
Perché un testo in prosa può essere considerato poetico?
Per vari motivi, a volte intrecciati fra loro. Ad esempio, perché presenta alcune caratteristiche stilistiche della poesia (regolarità metrica o semplicemente ritmica, figure retoriche, ecc.). Altre volte la poeticità può essere il risultato di una definizione proveniente dall’autore stesso (ma questi sono i casi più discutibili e di confine, come quelli di Slataper e Parise, che di fatto nel libro non considero poesia in prosa), dalla ricezione critica del testo (come accade per Rebora e per tutti gli autori di Prosa in prosa) oppure dalla collocazione editoriale (è il caso di Dov’era il tennis e Visita a Fadin al centro della Bufera e altro di Montale; ma anche quello delle poesie in prosa di Sbarbaro e Jahier, pubblicate su riviste di poesia negli anni Dieci, e di molti libri recenti di Bortolotti, che escono in collane poetiche. Tutti questi testi in prosa, inoltre, sono stati poi pubblicati in antologie di poesia).
La poesia in prosa rappresenta un genere letterario a sé stante?
No. È una forma letteraria all’interno del genere poesia, che acquista una autonomia estetica nei momenti di ridefinizione dei generi letterari.
In che modo tale forma letteraria si inserisce nel dibattito teorico sul genere poetico?
Se si ammette che anche testi senza verso possono essere considerati poesia, salta del tutto la definizione di poesia come componimento versificato, cioè testo nel quale si va a capo in modo arbitrario, che per tanto tempo è stata anche l’unica. Si riapre, dunque, la questione di cosa sia la poesia, dal momento che una sua definizione formale è sostanzialmente impossibile. Cosa separa una poesia in prosa lunga, magari con una struttura narrativa, da un racconto breve? La poesia in prosa mette in evidenza la precarietà delle definizioni di poesia finora formulate – ma questo è anche uno dei motivi del suo fascino, nonché l’elemento sul quale si basa la sua stessa esistenza: la poesia in prosa esiste come autocontestazione della poesia.
Quali autori hanno maggiormente segnato la storia della poesia in prosa italiana?
Negli ultimi vent’anni, la poesia in prosa è tornata di moda grazie soprattutto all’uso che ne hanno fatto gli autori poi riuniti nell’antologia Prosa in prosa. Gli autori di Prosa in prosa hanno contribuito a evidenziare i punti di saturazione e di usura della poesia considerata egemone fino a quel momento, cioè la lirica, e hanno indicato – con interventi critici sulle riviste online, attraverso le traduzioni e le pubblicazioni, ma anche organizzando eventi letterari e, infine, servendosi dei social network – una possibile alternativa. Questo gruppo ha assunto un atteggiamento militante, comportandosi come una avanguardia, e ottenendo una certa visibilità (limitatamente al già ristretto pubblico della poesia). Di conseguenza sono passati in secondo piano altri tipi di poesia in prosa, altrettanto meritevoli di interesse, che provengono da esperienze e modelli diversi rispetto a quelli di GAMMM-Prosa in prosa. Solo per fare alcuni nomi, si possono ricordare Anedda, Benedetti, Dal Bianco, Frasca, Maccari, Magrelli, Mazzoni, o i più giovani Ramonda, Burratti, Lanza. Ma ce ne sono molti altri.
Quanto alla prima parte del secolo, le poesie in prosa più interessanti sono – per motivi diversi – quelle di Rebora, Boine, Jahier, Sbarbaro, Campana. Infine, l’autore che più ha sfruttato la poesia in prosa come forma letteraria, in un arco di tempo molto ampio, è senza dubbio Giampiero Neri.