
Ma per altri aspetti questo cantiere è moderno. Nel suo lavoro artigianale Gaudì non escluse la produzione seriale di componenti (quasi un anticipo della prefabbricazione e della costruzione a secco, per montaggio di parti) e l’utilizzo di materiali diversi, dalle pietre al calcestruzzo armato. Inoltre ‘trasfigurò’ una chiesa di carattere devozionale in cattedrale, condividendo l’idealizzazione in mito, delle cattedrali medievali, propria del romanticismo a lui coevo.
Oggi il cantiere barcellonese appare un’esplosione di un senso religioso attraente per la gran parte dei non architetti, estraneo a molti di questi ultimi. Tutti sanno che si tratta di un cantiere condotto secondo i più aggiornati criteri gestionali e tecnologici e che affronta a grande scala la sfida della sintesi delle arti, ambizione che i maggiori architetti moderni, anche quelli più rigorosamente razionalisti, non hanno mai abbandonato.
Nell’odierna Barcellona questo cantiere è attrazione internazionale e segno di una contraddizione sempre latente, poiché la sua prosecuzione nel tempo ha implicato una messa in crisi del principio di autorialità vivissimo nel mondo contemporaneo. La sua logica è infatti in pieno contrasto con quella dello starsystem oggi prevalente. La sua direzione orientata alla conclusione si pone da sempre al servizio di una ‘grande idea’ concepita da un uomo geniale e di trasparente fede. Lo stato di fatto attuale non è privo di preoccupazioni. Il successo della Sagrada Familia infatti ha trascinato con sé quello di tutte le maggiori realizzazioni di Gaudì, generando un turismo di massa in più casi non rispettoso del valore di questo patrimonio, investito inoltre in più casi da interventi di restauro sui quali è tuttora aperta un’aspra discussione, in quanto non accurati e non filologicamente fondati.
Cosa rende straordinaria la Sagrada Familia?
Sono straordinarie la sua concezione e la sua costruzione fino ad oggi. Il suo progetto, nell’uso del sistema statico funicolare e spaziale e nella definizione geometrica tramite superfici rigate non ha paragoni. Straordinaria è però anche, insieme al suo proprium di edificio ecclesiale innovativo e tradizionale insieme, la dedizione di più generazioni di costruttori, in una catena di trasmissione senza soluzione di continuità, al compito di portarla a termine. Geniale è dunque la fedeltà a questa eredità da parte dei suoi successori di Gaudì alla direzione del cantiere, fedeltà vissuta fino al punto da affrontare nel corso dei lavori molte e difficili incognite nella convinzione di trovarsi in rapporto con una unitarietà dell’opera così rigorosa, così intrinsecamente logica, da poter essere riconosciuta e attuata.
Geniale è il sistema liturgico e simbolico. Geniale è infine l’ardimento soprattutto dei più recenti direttori di cantiere nell’aprirsi senza riserve a tutte le tecnologie costruttive e a tutte le innovazioni progettuali e gestionali contemporanee, subordinandole però sempre al valore di segno religioso della cattedrale. Non vi è esaltazione della tecnologia in questo cantiere, vi è piuttosto un intelligente e spregiudicato suo utilizzo.
Quali furono le tappe dell’intervento, non solo cantieristico ma anche progettuale, portate a termine da Antoni Gaudí?
Gaudì assunse l’incarico di direzione del cantiere nel 1883, quando la cripta e l’orientamento della chiesa erano già state definite dal suo predecessore; accettò la richiesta della committenza, la Junta constructora, di proseguire nel rispetto di queste premesse. Solo a seguito di qualche notevole donazione egli produsse elaborazioni del progetto primigenio, puntando sulla logica costruttiva del sistema catenario già sperimentato nel progetto della chiesa alla Colona Güell, ma verificandolo nella trasposizione di scala. Gradualmente nella composizione passò inoltre dal linguaggio neo-gotico a quello di sua libera invenzione, esito di profonda riflessione sulle forme della natura, dell’albero in particolare dal quale trasse il disegno delle colonne inclinate ’arborescenti’. Mise a punto, infine, quel gioco di superfici rigate – di iperboloidi, paraboloidi, elicoidi – che gli consentirono modulazioni di luce e ricchezza di forme. Vi si sono individuate, di recente, anche geometrie frattali.
