
Tuttavia si assiste a molte resistenze al cambiamento, in primis di natura culturale. La prima è il timore che le dinamiche di mercato possano avere un impatto negativo sull’appropriatezza delle prestazioni, la seconda è la diffusa diffidenza da parte dei professionisti nella capacità del cittadino/paziente di compiere scelte appropriate ed efficienti, la terza è la percezione che il mercato metta a rischio l’equità. Ci sono poi diversi ostacoli sotto il profilo gestionale a partire dal quadro normativo che limita fortemente le modalità di relazioni tra aziende e pazienti, soprattutto in ambito farmaceutico dove il Legislatore disciplina qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali. Mancano infine le competenze; non si possono traslare o adattare metodologie e strumenti di marketing dagli altri settori alla sanità che ha caratteristiche specifiche. Di qui l’idea di realizzare il manuale La salute alla prova del mercato che, partendo dai principi di marketing e go to market, illustra modalità e strumenti specifici e concreti per sfruttare le opportunità di senario al fine di rispondere al meglio alle esigenze del paziente e massimizzare l’economicità aziendale.
Per quali ragioni l’abbandono del tradizionale orientamento al prodotto/servizio in ambito sanitario a favore di un’ottica di mercato appare ormai imprescindibile?
È diventato imprescindibile per ragioni legate all’efficacia terapeutica e al successo delle politiche di prevenzione, ma anche per ragioni di business.
In sanità il “viaggio del paziente” tradizionalmente è stato fatto coincidere con il percorso diagnostico terapeutico (PDTA) che la persona affetta da una specifica patologia deve seguire. I PDTA sono linee guida funzionali a pianificare e seguire in modo sistematico un programma di assistenza; sono processi di cura standardizzati, progettati dall’offerta, che non nascono per tenere conto della realtà dei comportamenti, ma per indicare le prestazioni appropriate. L’evoluzione dei bisogni e delle aspettative ha fatto sì che oggi le persone seguano un proprio percorso nell’ambito della salute, ed è da questo che le aziende devono partire per intercettare e fidelizzare le persone (business) e per rafforzare la compliance (efficacia terapeutica). La relazione tra cittadino/paziente si è evoluta innanzitutto per via della riduzione dell’accessibilità e della fruibilità dei servizi che hanno portato le persone a cercare altri punti di contatto, anche digitali. Per portare l’offerta sul territorio occorre individuare i nuovi touch point tramite i quali intercettarlo e ingaggiarlo per orientarne i comportamenti sia in termini di compliance sia in termini di acquisti.
Inoltre la progressiva autonomia del paziente (sia essa voluta o subita dalle inefficienze del sistema) lo porta a cercare soluzioni e non prodotti. Nemmeno la combinazione prodotto/servizio è sufficiente a risolvere il suo problema di salute perché essa stessa ha ancora bisogno di essere filtrata dal professionista in quanto non è in grado di superare l’asimmetria informativa, è ancora orientata all’offerta e non alla domanda. Il concetto di soluzione implica la necessità di mettersi nei panni del paziente (marketing) e stipulare partnership con altri player di mercato per rispondere a 360° alle sue esigenze (go to market). Di qui lo sviluppo di nuovi strumenti specifici per la sanità come il Partnership Plan e il Business Plan Partecipato che vengono illustrati nel manuale sia nella loro veste metodologica sia nella loro applicazione in casi di esperienze disruptive di aziende leader (27 per la precisione).
In che modo tale scenario si riverbera anche sulle aziende farmaceutiche?
Le politiche delle aziende farmaceutiche sono tradizionalmente orientate al prodotto e indirizzate agli intermediari sanitari: prescrittori e farmacisti. La ridefinizione della geografia dei servizi sta spostando i ruoli decisionali dal singolo professionista a diverse articolazioni dell’azienda sanitaria a seconda dei territori e delle strutture e dal singolo farmacista alle diverse forme di aggregazioni e reti. Come si gestisce il farmaco nelle Case della Salute o nei Soggetti Gestori della Cronicità? Quali sono e che differenza c’è tra le diverse reti di farmacie e quanto queste ultime possono condizionare i loro acquisti? Chi decide quali farmaci acquistare? Queste e altre sono le domande che le aziende si stanno ponendo per poter individuare i propri “clienti”, i loro “influencer” e le loro dinamiche di scelta.
