questo?
È passata in secondo piano, come ho detto, nell’uso esplicito che se ne fa quotidianamente. I dibattiti politici di trenta o quarant’anni fa avevano una struttura argomentativa: ciascuno sposava una certa idea di Stato (cattolica, comunista, socialista, liberale, monarchica, fascista) e ne deduceva logicamente scelte specifiche nei confronti di problemi concreti: la presenza del latino nella scuola media, diciamo, o la costruzione di un’autostrada. Lo stesso valeva anche per temi di minore importanza: chi discuteva di calcio al bar manifestava spesso capacità raziocinanti ammirevoli nel difendere la sua posizione e nel creare problemi per quelle avverse. Oggi i dibattiti politici e le discussioni di calcio avvengono quasi esclusivamente con strilli e insulti. Quindi, mentre passiamo la nostra vita davanti a uno schermo o comunicando con un telefonino, il che non sarebbe possibile se quegli oggetti non avessero la struttura logica che hanno, noi non siamo più in grado di fondare le nostre opinioni e le nostre scelte sul ragionamento.

In che modo la logica può divenire veicolo di democrazia?
Democrazia è governo da parte del popolo, e il popolo non può governare, cioè reggere le sorti dello Stato, se non sa rendere conto delle sue decisioni e chiedere conto ai suoi rappresentanti (a coloro che ha eletto per rappresentarlo) di come amministrano lo Stato. Rendere conto e chiedere conto di qualcosa sono forme di pensiero e di ragionamento: se una persona di potere abusa del suo potere o ne fa un uso deleterio, o se contraddice a quel che aveva promesso, il popolo deve saperla contestare con cognizione di causa – evidenziare le sue contraddizioni con quanto ha detto, o con il bene comune. Chi non ragioni non potrà svolgere tale compito e probabilmente sarà il primo a contraddirsi, incoraggiando il potente a fare di ogni erba un fascio. Il rigore nell’esercizio della logica è indispensabile perché il popolo faccia sentire, forte e coerente, la sua voce.

Siamo circondati da scelte illogiche: quali sono a Suo avviso le ragioni della strisciante illogicità contemporanea?
«Paradosso» vuol dire stranezza; indica qualcosa che è al di là del credibile. Talvolta però, riflettendoci, concludiamo che ciò che sembrava strano non lo è affatto, che anzi c’era da aspettarselo. È quel che capita, ho spiegato nel mio libro, con il paradosso di cui ho parlato prima, tra l’apparente trionfo della logica e la sua apparente rovina. Riflettendoci, ci rendiamo conto che è proprio perché abbiamo esternalizzato una nostra funzione a macchine che stiamo perdendola. Quando dal muoverci a piedi, cioè usando la nostra stessa forza fisica, siamo passati a utilizzare mezzi di locomozione artificiale, abbiamo gradualmente perso il controllo del nostro corpo, l’obesità è diventata pandemica e per combatterla abbiamo dovuto introdurre esercizi e ginnastiche a loro volta artificiali (non corriamo più per raggiungere una meta, ma come attività autonoma). Lo stesso sta succedendo con la logica: l’abbiamo esternalizzata ai computer e la stiamo rapidamente perdendo. La logica ha prosperato in una lunga fase di carenza informativa: avevamo pochi dati a disposizione e dovevamo compiere il miracolo di inferirne altri, ragionando. Oggi tutti i dati sono a disposizione in tempo reale, schiacciando qualche tasto; la logica non ci serve più e per noi sta diventando obsoleta come i denti del giudizio.

Come è possibile recuperare il valore del pensiero?
Ci vuole un lavoro umile e paziente come quello di chi corre ogni mattina per mantenere in salute il proprio corpo. Occorre esercitarsi a ragionare, analizzando brani di discorso comune ed evidenziandone conclusioni, premesse mancanti e fallacie. Da qualche anno organizzo un programma di questo tipo per le matricole della Luiss di Roma, che finora ha raggiunto un migliaio di studenti, e i risultati sono molto incoraggianti. Programmi del genere dovrebbero essere offerti nelle scuole di ogni ordine e grado.

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