“La mobilità elettrica. Storia, tecnologia, futuro” di Alessandro Abbotto

Prof. Alessandro Abbotto, Lei è autore del libro La mobilità elettrica. Storia, tecnologia, futuro edito da Carocci. Pochi sanno che «a fine Ottocento-inizio Novecento le automobili a motore a combustione interna e quelle elettriche coesistevano», anzi, queste ultime erano più diffuse di quelle a combustione interna perché più comode ed efficienti; «all’inizio del XX secolo negli Stati Uniti le vetture elettriche erano circa un terzo di tutte le automobili presenti sulle strade»: come e perché la mobilità elettrica d’inizio secolo scomparve?
La mobilità elettrica. Storia, tecnologia, futuro, Alessandro AbbottoCome ha detto, le automobili elettriche non solo hanno una storia secolare ma a fine Ottocento-inizio Novecento erano molto più diffuse di quelle termiche. Il motivo della maggiore diffusione è presto detto: erano più efficienti, silenziose, comode e ideali per l’uso cittadino, che a quei tempi era quello preminente. Le strade extra-urbane asfaltate erano ancora rare e durante le giornate piovose si trasformavano in fanghiglia difficile da percorrere con i pneumatici di allora. Al contrario le automobili termiche erano rumorose, difficili e faticose da avviare, traballanti e, non da ultimo, emettevano gas di scarico maleodoranti e non salubri. Non è un caso che le automobili elettriche erano il mezzo di gran lunga preferito dalle donne che vivevano nei centri urbani

Poi, con l’avvento dell’era del petrolio, il quadrò mutò. In pochi anni i pozzi di estrazione di petrolio si moltiplicarono e grandi quantità di combustibile fossile furono disponibili a basso prezzo. Kettering inventò il motorino d’avviamento elettrico (1911) e le strade extra-urbane asfaltate si diffusero sempre più, catturando irreversibilmente la voglia di spostamento delle persone, sia per lavoro che per altre necessità. Così la bassa autonomia delle automobili elettriche, allora di poche decine di chilometri, cominciò a non essere più sufficiente e gli altri vantaggi passarono in secondo piano.

Il colpo di grazia venne dall’uscita della Ford Model T, la prima automobile costruita in serie, che costava un terzo di un’analoga vettura elettrica. Siamo nel 1908.

Attorno al 1920 le automobili elettriche erano già praticamente scomparse dalla produzione e le ultime automobili elettriche in serie furono prodotte alla fine degli anni Venti, quasi un secolo fa.

Come si è arrivati ad avere oggi il predominio del motore a benzina/diesel?
Con il processo di produzione in serie introdotto negli Stati Uniti da Henry Ford l’automobile cessò di essere un oggetto di lusso riservato alle fasce più ricche della popolazione e intercettò i desideri delle persone anche meno abbienti. Non solo le automobili a combustione interna prodotte in serie erano molto meno costose ma anche i carburanti, benzina e diesel, erano a buon mercato. Le maggiori autonomie e la crescita imponente delle infrastrutture di rifornimento (prima il rifornimento consisteva nel recarsi con una tanica da un droghiere o altro negozio oppure manovrare una faticosa pompa manuale) stabilirono il successo della mobilità termica.

Va sottolineato che fino almeno agli anni Sessanta non vi era quasi nessuna percezione dell’inquinamento da fossili e dell’aumento della CO2 (le prime misure sistematiche della concentrazione del biossido di carbonio nell’atmosfera partirono proprio in quegli anni). Quindi gli svantaggi della mobilità termica erano quasi nulli mentre, al contrario, le automobili elettriche necessitavano, fino a non molto tempo fa (primi anni del nostro secolo), di pesanti e ingombranti batterie al piombo. Nei primi modelli elettrici moderni della Fiat (Panda Elettra nel 1990 e 500 Elettra, 1992) la fila posteriore dei sedili non esisteva per poter ospitare le voluminose batterie.

Lo sviluppo delle batterie a litio-ione, che ha portato al Nobel per la Chimica nel 2019, ha cambiato radicalmente questo quadro.

Quali motivazioni stanno portando i governi di tutto il mondo e le case costruttrici a programmare l’abbandono del motore a combustione interna?
Principalmente le ragioni legate all’inquinamento e alla bassa efficienza energetica. Con il Green Deal la Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen ha stabilito nel dicembre 2019 i target a medio termine (al 2030) consistenti in una diminuzione delle emissioni di gas serra del 55% (rispetto ai livelli del 1990) e un miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica. Poi al 2050 l’UE dovrà raggiungere la neutralità climatica, ovvero le emissioni nette nulle.

Il mondo dei trasporti basato sui combustibili fossili è tra i più inquinanti, essendo responsabile da solo di un quarto di tutte le emissioni. Di questa parte, il trasporto su strada è di gran lunga la principale causa. Inoltre, è l’unico settore in cui le emissioni di CO2 sono ancora in crescita.

Dal punto di vista dell’efficienza energetica il motore a combustione interna è poco competitivo, in quanto trasferisce al movimento delle ruote solo il 20-30% dell’energia immagazzinata come combustibile, contro l’80% dei veicoli elettrici a batteria.

