“La scienza che fu. Idee e strumenti di teorie abbandonate” di Francesco Barreca

Dott. Francesco Barreca, Lei è autore del libro La scienza che fu. Idee e strumenti di teorie abbandonate pubblicato da Editrice Bibliografica: qual è il destino delle teorie scientifiche una volta superate?
La scienza che fu. Idee e strumenti di teorie abbandonate Francesco BarrecaRispondere a questa domanda è stato uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere il libro; una volta concluso, tuttavia, ho dovuto riconoscere che non esiste una risposta unica. Il destino delle teorie scientifiche superate va esaminato caso per caso: alcune sopravvivono come correnti minoritarie all’interno del sapere scientifico, altre vengono completamente dimenticate fino a quando non diventano materia di studio per gli storici. Aldilà di tutto, però, le teorie scientifiche del passato, screditate o meno, costituiscono una preziosa testimonianza della cultura che le ha prodotte e in tal senso il loro destino è quello diventare fonti storiche. In questo modo, illuminandoci sul passato, esse ci permettono di comprendere meglio il presente.

Nel Suo libro descrive concetti una volta fondamentali per la scienza quali il punto equante, l’etere luminifero, l’impeto, l’atomo-vortice o il flogisto. Qual è la storia di questi concetti?
Ognuno di essi ha una storia a sé, che può essere in qualche modo collegata alle altre, ma rimane comunque indipendente e legata ai problemi e alle circostanze storiche in cui è stata formulata. La nozione di flogisto fu elaborata in un periodo in cui i “principi fisici” e i “principi chimici” della materia si riteneva fossero completamente distinti, mentre l’impetus fu espressione di una cultura che considerava il movimento come una “qualità” dell’oggetto. Si tratta, insomma, di nozioni elaborate nel corso dei secoli per rispondere a specifiche esigenze dettate dalle circostanze storico-culturali in cui prendeva forma il sapere che oggi chiamiamo “scientifico”, e in quanto tali furono oggetto di studio, revisione e riformulazione. Da questo punto di vista, furono insieme strumenti esplicativi e fattori di cambiamento.

L’evoluzione della scienza ha reso del tutto inutili queste teorie? O potrebbero in futuro costituire la base di nuove elaborazioni scientifiche?
Ancora una volta, non credo che esista una risposta unica. Bisogna valutare caso per caso. Certamente, non è vero che le ricerche condotte per elaborare queste teorie siano state rigettate insieme alle teorie stesse. Lavorando nell’ipotesi dell’atomo-vortice, ad esempio, Lord Kelvin contribuì in maniera decisiva allo sviluppo della fluidodinamica; i fautori del flogisto, nel tentativo di studiare le proprietà di questa sostanza, arrivarono a isolare l’ossigeno, l’azoto e altri elementi chimici; e quando James Clerk Maxwell formulava le equazioni fondamentali dell’elettromagnetismo, il presupposto da cui muoveva era l’esistenza dell’etere luminifero. Anche se possiamo dire con sufficiente certezza che nessuna di queste nozioni tornerà in futuro nella stessa identica forma in cui è stata originariamente elaborata, è però impossibile prevedere se, quando e che cosa di esse contribuirà in futuro all’evoluzione della scienza.

Quali furono i principali strumenti concettuali sui quali sono state costruite le teorie scientifiche del passato?
Per rispondere a questa domanda occorre tenere presente che la scienza non è un sapere “astratto” e separato dalla cultura e dalle condizioni storiche in cui viene elaborata. Gli scienziati furono uomini, con le loro idee, i loro pregiudizi, le loro convinzioni, e tutto questo non può che avere un forte impatto sul sapere scientifico. Di fatto, molti degli strumenti concettuali grazie ai quali furono formulate le teorie scientifiche furono scelti per motivi non scientifici: il punto equante, per esempio, permetteva di conciliare la constatazione dell’irregolarità del moto dei pianeti con la convinzione che i moti celesti dovessero per forza essere circolari e uniformi. La scienza fa parte della cultura, e come tale ne è influenzata e la influenza.

Anche grandi scienziati del passato condivisero teorie oggi palesemente smentite: esiste una oggettività scientifica immutabile?
Io credo che l’oggettività, nella scienza, più che darsi concretamente, esista come fine a cui tendere. Si tratta di un fine che viene perseguito attraverso tecniche e accorgimenti –osservazioni, esperimenti, argomentazioni logiche, confronti e discussioni– che identificano il metodo scientifico e permettono di garantire un certo grado di certezza alle proprie conclusioni. Il dubbio è il motore della scienza, e nessuno scienziato, credo, dirà mai di avere “assoluta” certezza delle sue conclusioni.

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