“La rosa geopolitica. Economia, strategia e cultura nelle relazioni internazionali” di Mirko Mussetti

Dott. Mirko Mussetti, Lei è autore del libro La rosa geopolitica. Economia, strategia e cultura nelle relazioni internazionali, edito da Paesi. Come scrive nella Prefazione al volume Lucio Caracciolo, direttore di Limes, in esso Lei traccia «una vera e propria teoria della geopolitica»: quale rilevanza assume tale disciplina nel mondo contemporaneo?
La rosa geopolitica. Economia, strategia e cultura nelle relazioni internazionali, Mirko MussettiIn realtà, i principi basilari che regolano la disciplina sono stati seguiti inconsciamente da ogni élite nel corso delle varie epoche storiche, ma anche preistoriche. La moderna disciplina fornisce però al decisore politico degli strumenti concettuali per perseguire con maggiore consapevolezza gli obiettivi geopolitici. Sia interni sia esterni alla nazione. Come sottolinea Salvatore Santangelo nel suo prezioso contributo, «la sfera della politica è sempre necessariamente condizionata da una conoscenza approfondita della storia, della geografia, della filosofia, della sociologia e della psicologia non solo del proprio paese di appartenenza, ma ugualmente di ogni altra area del mondo».

Ne La rosa geopolitica descrivo i fondamenti di tale arte, esponendo le caratteristiche costitutive delle sue tre principali branche: geoeconomia, geostrategia, geocultura. Nel trattato vengono enunciate più teorie originali: la tripartizione imperfetta; le qualità geopolitiche delle nazioni; le fasi operative dei tre campi; le tre tipologie di conflitto ibrido; il nuovo grande gioco dell’intelligence; il triscele geospaziale.

Quale definizione è possibile della geopolitica?
La geopolitica può essere definita come lo studio dei rapporti tra la geografia (fisica e umana) e la condotta politica (interna e internazionale) dei vari soggetti sovrani in un determinato frangente storico (remoto o contemporaneo). Essa si suddivide in tre grandi branche: la geoeconomia, la geostrategia e la geocultura. Ma come espongo nel libro, la tripartizione di tale disciplina è imperfetta. Dalla sovrapposizione dei tre grandi ambiti operativi scaturiscono le tre tipologie di conflitto ibrido, che inconsciamente hanno caratterizzato e scientemente segneranno tutte le epoche. Per questa ragione, chiudendo il trattato con una metafora botanica, affermo che «la rosa geopolitica è perenne».

Di cosa si occupano la geoeconomia e la geostrategia?
Le due discipline sono accomunate dall’analisi degli aspetti materiali che regolano la geopolitica, dalla gestione delle risorse all’impiego dei mezzi (militari e civili). Mentre la geoeconomia si fonda sui principi di efficienza, la geostrategia non rinuncia ai concetti di efficacia. Mentre la prima si avvale di soft power (“potere morbido”), la seconda non deroga all’hard power (“potere duro”).

La geoeconomia si occupa precipuamente della redistribuzione delle limitate risorse su un determinato territorio; della produzione, accaparramento o sottrazione delle stesse; degli scambi con mercati concorrenti o complementari. La geoeconomia è caratterizzata da tre grandi fasi: l’«irrealizzabile» autarchia, l’«ordinario» mercantilismo, l’«imperiale» libero mercato.

La geostrategia studia i rapporti di potere delle nazioni, dettandone le traiettorie. L’etimologia stessa della parola ne rivela l’essenza: la geostrategia è l’arte di agire (agos) in uno spazio (stratòs) terrestre (geo-). Essa contempla tre grandi fasi: l’«utopica» neutralità, lo «strutturale» consolidamento, l’«imperialistica» espansione.

Laddove geoeconomia e geostrategia si sovrappongono scaturisce la guerra economica.

Cos’è la geocultura?
La geocultura è un magistero mai realmente analizzato a causa dell’immaterialità e della non immediatezza dei suoi obiettivi. Ogni nazione si rapporta ai diversi paesaggi sulla base delle conoscenze tecniche di cui dispone e sulle credenze ereditate dai propri avi. A loro volta i luoghi condizionano la cultura di un popolo e riscrivono il mito della nazione. La geocultura dipinge l’Eden a cui tendere, proiettando su uno spazio geografico ben definito i fabbisogni e le aspirazioni della nazione. Essa sceglie i luoghi dove profondere le conoscenze e nei quali gli abitanti siano tenuti a uniformarsi allo stile dominante. La nazione promuove scientemente la diffusione degli usi, dei costumi, del credo e dei valori che la contraddistinguono su uno spazio geografico quanto più vasto, coinvolgendo spiritualmente il maggior numero di individui. Il fine ultimo della geocultura è la perpetuazione generazionale degli ideali, della memoria e della morale nazionali, insistendo sulla terra nella quale affondano le radici e influenzando le culture geograficamente adiacenti o idealmente prossime.

Come si compone la mappa delle nazioni?
Le nazioni si dividono per qualità geopolitica in cardinali, mutevoli e fisse. Queste tre qualità maturano nel corso delle epoche e si manifestano con maggiore chiarezza nei momenti di massimo cimento dell’attore sovrano. Esse rivelano sia il modo di intendere il progresso sia la maniera con cui la nazione organizza la sicurezza. Le qualità geopolitiche affondano le radici nella coscienza storica nazionale. Proprio per questo una loro evoluzione è assai rara.

