“La regolamentazione del Fintech. Dai nuovi sistemi di pagamento all’intelligenza artificiale” a cura di Umberto Piattelli

La regolamentazione del Fintech. Dai nuovi sistemi di pagamento all'intelligenza artificiale, Umberto PiattelliAvv. Umberto Piattelli, Lei ha curato l’edizione del libro La regolamentazione del Fintech. Dai nuovi sistemi di pagamento all’intelligenza artificiale pubblicato da Giappichelli: quali sfide pone al diritto lo sviluppo impetuoso della finanza tecnologica?
Le sfide sono state e saranno notevoli. Basti pensare che, nel corso degli ultimi anni l’Unione Europea ha adottato moltissime nuove norme, tra di loro strettamente coordinate, in materia di regolamentazione finanziaria, la più famosa delle quali è probabilmente la PSD2.

Ma insieme a tale direttiva sono state emanate quelle in materia di antiriciclaggio, di conti di pagamento, il GDPR, le norme sulla tutela dei consumatori, i regolamenti sull’autenticazione forte dei sistemi di pagamento e quelli che hanno disciplinato l’attività transfrontaliera di banche, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica.

Perché oltre alla combinazione tecnologia e finanza bisogna tenere conto che tutti i nuovi operatori, che operano con strutture molto snelle e completamente online, hanno immediatamente aggredito l’intero mercato europeo con l’offerta dei propri servizi, creando non pochi problemi di coordinamento alle autorità regolamentari competenti, che non erano affatto abituate a coordinarsi tra di loro.

L’impatto di tutte queste norme è stato quindi piuttosto rilevante per tutti quegli operatori del FinTech che avevano cominciato a sviluppare la propria attività, e che, con il passare del tempo, si sono ritrovati a svolgere attività regolamentate in tutto o in parte, o per le quali era in corso l’adozione di nuove disposizioni normative.

In tale contesto ho ritenuto opportuno cercare di fare chiarezza in un settore, come quello del FinTech, in forte espansione e soggetto a rapidi cambiamenti connessi agli sviluppi tecnologici, dove la proliferazione di nuove leggi e regolamenti insieme all’incertezza normativa erano e sono ancora elementi caratterizzanti del contesto competitivo. Ma credo che ci dovremo abituare a norme che cambiano spesso, per poter essere coerentemente applicabili a le nuove tipologie di business che continueranno a nascere nel prossimo futuro, integrando finanza e tecnologia.

Quali nuovi provvedimenti legislativi sono intervenuti a regolare l’attività degli operatori FinTech?
Da questo punto di vista la direttiva sui servizi di pagamento esemplifica bene il problema. Una norma nata nel 2009, la PSD1, nel 2015 quando è uscita la PSD2 era completamente superata per effetto dell’incredibile sviluppo delle attività e della quantità di nuovi operatori che svolgevano servizi non regolamentati, applicando tecnologie fino a pochi anni prima inesistenti.

In particolare oggi abbiamo due nuove figure: gli istituti di pagamento che prestano attività di informazione sui conti di pagamento (AISP) e quelli che possono invece disporre pagamenti dai conti aperti presso soggetti terzi (PISP), che prima non erano regolamentate.

Problemi analoghi si sono avuti con la disciplina antiriciclaggio, così che la IV direttiva dopo poco più di un anno è stata integrata e modificata dalla V per dettare una prima regolamentazione a carico dei soggetti che convertono valuta legale in valuta virtuale e per coloro che offrono servizi di custodia di criptovalute, quando addirittura molti stati membri della UE neppure avevano completato il recepimento della direttiva precedente.

Ancora ad oggi per tali soggetti non esiste alcuna normativa che stabilisca come possono operare nei paesi dell’Unione Europea e se debbano dotarsi di una licenza.

In tema di antiriciclaggio sono state poi moltissime le modifiche apportate dalle nuove direttive, dalle leggi di recepimento e dai regolamenti attuativi di Banca d’Italia, ma numerose restano le questioni aperte, come quella connessa alla istituzione del punto di contatto centrale da parte di istituti di pagamento e di moneta elettronica, promossa per consentire alle autorità regolamentari un più facile controllo della operatività transfrontaliera.

