
Ecco, un progetto come questo, vuole contrastare questo che non esito a definire “malcostume” italico, facendo capire anche ad un lettore non “addetto ai lavori” che l’universo sonoro impregna Dante e la Commedia e che la stessa poesia trecentesca non viene effettivamente compresa se non la si mette in relazione anche con la pratica musicale coeva. La musica accompagna costantemente il viaggio di Dante nelle tre cantiche. I commentatori di Dante sono pressoché concordi nel rilevare che la presenza (o assenza) della musica nella Divina Commedia assolve un compito di primaria importanza, sia pure rispondendo di volta in volta a funzioni di varia natura. Lungi dall’essere mero arabesco sonoro avulso dalla narrazione, la musica partecipa della complessa architettura del poema, rafforzandone i pre-supposti concettuali, sacrali, liturgici, focalizzando l’attenzione sui personaggi da cui promana e che da essa traggono spesso importanti elementi per manifestare i caratteri distintivi delle loro personalità. Nell’ambito della musica d’arte, la supremazia spetta all’immenso, variegato repertorio del canto liturgico monodico, di cui, come si vedrà, si trovano nel poema dantesco numerose testimonianze. A far da contraltare (sia pure in posizione subalterna in quanto prevalentemente sottintesa) la produzione trovadorica, anch’essa monodica, cui rimandano alcuni personaggi, ascrivibili a quella ricca e longeva sfera creativa, che Dante incontra lungo il cammino espiativo. La presenza della musica nella Divina commedia sembra riflettere, per certi versi, la famosa tripartizione boeziana. In un inarrestabile crescendo che procede dal basso verso l’alto, in parallelo al cammino ascendente del mortale poeta nell’aldilà, la musica disvela progressivamente la sua natura: il suono bruto dell’Inferno si addolcisce nel Purgatorio prendendo forma d’arte (Musica instrumentis constituta), diventa un’inudibile idea metafisica nel Paradiso e, in quanto tale, “assiste” all’abbraccio “virtuale” tra l’uomo e Dio (musica humana), ricongiungendosi alle sfere celesti che l’hanno generata, come ben viene sottolineato nel contributo di Paolo Tonini Bossi
Come si sviluppa la dimensione musicale del capolavoro dantesco?
Ai tempi di Dante, il canto accompagnava in modo naturale la poesia: la poesia lirica dei precursori di Dante, come Arnaut Daniel, è trasmessa con la musica, e in diversi luoghi Dante si riferisce alla propria attività come canto. In un poema come questo, di argomento sacro, la liturgia è un riscontro appropriato poiché la norma a quel tempo era che tutto ciò che veniva detto ad alta voce nella liturgia fosse cantato.
La musica è un importante elemento caratterizzante del Paradiso; ma Dante ne tratta comunque in tutte e tre le cantiche: in ciascuna di esse in modo diverso. L’Inferno è una regione caratterizzata dal rumore: il suo suono tipico è costituito da “le strida, il compianto, il lamento”. Il Purgatorio è caratterizzato dalla presenza di musica riconoscibile e cantata; diversi brani corrispondono a testi liturgici che richiamano le loro relative melodie. Se da un lato la musica del Purgatorio è intermittente, nel Paradiso sembra si diffonda in un flusso continuo, una musica che è intrinsecamente legata ai moti continui dei Cieli. La nozione tradizionale di musica delle sfere come concepita dai filosofi potrebbe suggerire la rotazione monotona di un accordo costante, ma qua la musica risonante dei pianeti celesti è prodotta invece dalle anime che ne abitano le sue sfere rotanti, cantando e danzando. In generale, qui, la musica non assomiglia a nulla di quanto possa esser ascoltato sulla Terra. I suoni del Paradiso sono descritti come “… in dolcezza ch’esser non pò nota/ se non colà dove gioir s’insempra”. Il Paradiso è segnato da un sottofondo trascendentale di sonorità che non sono meramente percepibili dall’udito umano (musica instrumentalis); si tratta piuttosto della crescente apprensione diretta delle anime (musica humana) dell’ordine armonioso del Cosmo (musica mundana), e questa percezione aumenta soltanto all’aumentare delle capacità dell’anima stessa di coglierla; si tratta di “musica” che non si è capaci di udire.
In che modo Dante fa riferimento alla musica del suo tempo?
Dante fa dunque riferimento, come detto, a svariati tipi di musica, a tutta la musica in uso al tempo suo: dalla monodia trobadorica alla monodia liturgica (il cosiddetto canto gregoriano), alla polifonia legata al repertorio chiesastico situato tra tardo duecento e primo trecento. Ma fa ampio riferimento anche alla danza e alle pratiche musicali improvvisative ed estemporanee che sappiamo presenti e diffuse anche e proprio nella Toscana “dantesca”. Per non parlare poi dei riferimenti fatti agli strumenti musicali, talora più diretti, talaltra più oscuri e ancor oggi di difficile interpretazione
Quali sono i principali filoni tematici e gli spunti di riflessione sul tema musicale affrontati dalla critica dantesca?
Nel caso del nostro libro, ho cercato di riunire studiosi di estrazione e orientamento diversi, proprio che dare l’idea della caleidoscopica presenza dell’elemento musicale in Dante e del suo continuo relazionarsi con l’ambito letterario, drammaturgico, filosofico (la musica delle sfere), organologico e tecnico-scientifico. Si tratta di un libro scritto allora da studiosi di letteratura e della drammaturgia, da teologi-filosofi, da scienziati, da musicologi, musicisti e da comparatisti: tutte figure però che tendono a violare i confini: fra le tradizioni nazionali, fra la letteratura e le altre arti, fra la critica letteraria e gli altri saperi.
Stefano Agostino Emilio Leoni è docente in Musicologia Sistematica presso il Conservatorio di Torino, del quale è attualmente vicedirettore. Già professore incaricato di Storia della Musica e di Musica per lo Spettacolo presso l’Università degli Studi di Urbino “C. Bo” è qui Visiting Lecturer presso la Winter School “The Italian Renaissance: Art, Literature, Politic Thought”. Insegna Estetica della musica presso il corso di laurea magistrale in CAM (Cinema, Arte, Musica) dell’Università di Torino. Autore, curatore o traduttore, di oltre un centinaio di pubblicazioni edite in Italia, Francia, Svizzera, Austria, Gran Bretagna, USA, Croazia e relative, soprattutto, ai rapporti tra pensiero musicale e pensiero scientifico, all’immaginario musicale, al mondo musicale arabo-islamico e all’orientalismo e all’esotismo in musica. Ha collaborato a varie opere enciclopediche di carattere musicologico e riguardanti il mondo musicale islamico.