Gli attori cardinali tendono a essere propositivi sulla scena mondiale e perseguono i propri obiettivi strategici con determinazione. Le nazioni leader di alleanze sono spesso contrassegnate da questa qualità.

Gli attori mutevoli sono particolarmente versatili sul palcoscenico internazionale. Al punto da ritrattare tatticamente il proprio orientamento geopolitico e, se necessario, rinnegare amicizie e alleanze.

Infine, gli attori fissi sono soliti insistere con spirito conservativo alla ristrutturazione e all’efficientamento dello status quo vigente.

È la varietà di questi approcci nazionali a complicare l’attività della diplomazia multilaterale e a logorare la sostenibilità delle alleanze.

Quali diversi sistemi internazionali esistono?
I sistemi internazionali sono una manciata: unipolarismo, bipolarismo, tripolarismo, multipolarismo e apolarismo. Dunque la distinzione dei vari ordini globali si fonda semplicemente sul numero di potenze in grado di concorrere al grande gioco per il predominio sul mondo conosciuto.

Il sistema è unipolare quando non esiste alcuna potenza in grado di sfidare l’impero. Esso è il più capriccioso dei sistemi, poiché l’assenza di un nemico chiaro spinge la nazione principe all’adozione di politiche schizofreniche e pluridirezionali.

Seppur non eterno, il sistema bipolare può essere considerato il più stabile dei sistemi, poiché spinge le due titubanti superpotenze a colmare le proprie lacune, tendendo quindi alla simmetria strategica.

Il tripolarismo è in assoluto l’ordine più instabile. Il motivo è di facile comprensione: due attori si uniscono per far fuori il terzo. Nessun trimvirato è destinato a durare a lungo.

Il multipolarismo costituisce la normalità delle relazioni internazionali, mentre l’apolarismo – ossia l’assenza di potenze di riferimento – attiene più alla teoria che al mondo reale.

Quale peculiare grammatica segue la geoeconomia?
A differenza della geostrategia e della geocultura, la geoeconomia non si fonda sui principi di efficacia, bensì su quelli di efficienza. Mentre la sicurezza e l’identità di una nazione non possono essere mai messe in discussione, ma solo perseguite efficacemente – pena la scomparsa stessa del soggetto geopolitico – il benessere collettivo può essere sacrificato in nome degli obiettivi geostrategici/geoculturali e rinviato a tempi migliori. Il compito della geoeconomia è quello di allocare le limitate risorse a disposizione in determinati spazi geografici. Dunque determinare le peculiarità produttive, incentivare la dinamicità commerciale e, soprattutto, diffondere il benessere economico a scapito di altri luoghi abitati. L’impossibilità di una nazione di raggiungere la ricchezza massima in tutti i settori e a vantaggio di tutta la popolazione spinge il decisore politico a operare mirate discriminazioni. Allocare le disponibilità economiche solo laddove conviene realmente permette al governante di conservare le eccedenze in vista di un futuro e maggiorato sviluppo anche nelle aree penalizzate. In fin dei conti, la geoeconomia è welfare territorializzante.

Quale ruolo svolge l’intelligence nella potenza di una nazione?
Il moderno termine inglese deriva in realtà da una locuzione latina: intus legere, ovvero «leggere dentro». Il ruolo dell’intelligence è dunque quello di saper comprendere le cose e gli accadimenti senza fermarsi alle apparenze esteriori. Ma il suo ruolo è anche quello di inter legere, cioè di saper «leggere tra le righe», cogliere i messaggi altrui e saper discernere tra le opzioni che si profilano.

Il ruolo base dell’intelligence di una nazione è quello di scongiurare (o favorire) la sovversione del sistema internazionale. Gli attori che più di altri hanno da guadagnare dalla conservazione dello status quo cercheranno di proteggere la propria economia, consolidare l’impianto strategico e perpetuare la civiltà maggiore a cui lo spirito nazionale è ascritto. Viceversa, i soggetti a cui l’ordine imposto sta stretto mineranno le basi dell’impero, dapprima infiltrandosi nei suoi gangli industriali, diplomatico-militari e mediatici, poi sfidandone apertamente il ruolo di arbitro del sistema.

Quali dinamiche caratterizzano gli obiettivi di potenza delle nazioni moderne?
Ogni Stato deve essere in grado di padroneggiare appieno i vari dispositivi economici, strategici e culturali. Sottovalutare anche solo uno di questi aspetti comporta l’inevitabile declino della nazione. La crisi fiscale irreversibile, l’assoggettamento militare o la disgregazione del tessuto sociale sono dovute rispettivamente al fallimento geoeconomico, geostrategico e geoculturale della classe politica e dei servizi di intelligence che la supportano (o sopportano). Agire d’anticipo è spesso la chiave per scongiurare azioni esogene volte a provocare o accelerare il tramonto di una nazione o di una civiltà.

Le nazioni più moderne cercheranno di colmare le proprie lacune approcciandosi al terzo dominio geospaziale con un rinnovato interesse. Il cosmo non si sostituirà mai per importanza a terra e mare, ma la sua colonizzazione armata permetterà nel prossimo futuro a poche nazioni tecnologicamente avanzate di ampliare a dismisura la propria proiezione di potenza sul mondo.

Mirko Mussetti è analista di geopolitica e geostrategia. Collabora con Limes, rivista italiana di geopolitica. Tra le sue pubblicazioni: Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero (goWare, 2018) e Némein. L’arte della guerra economica (goWare, 2019)

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