“La leadership nelle relazioni internazionali” di Herman Salton e Michael Foley

La leadership nelle relazioni internazionali, Herman Salton, Michael FoleyLa leadership nelle relazioni internazionali. Fonti, tipologie e prospettive disciplinari
di Herman Salton e Michael Foley
FrancoAngeli

La leadership egemonica

«Nonostante il sistema internazionale sia composto da Stati giuridicamente eguali, difficilmente essi potrebbero essere più diversi per superficie, popolazione, e capacità d’influenzare sia gli altri Stati che l’ordine internazionale. L’eterogeneità è infatti uno dei tratti più caratteristici delle relazioni internazionali, e la nozione di leadership sovranazionale è strettamente correlata alla condizione di disuguaglianza tra le Nazioni. Se è vero che l’ONU funge da contrappeso alla frammentazione dell’ambiente internazionale, essa è (come abbiamo visto nel capitolo precedente) vincolata dai propri limiti giuridici e dalle decisioni dei politici nazionali. Quando questi ultimi (particolarmente quelli provenienti dalle Nazioni più potenti) non si mettono d’accordo, non c’è molto che l’ONU possa fare. Nonostante gli sforzi compiuti per ritagliarsi un ruolo di leadership, l’organizzazione deve adattarsi ai limiti costituzionali e di Realpolitik imposti dalla politica internazionale, un ambiente in cui – un po’ come nella famosa fattoria di Orwell – alcuni Stati sono più eguali di altri.

È proprio di ciò che questo capitolo si occuperà: di una forma di leadership internazionale diversa rispetto a quella dell’ONU ma a essa inevitabilmente collegata, cioè quella incentrata sulla politica di potere degli Stati Uniti d’America. Questi ultimi si contraddistinguono per una serie di caratteristiche che sono spesso associate a credenziali di leadership sovranazionale: una posizione geopolitica chiave, una straordinaria concentrazione di risorse economiche e tecnologiche, valori e norme di respiro internazionale, e un ruolo storicamente centrale nel mantenimento del sistema internazionale. Tali credenziali di leadership – quest’ultima intesa, secondo la nostra definizione iniziale, come la capacità d’identificare, pianificare e raggiungere obiettivi che sono internazionalmente condivisi, quindi non imposti con la forza – hanno consentito agli Stati Uniti di diventare un leader egemonico. Il fatto che nell’era della globalizzazione e del multipolarismo tale egemonia sia in fase di declino, seppur relativo, rende il dibattito sulla leadership americana ancora più interessante.

Gli Stati Uniti dimostrano come sia possibile, per una Nazione, acquisire una posizione così centrale nel sistema internazionale da riuscire a modellarlo a propria immagine e somiglianza attraverso un sistema d’incentivi basato sulla politica di potenza, ma non necessariamente sulle minacce o sulla violenza (come era invece accaduto col colonialismo classico). In questo senso, gli Stati Uniti sono riusciti a forgiare un sistema internazionale che sembra tanto interdipendente quanto multipolare: sono visti (o sono stati visti, se si sposa la tesi del loro incipiente declino) come l’espressione stessa della modernità politica, tecnologica e culturale, e rimangono un esempio di come una grande potenza possa rivendicare un ruolo di leadership internazionale in modo del tutto conscio. Studiarli ci consentirà dunque di osservare alcune delle caratteristiche più significative della leadership internazionale: le condizioni attraverso le quali nasce e si sviluppa; i significati assegnati al leader e alla leadership americani dagli altri Stati; i processi attraverso i quali le funzioni e i ruoli di leadership sono inquadrati ed esercitati; le forme e gli usi di potere da parte del leader; le problematiche (nonché i limiti) della sua leadership. Nell’analizzare le modalità con cui il concetto di leadership è definito, invocato ed esercitato in un contesto complesso come quello internazionale, gli Stati Uniti occupano un posto di rilievo. Questo capitolo è dedicato a loro.»

Stati Uniti e Guerre Mondiali: la nascita di un leader internazionale

«L’attuale posizione egemonica degli Stati Uniti all’interno del sistema internazionale perdura da più di un secolo. Dato lo stretto legame che esiste tra le risorse – militari, economiche, e sociali – di un Paese e la sua posizione nelle relazioni internazionali, l’importanza dell’America è stata (e continua a essere) una delle caratteristiche più distintive del sistema internazionale contemporaneo. In quanto potenza economica più importante al mondo, gli Stati Uniti sono stati determinanti nello sviluppare il commercio internazionale, con il dollaro posizionato sia come valuta di riserva nelle principali banche mondiali che come unità di riferimento negli scambi di materie prime. Ma essi hanno anche effettuato spese militari e investimenti strategici enormi, con un bilancio di difesa che supera di gran lunga quello degli altri Paesi. L’impegno degli Stati Uniti per la ricerca e lo sviluppo militare e strategico ha prodotto una preponderanza schiacciante in tema di armamenti e di logistica (si pensi al caso dei droni): la capacità americana di proiettare una forza preponderante include basi militari, portaerei, forze d’assalto anfibie, missili da crociera e testate balistiche intercontinentali. Come se ciò non bastasse, la rete tentacolare del Pentagono si estende a tutto il mondo: lo dimostra la presenza di quasi 800 basi militari in più di 60 Paesi.»

Egemonia intellettuale e ‘soft power’ americano

«Ciò non significa che la transizione da attore sussidiario a protagonista delle relazioni internazionali sia stata facile. I personaggi politici americani lavorarono incessantemente per proiettare un’immagine del Paese quale punto di riferimento liberale, una Nazione mossa da principi emancipatori e desiderosa di applicarli anche al sistema internazionale. Che Washington operasse unilateralmente o tramite l’ONU, il suo linguaggio diplomatico ne rifletteva gli alti ideali e l’attaccamento per quella che con terminologia simil-religiosa veniva definita ‘fede liberale’. Un mélange di toni messianici e di obblighi morali caratterizzarono sia il lessico che il simbolismo della politica estera degli Stati Uniti durante la Guerra fredda: alleanze, patti e trattati internazionali furono presentati non solo come esempi della capacità negoziale americana, ma anche come prova di ciò che il ‘mondo libero’ (ovviamente guidato da Washington) avrebbe potuto ottenere.»

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