Com’era organizzato il suo studio-laboratorio?
Gaudì organizzò il proprio obrador in modo da raccogliere una grande mole di modelli in gesso, in scala 1:10 e 1:25, delle varie componenti della chiesa. Entro questo studio-laboratorio composto da più stanze, un grande locale, alto circa 5 metri e con aperture a lato e in alto regolabili per il passaggio della luce, gli servi per lo studio di una campata trasversale del corpo longitudinale della chiesa in scala 1:10.
Nella gestione del laboratorio ebbe vari collaboratori, alcuni occasionali, antri invece stabili, per lui indispensabili anche perché, mentre gestiva il cantiere della Sagrada Familia, assunse altri incarichi importanti, la gran parte ricevuti dall’impresario e amico conte Eusebi Güell. A ragione alcuni studiosi ritengono che la Sagrada Familia sia elaborazione di sintesi degli acquisti maturati in tutti gli altri progetti, messi a punto nell’unico obrador dove, negli ultimi anni, soggiornava giorno e notte.
Quale fu la comprensione delle innovazioni dell’architetto catalano colte dai discepoli?
I discepoli compresero a fondo la sua concezione e i suoi criteri progettuali sia perché essi stessi realizzarono disegni e modelli in gesso sia perché Gaudì ne conversò con loro. Si resero pertanto conto dell’impegno di tempo e dei costi che il progetto chiedeva. Limitazioni e difficoltà, infatti, provennero loro dal fatto che la chiesa, per statuto, poteva crescere solo per donazioni. La distruzione di molti documenti al tempo della guerra civile del 1936 rese il loro impegno ancora più arduo. Dovettero attraversare momenti molto difficili; per questo è sorprendente che essi non abbiamo mai desistito dall’impegno assunto per devozione e senso di responsabilità. Tutti i discepoli più attivi nel cantiere della Sagrada Familia ebbero anche propria attività professionale, non imitando Gaudì in senso stretto. Alcuni tuttavia furono molto sensibili ai suoi criteri progettuali, esercitati da loro, però, in edifici a scala molto più ridotta rispetto a quella della Sagrada Familia.
Collaboratori oltre che discepoli furono anche scultori, muratori, carpentieri e gessisti, preziosi questi ultimi anche per il procedimento costruttivo dell’ornamento concepito dall’architetto. Benché in tempi recenti siano state fatte emergere, in ricerche puntuali, molte notizie su collaboratori e discepoli, il quadro complessivo è tuttora da mettere a punto. Certamente Gaudì non fu persona isolata o solitaria; molti giovani, ancora nel corso degli studi universitari, frequentarono il suo studio-laboratorio. Alcuni lo accompagnarono anche nei brevi giri domenicali per Barcellona e trascrissero gli esiti delle loro conversazioni, pervenuteci in diverse raccolte tutte tra loro concordanti.
Quali esiti formali offre l’architettura di Gaudí nella Sagrada Familia?
La lezione geometrico strutturale e le invenzioni astratte e figurative da lui messe a punto costituiscono un serbatoio di invenzioni formali che meritano esplorazioni approfondite. L’esito complessivo è un grande volume molto articolato, svettante all’esterno, vibrante di luci cangianti all’interno; un insieme compatto arricchito da coronamenti in ceramica a trencadis (vale a dire: frammentata in modo da aderire alle superfici curve) sia nei tetti che sulla sommità delle colonne, oltre che da pietra modellata in continuità sulle superfici, in modo da comporre narrazioni figurate, per la gran parte facilmente comprensibili perché rispondenti a episodi evangelici e ad allegorie e simboli cristiani. L’originalità del sistema geometrico strutturale, esteso a soffitti e finestre parietali, resta ancora un fatto noto solo a pochi addetti ai lavori.