Quali strumenti offre il diritto per la disciplina di equity e lending crowdfunding?
La situazione di questi due diversi modelli di crowdfunding, dal punto di vista della regolamentazione, è molto diversa.

La legge che ha introdotto l’equity crowdfunding in Italia risale al 2012 e il Regolamento Consob di attuazione all’inizio del 2013: da allora e sino a qualche mese fa, sono state modificate innumerevoli volte per renderle idonee a regolare questa attività in maniera efficiente; così il relativo mercato ha segnato, anno dopo anno, nuovi record di raccolta, crescendo senza sosta per effetto delle modifiche apportate alle norme originariamente adottate. Tutto è migliorabile ma oggi possiamo parlare di una regolamentazione certamente adeguata e gradita agli operatori del settore.

Tutt’altro contesto riscontriamo per gli operatori di lending crowdfunding: non esiste ancora alcuna specifica normativa che ne disciplini l’attività in Italia, con la conseguenza che nel corso degli anni si sono sviluppati diversi modelli operativi basati su norme differenti, cercando di riadattarle ad una fattispecie che è del tutto innovativa. E così non sono mancati i momenti di “confronto” con le autorità regolamentari italiane, che hanno fornito alcune preliminari interpretazioni circa l’applicazione delle disposizioni previste per altra tipologia di operatori, non sempre compatibili con le reali condizioni di funzionamento delle piattaforme.

Tuttavia, anche questi operatori si troveranno presto a fare i conti con il regolamento europeo, che dovrebbe essere adottato entro fine anno, con il quale l’Unione Europea intende creare una licenza che consenta di operare in tutti gli Stati membri in libera prestazione di servizi, così come avviene per banche e altri intermediari finanziari. La nuova normativa potrebbe cambiare profondamente le regole oggi in vigore e quindi il contesto competitivo, auspicabilmente colmando il vuoto normativo esistente in Italia.

La Blockchain e gli smart contracts aprono nuovi scenari per la disciplina contrattuale: come sono destinate a cambiare le tipologie contrattuali?
Il tema è molto attuale e di grande interesse. A mio parere siamo di fronte a due strumenti molto diversi tra di loro, che possono anche funzionare insieme. La Blockchain (come tutte le Distributed Ledger Technology o DLT con funzioni analoghe) può avere innumerevoli applicazioni, sia nel settore privato sia in quello pubblico. Si tratterà di sfruttarne le peculiarità nella maniera più appropriata, nel rispetto dei diritti digli utilizzatori (si pensi alla necessità che tali sistemi siano conformi alle disposizioni del GDPR).

Non necessariamente avrà impatto sulle relazioni contrattuali, potendo anche solo svolgere funzioni simili a quelle demandate oggi ad archivi pubblici (Catasto, Camera di Commercio, ecc.) o privati.

Nel settore del FinTech, ed in generale dei servizi di pagamento, bancari e finanziari, potrebbe trovare ulteriori applicazioni legate allo sviluppo delle transazioni basate su cripto-valute e alla gestione dei cripto-assets.

In relazione agli smart contracts, come evidenziato nel libro, esiste oggi un grande dibattito sulla loro natura, ed in particolare se siano davvero qualificabili come contratti o piuttosto debbano essere considerati come strumenti per dare univoca esecuzione a un contratto. Nel mondo delle transazioni dei servizi finanziari, tali strumenti, potrebbero essere molto utili, perché certe operazioni sono interamente informatizzate e non ammettono alcuna deroga alla loro esecuzione regolare; si pensi al regolamento delle operazioni tra intermediari finanziari previste dall’open banking, oppure, nel settore bancario, che si serve di una complessa struttura di raccolta di dati, registri e archivi, alla possibilità di automatizzare e semplificare i processi di controllo e certificazione dei flussi di trasferimento dei fondi e dei relativi pagamenti.

Non di meno potrebbero avere molta utilità nel settore assicurativo per determinare automaticamente l’esistenza del diritto al risarcimento del danno (per esempio in caso di ritardo/cancellazione del volo).