Quindi il motore a combustione interna non solo brucia una quantità immensa di derivati del petrolio (oggi vi sono sulle strade quasi un miliardo e mezzo di veicoli) generando emissioni nocive per l’uomo e per l’ambiente, ma poi gran parte dell’energia viene sprecata, principalmente sotto forma di calore (basti toccare il cofano di un motore termico in utilizzo per rendersene conto).

Coscienti di questi dati nell’ultima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico tenutasi a Glasgow lo scorso novembre (cop 26), oltre 30 governi, tra i quali purtroppo non figura l’Italia, diverse città, governi regionali e alcuni importanti produttori di automobili hanno firmato un impegno ad accelerare la transizione verso la mobilità a zero emissioni concordando di arrivare all’uscita, il cosiddetto phase-out, dai combustibili fossili nelle vendite di automobili entro il 2035 nei mercati principali ed entro il 2040 a livello globale.

Come è fatta e come funziona l’automobile elettrica?
L’automobile elettrica è un sistema molto più semplice e, allo stesso tempo, molto più efficiente di un veicolo a combustione interna. Il cuore è la batteria, a litio-ione, in cui è conservata l’energia elettrica che alimenta un motore elettrico. In alcuni casi possono essere presenti due motori, uno in corrispondenza dell’asse anteriore e uno dell’asse posteriore. Il motore elettrico trasforma l’energia elettrica in movimento con un’efficienza molto alta, del 75-80%.

In un’automobile elettrica non ci sono pistoni, valvole, cilindri, candele, olio lubrificante, pompe, valvole, frizione ecc. Non avendo tutte queste componenti, anche gli strumenti e le segnaletiche luminose di bordo sono meno complessi. Inoltre, la manutenzione è quasi del tutto assente e la durata delle componenti elevata in quanto non vi sono parti interne in movimento.

Infine, non esiste più il cambio. È quindi scorretto per i veicoli elettrici anche parlare di cambio automatico, come si ha nei veicoli tradizionali. La trasmissione è diretta, con una potenza molto elevata e una coppia massima sempre disponibile a tutti i regimi. Le auto elettriche, anche nel segmento più piccolo delle city car, sono caratterizzate da elevate prestazioni e riprese, di norma riservate alle automobili termiche più lussuose e sportive di grande cilindrata.

Quali sono gli aspetti più spinosi legati alla mobilità elettrica?
Negli ultimi dieci anni la tecnologia ha fatto enormi passi in avanti ma alcuni problemi sussistono. Uno è legato al costo di acquisto, più elevato. Tuttavia, si tratta in realtà di un falso problema. Infatti, tutti le analisi concordano che, sull’intero ciclo di possesso del bene, un’automobile elettrica costa già oggi complessivamente di meno grazie ai risparmi legati al minore costo dell’elettricità rispetto alla benzina/diesel, ai minori costi di manutenzione, agli sconti per l’RCA, all’assenza del bollo e ad altri risparmi di varia natura.

Gli altri due problemi, che spesso scoraggiano l’acquisto di un’automobile elettrica, sono l’autonomia e la ricarica. Le autonomie sono limitate oggi a 300-500 km (anche se esistono già modelli con autonomie superiori, in alcuni casi fino a 1.000 km) e le ricariche possono durare dai 15-20 minuti di una ricarica superfast alle ore di una ricarica lenta. Certamente nulla di paragonabile con i tempi veloci del rifornimento tradizionale.

Tuttavia, anche in questi casi non bisogna fermarsi alle prime impressioni. Entrambi i problemi sono ben affrontabili organizzando bene i tempi delle ricariche e programmando i viaggi lunghi. Invece in ambito urbano l’autonomia è sufficiente per diversi giorni.

Senza dubbio un problema spinoso è rappresentato dall’infrastruttura di ricarica, in alcuni paesi, tra cui l’Italia, più che in altri. Il numero di colonnine è fortemente aumentato negli ultimi tre anni ma è ancora insufficiente, soprattutto per chi non dispone di un box privato dove poter ricaricare l’auto. La ricarica domestica rimane il sistema più comodo, semplice come inserire la spina di un qualsiasi elettrodomestico. In alternativa, per chi non ha un box o per chi affronta viaggi fuori casa, le colonnine sono l’unica possibilità. Ecco perché è importante sviluppare una rete di ricarica capillare e ad alta potenza. Attualmente in Italia, ad esempio, lungo le autostrade le colonnine sono praticamente inesistenti, nonostante la legge di bilancio 2021 le avesse previste entro metà dello stesso anno. In Olanda, in rapporto alla popolazione, il numero di colonnine è quasi dieci volte maggiore che in Italia.

Non è quindi un problema tecnologico ma semplicemente di natura politico-amministrativa. Il PNRR ha comunque previsto un forte potenziamento della rete di ricarica nei prossimi anni.

Quali sono le differenze e le analogie tra le diverse tipologie di mobilità, in termini di abitudini e conseguenze per il guidatore e i passeggeri nonché per l’ambiente?
Cominciamo col sottolineare un aspetto importante: guidare un’auto elettrica comporta un cambio di abitudini, come lo comportò, seppur con modalità diverse, il passaggio dalla mobilità a cavallo a quella motorizzata alla fine del XIX secolo.