Che ne è stato della documentazione del suo lavoro?
Moltissimi disegni vennero bruciati nel 1936; il grande numero dei plastici, danneggiati, ha potuto essere restaurato ed è stato essenziale per la prosecuzione dei lavori. Sono pervenute non poche foto che documentano i procedimenti gaudiani; alcuni allievi hanno conservato qualche verifica di calcolo o disegni fatti da loro e supervisionati da Gaudì.
Solo a chi non conosce a fondo il progetto di Gaudì per la chiesa, tale documentazione può apparire insufficiente per la prosecuzione dei lavori secondo criteri di fedeltà. Sia il materiale conservato sia il rigore logico del progetto furono al contrario condizioni adeguate perché accompagnate da autentica e ammirata devozione oltre che da studio approfondito e da verifiche facilitate dagli anni ottanta del secolo scorso dagli strumenti informatici. L‘architetto del resto dedicò gli ultimi dodici anni di vita al solo progetto della Sagrada Familia; riuscendo a costruire la parete absidale e la cripta e, soprattutto, a portare quasi a termine il blocco della facciata che conclude un lato del transetto, detta della Natività.
Quali vicende hanno segnato la storia successiva del cantiere?
La continuazione del cantiere, dopo la morte di Gaudì nel 1926, procedette molto a rilento. Venne accompagnata anche da accese polemiche sulla sua prosecuzione sviluppate a scala internazionale. Si temeva il tradimento del geniale progetto e l’uso improprio di materiali e tecniche moderne.
Il balzo decisivo si ebbe nel 1985 con la direzione del cantiere da parte dell’architetto Jordi Bonet i Armengol, figlio di un allievo di Gaudì. A lui si devono l’introduzione dei processi informatici, il coinvolgimento di artisti di grande levatura –lo sculore Subirachs e il pittore vetratista Vila-Grau -, la gestione molto efficiente del cantiere oggi continuata dall’architetto Jordi Faulì i Oller dopo la conclusione della sua carriera nel 2012.
Bonet coinvolse anche architetti e ingegneri dell’università di Barcellona per la messa a punto della struttura statica complessiva dell’edificio in calcestruzzo armato e potenziò l’ufficio interno al cantiere da lui diretto. Con lui si compresero a fondo forma e metodo costruttivo delle colonne inclinate a doppia curvatura ‘arborescenti’, delle grandi finestre parietali definite in forme di iperboloidi e paraboloidi, utilizzati anche nel disegno dei soffitti. Divenne evidente la sapienza di Gaudì nell’utilizzare queste superfici rigate in poche soluzioni e in variazioni continue di adattamento.
A che punto è oggi la costruzione della basilica?
Il processo è molto avanzato. Manca la conclusione delle torri centrali, quella di Gesù con la grande croce, e delle quattro circostanti dedicate agli evangelisti, di cui però sono già stati progettate le cuspidi con sculture d simboli identificativi. Manca inoltre quasi completamente la costruzione della Facciata della Gloria, la principale. Oggi si può dunque valutare a fondo l’idea progettuale gaudiniana e gli esiti spaziali e volumetrici finali. Mentre i lavori procedono vengono realizzati lavori interni nei soffitti, restauri di parti degradate nel tempo, rilievi fotogrammetrici accurati che consentono minuziose valutazioni dello stato di fatto, indagini fisico-chimiche. Come ogni cattedrale la Sagrada Familia chiederà anche in futuro cure continue.
Maria Antonietta Crippa è architetto e già ordinario di Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano. Direttore scientifico ISAL (Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda) e della sua rivista istituzionale. Dal 2009 accademico corrispondente della Reial Acàdemia Catalana de Bellas Artes Sant Jordi, Barcellona; dal 2012 membro della Pontificia Insigne Accademia Belle Arti e Letteratura Virtuosi al Pantheon, Roma. Tra le pubblicazioni più recenti: con F. Caussé, Le Corbusier, Ronchamp (Jaca Book, 2014); Avvicinamento alla storia dell’architettura (Jaca Book, 2016).