
Chi è stata davvero Rosa Luxemburg?
Tracciare in modo esaustivo lo strato complesso e lo spettro multiforme dell’esperienza esistenziale e teorica di Rosa Luxemburg non è facile. La mia è, in fondo, una lettura del magistero luxemburghiano “posizionata”. Non sono mai stato interessato al mero ed erudito interesse teorico di cui fare sterile sfoggio. Quello di cui oggi abbiamo bisogno è di ricostruire un orizzonte di riferimento nuovo per rispondere a un’urgenza immediatamente pratica, che riguarda cioè il nostro agire collettivo. L’incontro con l’opera pratica e teorica di Luxemburg può offrire un’innumerevole quantità di occasioni per mettere a frutto il suo lascito pratico e teorico. Certo, direi che è quasi impossibile non restare affascinati dalla figura di Rosa Luxemburg, sia per la sua straripante ricchezza umana che per il suo coinvolgimento nelle tormentate vicende esistenziali di lotta e impegno politico degli inizi del Novecento. La sua inflessibile coerenza etica e la sua volontà di camminare sempre a testa alta continuano a renderla un punto di riferimento per la sinistra contemporanea. Una donna prodigiosa, come mostrano le sue opere teoriche e le sue lettere, e come testimonia il suo impegno instancabile e attivo per il successo della rivoluzione socialista. Infine, Rosa Luxemburg sembra racchiudere nella sua figura un compendio di differenze scandaloso e esplosivo. Donna agitatrice e rivoluzionaria, polacca e ebrea, socialista, eretica e perseguitata. Per quanto riguarda il suo essere donna, vale la pena rammentare quanto dovevano apparire inquietanti e perturbanti il suo attivismo e il suo protagonismo, in un mondo in cui, ancora ai primi del XX secolo, la sfera pubblica, da quella delle università a quella delle redazioni giornalistiche a quella delle organizzazioni politiche, era appannaggio quasi esclusivo del genere maschile.
Quali sono i capisaldi del pensiero luxemburghiano?
Dopo 30 anni di oblio, coincidenti con il periodo storico successivo alla caduta del muro di Berlino, alla sconfitta del socialismo reale e alla fine della guerra fredda, oggi Rosa Luxemburg torna, non a caso, a essere percepita come un inestimabile punto di riferimento per il tempo presente. Le sue riflessioni sulle dinamiche dell’accumulazione e della riproduzione allargata del capitale, le sue analisi sulla relazione tra istanze riformistiche e progettualità rivoluzionaria, le sue convinzioni sulla dialettica tra organizzazione burocratica e spontaneità, il suo antimilitarismo e la sua radicalità democratica, non hanno perso di smalto e continuano a essere, se utilizzate con il necessario buon senso, di una sorprendente produttività. Nonostante il fatto che la teoria economica mainstream si ostini a rappresentare le priorità del libero mercato e delle logiche meramente rapaci e acquisitive del capitale, la radicalità dei testi e dell’opera di Luxemburg può tornare a essere popolare e evocativa di concrete possibilità di cambiamento. Questo vale, in primo luogo, per la ricezione de L’accumulazione del capitale, i cui contenuti, con la loro inestimabile e preziosa attualità, seguitano a riverberarsi e a mostrare una notevole risonanza ancora oggi. Ma l’assunto è senza dubbio vero anche per le sue convinzioni critiche nei confronti della guerra e del militarismo, per la sua ardente fiducia nella lotta emancipatrice dal basso dei movimenti anti-sistemici, per la lucida e anticipatrice denuncia dell’emergenza ambientale e ecologica.
Quale analisi sviluppa la Luxemburg ne L’accumulazione del capitale e di quale attualità è, ai giorni nostri, tale opera?