Le nuove abitudini riguardano, facendo riferimento ai presunti “svantaggi” dei veicoli elettrici di cui parlavamo prima, proprio le modalità di ricarica e l’autonomia. È sbagliato pensare di traslare le tradizionali abitudini di rifornimento e guida al trasporto elettrico, ad esempio forzando la tecnologia a ricariche iperveloci sempre più simili, come tempistiche, a quelle benzina/diesel. L’auto elettrica si ricarica quando non la si utilizza. Le automobili sono ferme per oltre il 95% del loro tempo. Questo enorme periodo può essere appunto sfruttato per la ricarica, ad esempio di notte mentre si dorme oppure mentre si è al lavoro o anche durante le soste prolungate al supermercato, a un ristorante, a un cinema o a una visita turistica. In questi termini la ricarica non dura più ore ma solamente il tempo di attaccare e staccare la spina, ovvero letteralmente pochi secondi. Certamente, il problema rimane critico durante i lunghi viaggi, dove le soste devono essere necessariamente brevi. Ecco perché è importante dotare anche il nostro paese di una rete capillare ad alta potenza, ovvero di tipo superfast, in ambito extraurbano, a cominciare dalle autostrade. Questo è già una consolidata realtà in molti altri paesi europei, dalla Germania alla Francia, all’Olanda e alla Svizzera, per non parlare dei paesi nord-europei dove ormai la guida elettrica è diventata la modalità predominante e quella diesel è praticamente scomparsa.

L’automobile elettrica ha un altro grande vantaggio, che non ha quella tradizionale termica: si può ricaricare ovunque ci sia una presa elettrica, in totale sicurezza, a bordo spiaggia come pure in cima a un passo alpino. Non ha bisogno di stazioni di rifornimento apposite.

Quali prospettive per la mobilità elettrica?
Grazie ai numerosi vantaggi, alla notevolmente migliore efficienza energetica e, soprattutto, alla totale assenza di emissioni nocive per l’uomo e per l’ambiente, almeno durante l’utilizzo, la mobilità elettrica è senza dubbio destinata a imporsi nei prossimi anni. Come accennavo, nel Nord-Europa già la stragrande maggioranza delle automobili vendute sono elettriche 100%, mentre la quota di mercato diesel è ormai scesa a percentuali a una cifra. Ma anche nel Regno Unito o in Francia o in Germania la frazione di automobili elettriche vendute è già importante, sopravanzando quella tradizionale termica. L’Italia è ancora indietro da questo punto di vista. L’ultimo dato sulle immatricolazioni annuali nel nostro paese, a dicembre 2021, indicava un esiguo 4,6% per il mercato elettrico puro, contro il 30% della benzina e il 23% del diesel. Un dato che non solo ci indica come eccezione nel contesto europeo ma ci allontana anche dai target che la stessa Commissione Europea ha già stabilito al 2030 e al 2050, ovvero rispettivamente dimezzata e poi completa decarbonizzazione nel settore dei trasporti.

Per quanto riguarda la mobilità leggera su strada, quindi, non è più questione del se ma del quando tutti guideremo una vettura elettrica. Ma la modalità elettrica è importante anche in altri settori, dal trasporto pesante su strada a quello marittimo e anche aereo.

L’ambito più maturo è quello del trasporto pubblico urbano, dove i bus elettrici costituiscono ormai una realtà consolidata in molte città. Nella città in cui abito, Milano, si è passati dal 97% di mezzi diesel nel 2018 al 76% di mobilità elettrica per tutto il trasporto pubblico nel 2021, con l’obiettivo di arrivare al 100% entro la fine del decennio.

Negli altri ambiti i tempi saranno più lunghi ma anche qui gli esempi non mancano. I TIR elettrici sono già una realtà anche se richiedono un’infrastruttura di ricarica a elevata potenza che ancora non esiste. Analogamente in ambito marittimo, dove non solo alcuni paesi stanno già utilizzando da anni i traghetti elettrici, come in Norvegia, ma dove il rifornimento in porto delle navi ferme in banchina si sta evolvendo da diesel a elettrico, limitando le emissioni nocive nei porti, tra le zone più densamente popolate e inquinate. Nel trasporto pesante, marittimo e aereo la decarbonizzazione verrà invece raggiunta grazie al connubio con altre tecnologie sostenibili, dall’idrogeno ai combustibili sintetici, aggirando quelli che sono al momento i principali limiti delle batterie.

Alessandro Abbotto è professore ordinario in Chimica e materiali per le energie rinnovabili presso l’Università di Milano-Bicocca. Svolge le sue attività di ricerca e didattica nel campo del fotovoltaico e delle nuove tecnologie verdi dell’idrogeno e di altri combustibili solari. È stato co-fondatore e primo coordinatore del Gruppo per la Chimica delle Energie Rinnovabili della Società Chimica Italiana. Nel 2021 ha pubblicato per Edizioni Dedalo il libro Idrogeno. Tutti i colori dell’energia.

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