Qual è lo statuto giuridico di valute virtuali e ICO e a quali controlli sono sottoposte?
La domanda è particolarmente interessante e le risposte potrebbero essere molteplici. Da un punto di vista giuridico sono stati fatti diversi tentativi per arrivare ad una definizione condivisa: si è parlato di denaro-merce, strumento di intermediazione negli scambi, strumento di accumulazione della ricchezza; si è detto che non è moneta legale né moneta elettronica, ma l’unica conclusione alla quale si è arrivati, è che non è aprioristicamente formulabile una ipotesi definitoria unitaria, considerata la mutevolezza del concetto sottostante.

Per il momento non esiste ancora nella legislazione comunitaria una definizione di criptovaluta ed è emerso quanto siano diverse le qualificazioni di questi strumenti negli Stati membri: in alcuni stati sono definiti di “beni digitali” assimilabili agli strumenti finanziari, in altri sono invece qualificati come strumenti che rappresentano una utilità, ovvero ancora sono considerati come un insieme dei due precedenti tipi, ma vi sono autorità regolamentari che le ritengono mezzi di pagamento (se pure non aventi corso legale). Questa breve panoramica credo sia utile a capire quanto sia complessa la materia e disquisita la qualificazione delle valute virtuali.

Di conseguenza, le medesime problematiche si riflettono sulle ICO o ITO (Initial Tokens Offering), in quanto offrire strumenti finanziari sul mercato fa scattare l’obbligo di applicare tutta una serie di norme, mentre diverso sarebbe se l’offerta riguardasse strumenti che hanno la natura di utilità (rappresentando, per esempio, il solo diritto ad acquisire un certo bene o servizio quando sarà disponibile).

Ad oggi l’unica disciplina applicabile in materia è quella dettata dalla V direttiva antiriciclaggio, che estende l’applicazione delle relative norme anche alle operazioni che hanno ad oggetto valute virtuali. Sembrava che il regolamento Europeo sul crowdfunding potesse avere ad oggetto anche le ICO, ma alla fine le autorità hanno preferito tenere le due attività separate tra di loro.

Quali rischi sollevano, dal punto di vista giuridico, le applicazioni di Intelligenza Artificiale?
L’Intelligenza Artificiale è probabilmente uno degli sviluppi tecnologici più rilevanti per il nostro futuro. E anche fonte di grande preoccupazione per le autorità. Basti pensare che la Commissione Europea ha emanato nel corso del 2019 un documento denominato “Orientamenti per una AI affidabile”, basato sul concetto di trustworthy AI, ovvero sulla convinzione che quali che siano i benefici che l’intelligenza artificiale può apportare all’umanità, nulla può giustificare che si mettano a rischio i valori fondanti delle nostre società e la tutela delle libertà e dei diritti degli uomini.

Anche il Parlamento Europeo si è occupato della questione, con la risoluzione su una politica industriale europea globale in materia di robotica e intelligenza artificiale, nella quale si evidenziano le problematiche connesse allo sviluppo di robot intelligenti; così la risoluzione ritiene che sia opportuno prevedere un sistema di registrazione dei robot avanzati, sulla base dei criteri fissati per la classificazione dei robot.

In sostanza si tratta di stabilire dei principi etici che facciano da guida allo sviluppo di tutti i sistemi di IA, così da consentire il rispetto della dignità umana, della libertà individuale, della democrazia e dello stato di diritto, e di preservare l’uguaglianza, la solidarietà e la non discriminazione e i diritti di cittadini, al fine di evitare che attraverso l’IA si causino danni agli esseri umani, che si determinino iniquità o che gli stessi operino in maniera non comprensibile.

Resta il problema, rilevato dalle autorità, della prevalenza dei principi che ad oggi non è definita e che ci riporta, per chi è appassionato di science fiction, a quello che scrisse Isaac Asimov, probabilmente il più grande scrittore di fantascienza, il quale nel 1942, immaginando un futuro in cui gli uomini convivono con robot dotati di sistemi di intelligenza artificiale, capaci di apprendere autonomamente, creò le tre leggi della robotica proprio per dare un ordine ai principi secondo i quali gli stessi avrebbero dovuto agire.

Umberto Piattelli, avvocato, ha maturato quasi 25 anni di esperienza professionale nell’ambito del diritto societario e dei servizi finanziari. È socio dello Studio Legale Osborne Clarke dove, dal 2008, ricopre il ruolo di Head of Financial Service degli uffici italiani. È autore di numerose pubblicazioni in materia, tra le quali Il crowdfunding in Italia (Giappichelli, 2013)

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