
di Emanuele Castelli
de Gruyter
«Per ciò che concerne il titolo nella storia della letteratura greca, abbiamo considerato vari generi coltivati tra età arcaica e classica, vedendo che l’epica in principio non ebbe titoli, in quanto tutto era affidato alla voce dell’aedo e al proemio. Come poi si presentassero nei manoscritti di età classica l’Iliade e l’Odissea e in particolare se già vi fosse un corredo paratestuale – di tipo alfabetico – eguale a quello che vediamo nei papiri di età romana delle due opere, non è possibile dire. Le ipotesi dei moderni sono in proposito contrastanti: alcuni vorrebbero già adottato il sistema alfabetico al tempo dei Pisistratidi, altri invece lo collocano in età ellenistica e suppongono per il periodo precedente un altro sistema d’intitolazione. Come detto, la documentazione a nostra disposizione non permette in verità una presa di posizione univoca e sicura per l’epoca che va dalla fine del VI secolo a. C. ai papiri dell’età ellenistica. Inoltre, è ben possibile che i due poemi si presentassero in tale considerevole arco di tempo in forme assai meno stabili di quanto si pensi, e non solo sotto il profilo della divisione testuale, ma anche sotto quello del possibile corredo paratestuale. Pertanto, la questione della intitolazione dei canti in epoca così antica rimane sub iudice.
Per quanto riguarda la lirica, […] singole composizioni di breve o modesta ampiezza non ricevettero in età arcaica, a quanto almeno è lecito dirne, un titolo dai loro autori e spesso ne rimasero sprovviste anche dopo, quando la prassi del titolo s’era ormai diffusa con successo e veniva applicata a vario genere di prodotti scritti.
I testi poetici che invece ricevettero un titolo già nel corso del V secolo a. C. furono quelli di carattere drammatico: tragedie e commedie (e ovviamente drammi satireschi almeno per le produzioni tragiche presentate alle Grandi Dionisie). Come abbiamo visto, lo studio della storia del titolo delle opere drammatiche impone di indagare non solo le procedure legate agli spettacoli teatrali, ma anche la fase successiva agli agoni e quindi la conservazione dei testi all’indomani delle rappresentazioni. L’indagine sullo svolgimento degli spettacoli scenici non esaurisce la problematica della genesi del titolo dei testi drammatici: una cosa è infatti la denominazione dello spettacolo scenico, altra l’effettiva designazione del prodotto librario. La questione si pone in particolare nel caso delle tetralogie legate […].
Dunque, almeno l’intensa produzione letteraria di tipo drammatico aveva conosciuto già nel V secolo a. C. la pratica della inscriptio libraria, dov’era indicato il nome dell’autore e il titolo del singolo testo.
Se passiamo alla prosa, e se vogliamo ripercorrere diacronicamente l’emergere del fenomeno in quest’ambito, dobbiamo rivolgerci di necessità alla storiografia. I frammenti di Ecateo di Mileto e di Antioco di Siracusa, l’opera di Erodoto e quella di Tucidide e gli scritti di Senofonte ci permettono di ricostruire senza soluzione di continuità il processo che ha condotto all’uso dei titoli quantomeno in questo ramo importante della prosa greca. Senofonte è il primo storico, a cui possiamo riconoscere l’iniziativa di assegnare un titolo ai propri scritti. Abbiamo anche visto le molteplici implicazioni di questo uso. D’altra parte, lo stesso Senofonte compose anche trattati d’altro genere, certamente da lui stesso intitolati.
A un contemporaneo di Senofonte, cioè Filisto di Siracusa, il critico Dionisio di Alicarnasso riconosceva senza esitazione l’uso dei titoli. E un altro storico, oltre che oratore, attivo ormai nel pieno IV secolo a. C., Teopompo, intitolava senz’altro i suoi testi […]. La prassi si era insomma radicata nel corso del IV secolo a. C.
In uno dei precedenti capitoli abbiamo considerato altri prosatori particolarmente attivi nella prima metà del V secolo a. C. e in altri generi di prosa, come Isocrate e Platone, e abbiamo potuto concludere da vari punti di vista che anch’essi erano soliti intitolare i loro scritti. La tradizione diretta ne mostra gli effetti positivi al pari di quella degli scritti di Senofonte.
[…] tutto ciò non significa che a partire dalla metà del IV secolo a. C. ogni genere di scritto in prosa sia entrato in circolazione con un titolo stabilito dall’autore. […] D’altra parte, in opere come la Poetica e la Retorica, […] Aristotele si presenta come il primo grande testimone dell’uso dei titoli al suo tempo e per opere letterarie di vario genere. Lo Stagirita sfrutta questa prassi, per citare opere altrui.
L’uso dei titoli nella letteratura greca emerge dunque in epoca preellenistica. Per entrare a diretto contatto con tale prassi, dobbiamo tuttavia considerare la documentazione papiracea di epoca ellenistico-romana.
Un frammento del Lino del comico Alessi ci offre invece le prime attestazioni del termine ἐπίγραμμα nel senso di epigrafe libraria o, più strettamente, di titolo. Il poeta Alessi ebbe vita lunghissima e morì, a quanto lasciano concludere le fonti, ormai centenario intorno al 270 a. C. Purtroppo non siamo in condizione di collocare esattamente il suo Lino in un tale arco di tempo e quindi neppure le prime attestazioni sicure in senso librario di ἐπίγραμμα. In ogni caso è notevole che il poeta non abbia avvertito alcuna difficoltà a portare ormai sulla scena rotoli e titoli.
[…] ci siamo occupati anche del termine apparentato, ἐπιγραφή. Ne abbiamo studiato alcuni valori librari e le implicazioni. Non ci siamo invece spinti a catalogare le altre denominazioni dell’iscrizione libraria nel corso dell’antichità. Se avessimo proseguito con tale indagine, ci saremmo in definitiva avviati per un’altra via e quindi un’altra storia: quella del titolo nelle pratiche letterarie più tarde, di età ellenistica e poi romano-imperiale […].
La nascita del titolo nella letteratura greca si colloca dunque lungo un arco di tempo considerevole. Il fenomeno dapprima si manifestò con la poesia teatrale del V secolo a. C., poi “contagiò” la prosa di vario genere. In particolare, è evidente il ritardo dell’adozione della prassi della inscriptio in ambito storiografico, forse perché qui più che altrove si faceva sentire la tradizione, che prevedeva un altro modo di presentare il prodotto scritto, cioè quello di sfruttare un enunciato, collocato all’inizio del testo, per dichiarare il nome dell’autore e introdurne così il discorso. Ad ogni modo […], Senofonte ruppe con l’antica consuetudine. Perciò a lui, ai suoi scritti e alla storia della loro tradizione abbiamo riservato tanta attenzione […].»