Ne l’Accumulazione del Capitale Rosa Luxemburg, in quanto seguace di Marx, si sforza di cogliere la tendenza di fondo dello svolgimento storico a base capitalistica. L’indagine della società di mercato capitalistica fondata sullo scambio tra individui privati e sull’analisi del denaro, ossia della forma monetaria che assume lo scambio, si rivela straordinariamente feconda nella misura in cui viene posta in relazione all’analisi storica dello sviluppo del capitalismo. Rosa Luxemburg, nella sua teoria sull’accumulazione del capitale, parte dall’analisi della circolazione del capitale e degli schemi di riproduzione formulati da Marx nel secondo libro del Capitale. Secondo Marx il funzionamento del modo di produzione capitalistico è sistemico. È importante notare come si tratti di un meccanismo che gli economisti borghesi, scrive Marx, faticano a capire. Il modello elaborato da Marx negli schemi di riproduzione semplice e allargata sembrava rendere plausibile il fatto che fosse teoricamente possibile un continuo sviluppo del capitalismo in un inarrestabile processo di accumulazione e in una condizione di crescita equilibrata e apparentemente senza limiti. Sebbene l’anarchia del mercato avrebbe potuto condurre a condizioni di squilibrio e sproporzione tra i settori della produzione di mezzi di produzione e di beni di consumo, gli schemi di riproduzione dimostravano, almeno in linea di principio, la possibilità di un’accumulazione senza limiti. Ora, secondo Rosa Luxemburg l’accumulazione in un ambiente esclusivamente capitalistico risulta impossibile. È stato rilevato che in linea teorica, un capitalismo in grado di ricondurre la problematica della riproduzione ai due settori, senza fare ricorso a una terza dimensione, è concettualmente possibile. Ma Rosa Luxemburg era interessata a dimostrare che il fenomeno storico dell’imperialismo, stante la difficoltà di realizzazione del plusvalore, derivava dagli squilibri incontrati dall’accumulazione capitalistica. E, denunciando l’atteggiamento passivo proprio del riformismo socialdemocratico, ispirava la concreta possibilità che il mondo del lavoro e degli sfruttati si facesse parte attiva nella lotta al capitalismo, individuando le condizioni di possibilità in grado di determinare per via rivoluzionaria un intervento soggettivo capace di porre rimedio a potenziali ed esiziali derive catastrofiche della civiltà occidentale e dell’intero pianeta. Inoltre, anche se la maggior parte dei teorici marxisti non ha condiviso nel dettaglio le posizioni di Luxemburg sulla teoria marxiana della riproduzione semplice e della riproduzione allargata, resta il fatto che l’approccio della teorica polacca ha avuto il merito di richiamare l’attenzione su quelle regioni del mondo, al di fuori del centro dei paesi capitalistici avanzati, che si erano dimostrate di fondamentale importanza e utilità per il capitalismo stesso. Si trattava di quei fattori che oggi alcuni economisti chiamerebbero forse “componenti autonome della domanda aggregata”. Infine è anche importante ricordare che Luxemburg si riferisce all’integrazione, nella logica della produzione, dello scambio e del consumo, di tutte quelle sfere della vita quotidiana e della riproduzione economica e sociale presenti negli stessi paesi capitalistici ancora non completamente sottomesse. Da qui lo sfruttamento perpetuo di tutte le risorse naturali e di tutte le ricchezze offerte gratuitamente dalla natura. L’intero orbe terracqueo, dice Luxemburg, diventa un sostrato inerte di cui appropriarsi impunemente. Il globo terrestre, l’acqua, gli oceani, le foreste, l’aria e perfino le proprietà e le caratteristiche del corpo umano vengono sottoposti a un drammatico processo di mercificazione. È il tema dell’assenza di limiti al processo di valorizzazione e accumulazione, che porta il capitale a saturare tutti gli ambiti e le sfere dell’esistenza e a coincidere tendenzialmente con l’intero pianeta. Si tratta di una tendenza che è immanente al modo di produzione capitalistico e che, potenzialmente, come individua per tempo Luxemburg, è foriera di esiti catastrofici.
Quale ruolo possono svolgere, nella visione luxemburghiana, i movimenti anti-sistemici?
