
di Renata Cantilena
Monduzzi Editoriale
«La numismatica è una scienza di lunga tradizione che nel corso dei secoli ha affinato i suoi strumenti analitici per interpretare le monete prodotte nelle civiltà passate, intese come documenti che restituiscono fondamentali conoscenze storiche, insieme con altre classi di reperti archeologici, con le epigrafi e con le fonti storiche e letterarie. Nei capitoli che seguono saranno analizzate le componenti essenziali della moneta antica. Prima di affrontare tali singoli argomenti, qui si delinea in breve quale è il campo di indagine della numismatica greca e romana […].
La disciplina punta ad interpretare le monete inquadrandone l’emissione nel loro contesto storico, economico, sociale, politico, istituzionale, giuridico, sociale, attraverso l’esame degli aspetti tecnici, ponderali, iconografici, artistici, epigrafici, e attraverso l’analisi dei modi e dei luoghi della circolazione.
Il termine numismatica deriva dal greco noummos e dal latino nummus (= moneta) originati dalla radice indoeuropea *nem- sottesa in genere a vocaboli con il significato di ‘disporre in ordine, suddividere, contare’, la stessa radice da cui discendono nómos, nómisma, nóminos, parole il cui significato investe campi giuridici, norme, consuetudini, convenzioni. Ciò non desta sorpresa se si considera che la moneta è uno strumento convenzionale, legale, normato e garantito da un’autorità riconosciuta.
La numismatica antica considera lo studio delle serie monetali prodotte nell’area del Mediterraneo dalle origini (fine VII – inizi VI secolo a.C.) fino agli anni che precedono la riforma monetaria dell’imperatore Anastasio (499 d.C.) e si suddivide a sua volta in numismatica greca e numismatica romana. Per una consolidata tradizione di studi, la numismatica greca non si occupa soltanto delle coniazioni degli Stati e dei popoli di lingua greca, ma include anche le monete prodotte dalle popolazioni ubicate nelle aree entrate in contatto con i Greci, come Fenici, Cartaginesi, Etruschi, genti iberiche, celtiche, italiche, sicule. Il materiale è assai cospicuo per entità numerica e per varietà tipologica. Solo nel mondo greco circa 1.400 Stati e 600 personaggi storici (tra sovrani, satrapi, condottieri militari) hanno coniato moneta e ciascuno di essi non un’unica emissione, ma svariate serie: nei vari metalli, la quantità di emissioni note è stata valutata intorno al numero di oltre 8.000. La numismatica romana comprende la produzione monetaria di Roma nelle varie zecche ubicate nelle aree da essa controllate e, come si può ben immaginare, anche in questo settore la mole del materiale è immensa. Fino a non molto tempo fa, le coniazioni di epoca ellenistica o imperiale emesse sotto il predominio romano dalle città greche, e con iscrizioni in caratteri greci, erano comprese nelle categorie di numismatica greca coloniale o di numismatica greco-imperiale, ma più opportunamente di recente sono state riportate nella sfera della numismatica romana e definite monetazioni romano-provinciali. La disciplina va suddivisa a sua volta in numismatica romano-repubblicana (dalle origini fino al 27 a.C., anno in cui Ottaviano assunse la titolatura imperiale di Augusto) e numismatica romano-imperiale (dal 27 a.C. fino alla fine del V d.C.). Il limite convenzionale che fissa la data finale della numismatica antica non corrisponde al tempo della caduta dell’impero romano di Occidente (476 d.C.), ma include la monetazione degli anni dell’imperatore Zenone (476-491 d.C.), perché ancora per alcuni decenni si continuò a produrre moneta nell’impero romano d’Oriente, senza modifiche essenziali. Fu la successiva riforma operata al tempo di Anastasio I, riguardante le emissioni in bronzo (circa 500 d.C.), ad alterare in parte il carattere della produzione, trasformando il sistema monetario di età costantiniana e a segnare l’inizio della numismatica bizantina. Nello stesso periodo in Occidente si svilupparono le coniazioni delle popolazioni germaniche che invasero la penisola italica. Queste monetazioni sono comprese nella numismatica medievale, perché a partire dal regno ostrogoto (493 d.C.) vennero apportate importanti modifiche nella produzione in argento e in bronzo; il loro studio rientra nei temi trattati dalla numismatica medievale, però in sostanza le caratteristiche delle serie del basso Impero non mutarono del tutto, perdurando fino al tempo dell’attuazione della generale e radicale riforma monetaria di Carlo Magno (781-794 d.C.). In epoca carolingia, l’abolizione della produzione in oro e l’instaurazione di un monometallismo basato su un denaro in argento scissero definitivamente il legame con la tradizione romana. Gli esiti del provvedimento determinarono la netta separazione della storia della moneta occidentale da quella orientale e araba.»