Ai player tradizionali della sanità se ne affiancano altri che provengono da settori diversi. Si parla in questo caso di interdipendenze competitive: aziende digital come Microsoft e Google, retailer come la Grande Distribuzione e Amazon, nuove aziende di servizi come ad esempio i Patient Support che spesso sono business unit della sanità integrativa (particolarmente interessante è il caso Unisalute), centri ospedalieri e poliambulatori che diventano dispensatori di prodotti per la salute avviando nuovi format quali le Retail Clinic (Smart Clinic San Donato, Mamma&, Centro Medico Santagostino, etc.) . Questi attori possono rappresentare una risorsa per le aziende farmaceutiche in ottica di nuovo cliente o partner o costituire una minaccia. È indispensabile conoscerle, analizzarle, prevederne gli impatti sul proprio business.
Non sono solo gli stakeholder delle aziende e i loro bisogni a cambiare, ma anche i canali per potersi relazionare con loro. La digital transformation offre l’opportunità di creare un rapporto diretto, approfondito e continuativo con professionisti e pazienti. Per poterle sfruttare, però, occorre acquisire competenze di digital marketing: Inbound Marketing, Content Marketing, SEO, SEM, DEM, Social Media Marketing, E-Commerce Marketing diventano strumenti imprescindibili per lo sviluppo del business.
Siamo ancora lontani però da questo cambio di paradigma. L’attuale approccio orientato al prodotto ha recentemente dimostrato di essere ancora una volta perdente durante l’emergenza Covid-19. L’assenza di competenza di marketing ha contribuito a ostacolare la volontà di fare sistema rendendo conflittuali le relazioni tra i player di settore tra loro e con i pazienti con evidenti ricadute sulla salute e sul business. Molte sono ancora le discontinuità che ci attendono – politico-istituzionali, tecnologiche, di mercato -, ma senza un forte orientamento al mercato il settore rischia di collassare dietro la sua autoreferenzialità.
Quali vantaggi offre a tal fine la metodologia Go to Market?
L’esperienza in questa fase di cambiamento ci insegna che “avere il prodotto” non è sufficiente per essere competitivi. La telemedicina, ad esempio, nonostante l’incentivo della pandemia Covid-19, non ha avuto la diffusione coerente con le sue potenzialità; l’e-commerce dei farmaci non ha ancora dimostrato le proprie potenzialità; le reti di farmacie non sono state ancora accettate dai farmacisti che non vi hanno aderito nonostante gli evidenti vantaggi; farmaci innovativi non sono stati sufficientemente valorizzati dal mercato.
Per questo è importante identificare i canali più efficaci, affiancare gli strumenti di Marketing con politiche di Go to Market, sfruttare le opportunità se non dell’omnicanalità almeno della multicanalità. Il Go to Market studia il Patient Journey al fine di individuare Touch Point che possano essere sfruttati come canali per raggiungere e fidelizzare l’utenza in modo efficace ed efficiente. Tuttavia in un settore che ancora non ha fatto propri i principi di marketing viene difficile pensare a una rapida introduzione delle strategie di Go to Market. Tuttavia introdurre processi di Go to Market è urgente. Se l’evoluzione del settore ha conseguenza prevedibili e quindi può essere gestita con innovazioni incrementali, questa fase di discontinuità impone un cambiamento di rotta immediato, per non cadere nella “trappola del leader” il quale, condizionato dai successi del passato, sottovaluta l’impatto dei nuovi elementi di scenario. Questa pubblicazione si propone di colmare l’attuale gap di conoscenza in questo campo e, per l’operatività dei suoi contenuti, accelerare quei processi di innovazione strategica che possono contribuire a rendere rapidamente accessibili le risposte ai problemi di salute delle persone e a rafforzare la competitività delle aziende.
Erika Mallarini, Associate Professor presso Government, Health and Not for Profit Department di SDA Bocconi, gestisce progetti di ricerca e formazione con le principali aziende del settore sanitario e farmaceutico. Dirige l’Osservatorio Health&Beauty del Channel & Retail Lab e coordina OCPS Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità. Partecipa a diversi Comitati Scientifici e Advisory Board Internazionali. È stata Dirigente presso i Ministero dell’Economia e Finanze e dello Sviluppo Economico, ha ricoperto incarichi in qualità di Esperta presso Il Ministero della Salute, il Consiglio Superiore di Sanità e la Presidenza del Consiglio. Nella società di consulenza Focus Management è responsabile della Divisione Healthcare.