Occorre innanzitutto svolgere una considerazione preliminare: la previsione di una possibilità di esiti catastrofici non va scambiata con la convinzione che il capitalismo sia orientato irreversibilmente e deterministicamente alla rovina e al tracollo definitivi. Il fatto è che, piuttosto che significare necessariamente il crollo automatico e definitivo del sistema, la crisi coincide con la capacità del modo di produzione di superare gli squilibri e le sproporzioni per recuperare ad un livello differente, anche se spesso in maniera traumatica, una condizione di restaurato e implementato equilibrio complessivo. Tuttavia la crisi apre alla possibilità di un cambiamento radicale. Ma questa potenzialità di cambiamento non può configurarsi come uno sbocco storico necessario e deterministicamente orientato. Essa si traduce in realtà sempre che emerga quella soggettività in grado di cogliere l’occasione per imprimere una svolta allo svolgimento degli eventi e fissare nella dimensione dell’alternativa storica, per dirla con Rosa Luxemburg, lo sbocco verso cui orientare l’urto decisivo e generale contro il dominio capitalistico. Rosa Luxemburg offre la possibilità di ripensare la critica marxiana quale essa effettivamente è stata, ossia un cantiere aperto in grado di fornire adeguate griglie interpretative per spiegare e cambiare il tempo della catastrofe capitalista. Insomma, occasione di maturazione dell’attivismo e della militanza politica e, al contempo, di approfondimento delle grandi questioni della contemporaneità, dalla crisi del capitalismo alla catastrofe ambientale, dalla colonizzazione senza limiti dell’intero orbe terraqueo alla mercificazione spinta oltre ogni confine della mentalità collettiva e dell’immaginario sociale, dalla tragica contestazione dell’illusorio incantamento bellico e militaristico alla denuncia dell’oppressione e dello sfruttamento dei lavoratori e degli ultimi della terra.
Qual è l’eredità di Rosa Luxemburg?
Attualità della catastrofe, si è detto, ma anche ricerca di un orizzonte teorico e pratico alternativo. Questa ricerca si manifesta in una dimensione che esprime una cifra e un carattere profondamente unitari. La critica storica ha presentato la figura di Rosa Luxemburg come caratterizzata da una scissione tra il suo impegno militante e la sua esistenza privata. Nel mio libro cerco di dimostrare l’infondatezza di questa chiave interpretativa e, al contrario, la cifra unitaria del magistero della rivoluzionaria polacca. Un tale carattere indivisibile e armonico, in Luxemburg, si nutre di una stretta simbiosi tra teoria e pratica. Se è vero che la storia e il pensiero di Rosa Luxemburg parlano della catastrofe che si profila all’orizzonte, è altrettanto vero che di fronte alle difficoltà e all’isolamento occorre reagire. Ebbene, Luxemburg ci direbbe che occorre mantenere i nervi saldi, senza lasciarsi prendere, anche quando tutto sembra compromesso, dallo scoramento e dalla rassegnazione. Mantenere la lucidità necessaria, dunque, al fine di scongiurare il rischio che si possa introiettare una cultura della sconfitta e della passivizzazione, per riguadagnare quella ardente tenacia con cui trasformare, nel segno dell’uguaglianza e della libertà, il mondo.
Giovanni Di Benedetto ha pubblicato i volumi Il naufragio e la notte. La questione migrante tra accoglienza, indifferenza ed ostilità (Milano 2007), L’ecologia della mente nell’Etica di Spinoza (Milano-Udine 2009) e Un’arte che si impara. Educazione e politica nell’Emilio di Rousseau (Palermo 2014). È coautore del libro Luoghi d’artificio. Narrazioni della metropoli al tempo della crisi (Palermo 2011). Suoi saggi e articoli sono comparsi su riviste e periodici italiani e stranieri, tra i quali si segnalano Quaderni materialisti, Alternative per il Socialismo, Décalages An Althusser Studies Journal, Plexus Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi, Perspektiven Internationale Zeitung, Guerre & pace, Segno. Collabora con il Giornale dei Comitati di base della scuola.